Ecologia, pastorale e altre sfide del Sinodo per l’Amazzonia

Paolo Cugini intervista Maria Soave Buscemi

Ecologia integrale, cristofascismo ed evangelizzazione. Sono questi alcuni dei temi che hanno toccato Maria Soave Buscemi e don Paolo Cugini in un incontro organizzato dall’Ufficio missionario dal titolo <Alla sequela di Gesù – Per una ecologia integrale>. Al centro il Sinodo sull’Amazzonia del prossimo ottobre, che vede la missionaria fidei donum impegnata in prima linea nella preparazione. <Cosa dice a noi questo Sinodo? Perché ci riguarda? – ha esordito don Cugini –  Per rispondere a queste domande è necessario partire da uno dei principali stimoli che il Sinodo vuole dare: la questione dell’ecologia integrale>. Cosa si intende per ecologia integrale lo spiega Maria Soave Buscemi: <Per presentare questo concetto non servono parole, ma basta fare un gesto con le mani: la mano sinistra riceve e la mano destra dà. Significa che nessuno è così ricco da non avere nulla da ricevere e nessuno è così povero da non avere nulla da dare. Il mondo bianco, maschio, elitista e militare non crede in questa maniera di stare al mondo. La monocultura di chi ha risposte e verità, potere e denaro, rende paralizzato nella miserabilità l’altro. Non solo nelle relazioni interpersonali interetniche, ma anche nelle relazioni con terra, acqua, aria e fuoco. Ecologia integrale significa decostruire monocultura e cambiare il nostro modo di leggere il mondo e le relazioni, rivoluzionare il nostro modo arrogante di stare al mondo>. Interrogata da don Cugini sulla situazione sociopolitica dell’Amazzonia dopo la salita al potere di Bolsonaro, la missionaria ha posto l’accento sul ruolo dei cristiani nella scelta di questo governo: <La quasi totalità dei paesi dell’America afroamerindia hanno vissuto dittature militari di destra fino alla seconda metà degli anni Ottanta. Stiamo vivendo un processo di ritorno a queste forme violente, militari e classiste di dittatura, con una differenza: allora prendevano il potere con un colpo di stato, oggi dopo le elezioni. Chi ha votato per un governo di militari e per questa forma presidenziale arrogante e violenta sono state persone credenti, seppur non persone di fede – e c’è differenza tra credere ed avere fede. Sono persone che citano in continuazione Cristo, ma quel Cristo non ha nulla a che fare con Gesù di Nazareth. La teologa tedesca Dorothee Sölle ha coniato un neologismo per questo fenomeno, quando ha dovuto leggere l’enorme ferita della Shoah, con 6 milioni di ebrei, romi, persone non normodotate, persone omoaffettive, massacrate nei campi di concentramento, e il resto della popolazione, per la stragrande maggioranza cristiana, è rimasta muta. Il neologismo è cristofascismo. Noi cristiani diventiamo fascisti quando separiamo Gesù da Cristo e facciamo di Cristo un’ideologia. Questo è successo in Brasile: un fenomeno enorme di cristofascismo>. Don Cugini ha poi spostato l’attenzione sul tema dell’evangelizzazione in Amazzonia e la missionaria fidei donum ha precisato che <non è giusto parlare di evangelizzare, è più corretto dire evangelizzarci. Nessuno evangelizza se non è a sua volta evangelizzato. Innanzitutto questo Sinodo di chiede di convertirci dall’arroganza che abbiamo come Chiesa di pensare che dal Sud del mondo non abbiamo nulla da imparare. Il poeta Eduardo Galeano nella poesia “I nessuno” scrive: i bianchi fanno arte, i nessuno fanno artigianato, i bianchi fanno cultura, i nessuno folklore, i bianchi hanno una religione, i nessuno hanno religiosità. Spesso verso i popoli indigeni abbiamo questo sguardo colonizzatore, anche da un punto di vista religioso. I padri sinodali porteranno anche questo grido: di passare da una pastorale indigenista ad una pastorale indigena, cioè non dare voce a chi non ha voce, ma che chi non ha voce deve avere la sua voce>.

Articolo di Luca Beltrami pubblicato su Nostro Tempo del 21 aprile2019