Missione e coronavirus

Il coronavirus sta colpendo duramente il mondo missionario in Italia. Le suore comboniane hanno avuto sette vittime a Bergamo e i missionari saveriani hanno registrato tredici morti: dieci nella casa madre di Parma, uno di Desio e uno ad Alzano Lombardo. Anche la Casa dei Comboniani di Milano conta un morto. Erano tutti missionari e missionarie che avevano speso la loro vocazione in missione in Asia, America Latina e, soprattutto, in Africa.
Don Giuseppe Pizzoli, direttore della Fondazione Missio, in un articolo pubblicato sul sito “Chi ci separerà?” esprime la  preoccupazione per il contagio in “quei Paesi, quei continenti in cui le strutture sanitarie non sono assolutamente all’altezza di affrontare questa pandemia”.
Davvero in tanti missionari in questo periodo hanno espresso questa preoccupazione e riportiamo qui di seguito alcuni messaggi che abbiamo ricevuto

Padre Giuliano Pini, missionario in Nigeria, ci dice:
“L’allarme adesso è praticamente quasi solo a Lagos. Si parla di una decina di casi ma senz’altro saranno immensamente di più. Hanno già chiuso un bel numero di scuole e c’è un invito a tutti i capi religiosi (anche mussulmani) di limitare gli assembramenti a non più di 50 per volta. Se si pensa alla struttura della città di circa 22 milioni queste limitazioni sono impossibili da rispettare. Ci sono chiese protestanti che hanno milioni di fedeli! Se il virus si radica in Lagos c’è da assistere ad un qualcosa di apocalittico.
Qua ad Ibadan dove mi trovo nulla si è ancora mosso”.
Ci ha scritto anche un dettagliato articolo che potete leggere qui

suor Nunzi Giannotti, missionaria comboniana in Ciad, in risposta ad un nostro messaggio sulla situazione in Italia dice:
“Grazie, qui è ancor peggio, non c’e’ nessuna possibilità di far fronte. C’e’ un solo caso a N’Djamena ma hanno chiuso l’aeroporto internazionale perché il virus arriva da fuori, chiuso scuole e anche le università, chiuse chiese e moschee, bar ristorantini, luoghi di ritrovo ecc… ma non c’e’ igiene, non ci sono case per restare, ma cortili; ed ora chiudono anche i mercati di quartiere, la gente dove troverà qualcosa da mangiare? Legumi, miglio, riso ecc. Anche per noi sarà un problema. Nessun mezzo pubblico può circolare, siamo tagliati fuori da tutto, ma speriamo che così impediscano al virus di circolare.
Nonostante tutto siamo serene e speranzose, l’ospedale lavora moltissimo, la paura é di restare senza materiale, tutte le frontiere sono chiuse, ma non ci sono casi di covid.
Vi ricordiamo tanto e chiediamo alla Madonna di guarirci da questo flagello, e che preservi anche il Ciad”.

don Maurizio Setti, missionario in Amazzonia, di rientro dopo 10 giorni di visita alle comunità del Rio Negro (qui le foto) dice:
“Quando sono tornato ho trovato tutti in allarme per il coronavirus. La malattia è già arrivata a Manaus. Il problema è che le difese immunitarie degli indios sono più deboli delle nostre e se arrivasse potrebbe essere una strage. Inoltre l’ospedale che abbiamo è piccolo e non ha una unità di terapia intensiva ed anche i tamponi per vedere se uno ha il virus devono andare a Manaus che si trova a 1000 km da noi. Per questo cominciando da sabato 21 marzo le scuole chiuderanno, le persone non potranno più spostarsi dalle comunità a são Gabriel. Tutte le attività, comprese le messe, saranno sospese e anche barche e aerei da e per Manaus saranno sospese. Praticamente saremo tagliati fuori dal mondo”. Don Maurizio ci ha mandato anche un video che potete vedere a questo link

Ha scritto anche fratel Alberto Degan, missionario comboniano in Colombia e riportiamo qui la parte finale della sua lettera che potete trovare a questo link sul nostro sito:
“Come sempre, anche in questa crisi preghiamo Dio che il nostro cuore non dimentichi i piú poveri e i piú vulnerabili: gli anziani, gli ammalati, i carcerati, i migranti, i senza-tetto.
La diffusione del Covid 19 in America Latina presenta problematiche ancora piú pesanti che in Europa. Come ha detto recentemente un giovane ecuadoriano, non è la stessa cosa rimanere a casa in un paese con un sistema sociale e assistenziale relativamente forte e rimanerci in un paese dove predomina il lavoro informale e lo sfruttamento. In Colombia e in Ecuador per tanta gente non lavorare un giorno significa che la tua famiglia quel giorno non avrá niente da mangiare.
Che Gesú ci aiuti a creare nuove forme di solidarietá e ci indichi nuove piste per una societá giusta e fraterna!”

Concludiamo con un altro passaggio dell’articolo scritto da don Giuseppe Pizzoli:
“La nostra speranza di missionari è che, in questa situazione di emergenza globale, si prenda coscienza che veramente quel mondo che abbiamo costruito negli ultimi decenni non poteva reggere più, che non si risolvono i problemi con la costruzione di muri o accettando passivamente che la forbice tra i paesi ricchi e i paesi poveri aumenti costantemente, che il livello di vita di alcuni paesi sia intoccabile, anzi, in continua espansione a scapito di paesi le cui risorse vengono costantemente ridotte. Il coronavirus ci ha reso coscienti che siamo tutti sulla stessa barca. Se il mondo non sarà più lo stesso, sarà la volta buona in cui troveremo la volontà e la forza di costruite un mondo nuovo! Speriamo!”

PER CONTINUARE AD INFORMARSI
https://www.africarivista.it/
https://www.nigrizia.it/
https://www.saveriani.it/
https://www.mondoemissione.it/
https://www.missioniafricane.it/
https://saveriane.it/it/
https://www.missioitalia.it/
https://www.missioitalia.it/category/popoli-e-missione-online/