da Nostro Tempo numero 31 del 2016

Henri Coudray dopo un incontro a Brandola nell'agosto 2016

Henri Coudray dopo un incontro a Brandola nell’agosto 2016

Come anticipato pubblichiamo alcuni contributi per conoscere meglio il vicariato apostolico di Mongo che il vescovo Erio visiterà alla fine di agosto.
Questo è un articolo di Maria Pia Cavani che nell’agosto del 2016 ha incontrato Henri Coudray, vescovo di Mongo.

Ha trascorso  alcuni giorni  d’estate a Modena mons. Henri Coudray, vescovo  di  Mongo, in Ciad, una  diocesi che al 96% è abitata da musulmani e comprende un territorio vasto quasi il doppio dell’Italia. Nel  2014, nella sua precedente visita a Modena,  così raccontava di sé: “Ho 72 anni, sono in Africa da 40: i primi tempi in Ciad, poi ho trascorso  5 anni in Costa d’Avorio; ho iniziato la mia formazione con i Gesuiti, poi ho svolto in Ciad il servizio civile: qui ho sentito in modo netto la chiamata missionaria, ed in particolare ho avvertito la necessità di costruire un ponte tra cristiani e musulmani, con un’esperienza di Chiesa di strada, che costruisce legami con le persone”.

Ancora una volta – quando lo abbiamo incontrato  la notizia dell’uccisione di padre Jacques Hamel, a Rouen, era ancora nelle pagine di cronaca –  ci confrontiamo  con lui sul tema delle relazioni tra Islam e Cristianesimo, nella complessità attuale.

“Molti amici musulmani – racconta – mi hanno chiamato, sia dopo la strage di Nizza che dopo l’uccisione del sacerdote, uno di loro  ha scritto anche una poesia. Penso  si sia trattato  di un gesto  eccezionale, fuori del  comune, che contraddice la bella convivenza costruita da anni in quella città. Lo scopo di Daesh è quello  di distruggere l’intesa tra cristiani e musulmani, tra occidente ed oriente, per questo la risposta islamica è stata netta e decisa”.

La riflessione tocca anche il piano politico e strategico: “Se si  pensa che la lotta al fondamentalismo si esaurisca  cacciando Daesh  da Iraq, Siria e dia territori del Califfato, non si è compreso appieno la dimensione del fenomeno. Una sconfitta militare infatti non caccia Daesh dai cuori degli uomini e da una cultura che si è diffusa nel mondo”. Il vescovo  cita Olivier Roy, politologo  ed orientalista, nella sua affermazione per cui stiamo assistendo ad una islamizzazione della radicalità e non ad una radicalizzazione dell’Islam. “E’ in corso una radicalizzazione sociale e culturale, che esiste al di fuori dell’Islam, creata da una società a due velocità: la reazione al modello occidentale immette anche nell’Islam una dimensione di violenza ancora non del tutto correttamente  interpretata”.

Il vescovo Henri dopo la messa celebrata a Selva di Serramazzoni nell'agosto 2016

Il vescovo Henri dopo la messa celebrata a Selva di Serramazzoni nell’agosto 2016

Una riflessione che mons. Coudray aveva già condiviso  con noi, e che si fa sempre più urgente, è quella sulla lettura e l’interpretazione dei testi  sacri, anche attraverso i metodi  più scientifici, un’esegesi filologica e storico-letteraria: “I musulmani – prosegue –  cominciano a farlo oggi, ma senza avere l’autorità del Magistero, come lo conosciamo noi cattolici, una autorità che unifichi le interpretazioni, indicando quindi la prassi. Un collega musulmano, sufi, docente a Lione mi disse una volta che noi cattolici siamo fortunati ad avere un Papa. Per noi ci sono  i Sinodi, come quello recente sulla famiglia, in cui ci si confronta con grande libertà:  ero  presente e mi ha davvero colpito positivamente la libertà di parola davanti al Papa. ‘Noi  musulmani – proseguiva quel collega – non abbiamo un’autorità riconosciuta e ci bilanciamo tra due estremi: la ripetitività indefinita delle stesse cose o la creatività sbrigliata, senza riferimenti, per la quale si può fare qualunque affermazione’. Nessuno  sancisce   che l’autorità di Al Baghdadi, per fare un nome, è maggiore di altre, ma di certo è  tra i più ascoltati per ragioni economico-sociali”.

Mons. Coudray torna ancora sul tema, quanto mai attuale, della radicalizzazione che accompagna l’Islam: “E’ un fenomeno che trova sui media numerose scappatoie religiose. E’ vero che nel Corano ci sono passi  violenti  – come  nella Bibbia peraltro – ma manca al suo interno il concetto di storia, che invece fonda il Cristianesimo: Antica e Nuova Alleanza, Cristo che nasce nella storia… Nell’Islam tutto  è  già detto fin dall’inizio, tra Abramo e Mohammed non ci sono stati progressi, l’uomo  è lo stesso oggi come al tempo di Abramo. Fortunatamente anche l’Islam ha avuto e ha interpreti capaci  di una lettura storica: il Corano  è stato  rivelato in maniera frammentaria lungo 22 anni, è possibile una lettura ortodossa del testo  che tenga conto delle circostanze storiche? Questo permetterebbe di  riflettere su molte questioni, aprendo un ricco confronto. Ma è un lavoro che solo i musulmani possono fare, con rispetto e competenza”.