Lettera di Agnese Bertacchini dal Madagascar

agnese_fmaDa circa un mese mi trovo ad Ampasimanjeva che fa parte del distretto di Manakara, ma sulla cartina non è segnata.
Per arrivare ad Ampasimanjeva bisogna prendere un bivio che si trova sulla route principale. Una volta preso questo bivio ci sono 40-45 minuti abbondanti di strada non asfaltata con tante buche e quando si è a metà del viaggio si pensa solo ad una cosa: “Finiranno mai queste buche ?” oppure ci si immagina che alla prossima curva ci sia una bella strada asfaltata, ma non è così.

Durante il tragitto in macchina si ha tutto il tempo per osservare e capire dove si sta andando. Si iniziano a vedere tanti piccoli villaggi e sempre meno negozi e vita cittadina. Le case sono capanne e le chiese sono strutture di lamiera e la domenica, quando batte il sole, si trasformano in forni. Ogni tanto si intravede qualche scuola in cemento fatta di stanzoni con tantissimi bambini seduti ai banchi. Poi finalmente si arriva ad Ampasimanjeva

Io e la mia compagna di viaggio, Alba, abbiamo le stanze sopra ad una bellissima veranda in legno, con una bellissima amaca (avete presente la pubblicità delle Gocciole? Ecco, molto simile a quella).

Tuttora alla mattina e alla sera mi sembra di essere in campeggio. Sapete i campeggi che si trovano al mare e dove le famiglie passano le vacanze estive? Ecco è un qualcosa di molto simile.
Il momento più bello della giornata per me è il mattino.
Mi sveglio con tutta calma, vado in terrazza, raccolgo i panni stesi dalla sera precedente e, una volta finito di lavarmi e vestirmi, mi siedo sulla sdraio e guardo il sole sorgere attraverso una grandissima e bellissima pianta di lecci posizionata davanti alla nostra veranda.
Durante questo piccolo momento sento piccoli rumori e suoni di un villaggio che piano piano si sta svegliando.

Verso le sette mi reco a fare colazione e il lunedì e il venerdì alle 7.30 c’è la preghiera all’ospedale con tutti i malati, dottori, infermieri e anche gli operai che vi lavorano. Una volta finita la preghiera vengono date tutte le informazioni tecniche ai malati e alle loro famiglie(ad esempio come utilizzare in modo corretto i bagni, non sporcare…) .
Poi si inizia!!!!
Tutte le mattine io e Alba ci rechiamo dai tubercolotici, che sono circa una ventina; il trattamento per guarire dalla malattia richiede un tempo di cura di due mesi, quindi arriva il malato con tutta la famiglia.

Quando arriviamo da loro, per prima cosa facciamo una piccola preghiera tutti insieme, dopodiché misuriamo ad ognuno la febbre e trascriviamo la temperatura in un grafico.
Una volta finito distribuiamo le medicine anche ai rispettivi figli, per evitare contagi.
La cosa più buffa dei tubercolotici, oltre ad essere molto simpatici, è che hanno un presidente tra di loro, che è il portavoce del gruppo per le loro necessità.

Una volta finito dai tubercolotici vado in farmacia.

In farmacia collaboro con due ragazzi Tatà e Filippo, con cui mi trovo molto bene, sono simpatici e alla mano.
Faccio varie cose con loro ad esempio dare i farmaci alle persone che vengono, sistemare un po’ il magazzino, vedere quali medicine tenere oppure buttare perché scadute e infine preparare le comande che ci vengono date dai quattro reparti presenti ad Ampasimanjeva : pediatria, maternità, reparto maschile e femminile adulti.
Rimango con loro fino alle 12 per poi andare a pranzo dalle suore.

Finito il pranzo arriva la bellissima e attesissima “pennichella” in veranda, e, se devo essere sincera, serve proprio a riprendersi un po’… anche se gli schiamazzi dei bambini non mancano.
L’amaca è una bellissima amica durante il riposo ma al tempo stesso è una dura lotta alzarsi alle 14.30 per riprendere i lavori!!!

Il lunedì, mercoledì e venerdì pomeriggio sto iniziando a tenere aperta una piccola ludoteca chiamata “Pupponiere” dedicata ai bambini della pediatria e ai figli dei malati che stanno qui due mesi senza andare a scuola e, purtroppo, senza fare nulla.
Lunedì ci sarà l’inaugurazione: spero che vada tutto bene, e che possa essere un punto di riferimento per i bambini. Nel momento in cui abbiamo deciso, insieme alle suore e a Giorgio (il direttore dell’FMA) di cimentarci in questo progetto, abbiamo dovuto escludere i bambini di Ampasimanjeva e i figli degli infermieri, dei guardiani… e questo mi dispiace molto, ma sono fiduciosa che una sistemazione per loro riusciremo a trovarla.

Alle 17 si chiude tutto, farmacia, laboratorio,accettazione … e piano piano tutte le persone iniziamo a rincasare.

Alle 18.30 c’è la cena ( mi sconvolge ancora l’orario, ma almeno riesco a digerire il pasto tranquillamente), perché alle 19.30 il generatore della luce viene staccato.
Una cosa bellissima di Ampasimanjeva, alla sera, nel momento in cui viene staccata la luce, è il cielo pieno di stelle e il silenzio che mi circonda ( molto spesso mi viene da pensare ai bellissimi campi scout fatti, e a tutte quelle bellissime sere passate davanti ad un fuoco e a un cielo stellato)… si sente solamente il rumore di qualche grillo o cicala, qualche animale che cammina sopra al tetto di lamiera e tanti, tantissimi insetti, blatte cavallette mantidi … ma cerco di ucciderne un po’ giusto per fare una piccola selezione naturale e per riuscire ad andare in bagno e a farmi una doccia in modo tranquillo.
Verso le 21.30 22.00 il sonno ha la meglio su di me e vado a letto, cercando di riposarmi per iniziare un’altra giornata!

Anche qui è arriva la pasqua!!! TRATRA NY PAKA!!!

Il giovedì e il venerdì santo l’ho passato qui ad Ampasimanjeva con la comunità locale mentre il Sabato Santo, Pasqua e Pasquetta sono andata a Manakara per passare le vacanze insieme agli altri volontari.

E’ stata una Pasqua lontano da casa, come lo è stato per il Natale.
Il triduo pasquale per me è sempre stato un momento molto bello e emozionante.
Mi è venuto molto da pensare alle varie pasque fatte a casa, con gli scout e in parrocchia.. tutte molte belle dalla lavanda dei piedi fino al sabato santo e alla benedizione del fuoco.

Mi è venuto da sorridere durante la messa di Sabato santo, durante la benedizione del fuoco perché c’ erano gli scout che si occupavano di questo, c’era la danza con le candele e i bimbi che si addormentavano durante la messa e mi è venuto da pensare che tutto il mondo è paese. Chiudendo gli occhi ho creduto per un attimo di essere nella mia parrocchia, stanca dopo aver fatto una route, ma felice di essere lì, tutti insieme.

Non so se mi sono preparata in modo corretto alla pasqua, ma so che qualcuno da lassù ogni giorno mi manda qualche sfida fatta di persone, incontri, volti e sorrisi e devo essere solamente io a sapere cogliere i segni che mi manda.

Ogni Giovedì qui ad Ampasimanjeva le suore vanno a trovare i malati nei vari villaggi. Oggi è stata la seconda volta che ci sono andata dal mio arrivo e devo dire che è stato molto impegnativo.
Ha piovuto tutta la notte e tutta la mattina, ma al pomeriggio ha smesso e quindi abbiamo deciso di andare. Abbiamo attraversato il fiume con una barca fatta di legno, e poi abbiamo camminato, neanche tanto se devo essere sincera, ma è stato molto impegnativo.
Camminare in una foresta con un sentiero piccolissimo dove passava solamente una persona per volta, ma soprattutto con tantissimo fango. I piedi sprofondavano fino alle caviglie nelle pozzanghere e bastava un nulla per scivolare.
Finalmente siamo arrivati dalla donna ammalata, Bao, una donna sulla sessantina d’anni, con un corpo magrissimo, scavato, che fatica a parlare, respirare e a muoversi.
Il giorno prima Bao era venuta per una visita in ospedale, aveva fatto la mia stessa strada, il mio stesso percorso. I piedi nel fango li aveva messi anche lei.
Io che ero stanca di quel tragitto, rischiando di continuo di cadere, e lei, con i suoi trenta chili e con quella salute, se l’era fatto tantissime altre volte.
È stato bello andarla a trovare, vedere che lei e la sua famiglia erano contenti che fossimo lì. Anche questa volta ho capito di quanto siamo fortunati ad avere tutto vicino, alla nostra portata.

Un altro segno che mi è stato mandato,è stato un piccolo bambino di nome Sery di cinque anni.
Sery soffre di epilessia e si nota anche qualche problema a livello cognitivo.
E’ arrivato in veranda un sabato pomeriggio chiamando me e Alba
“ mamma”; io e Alba ci siamo guardate, come per dire: “E questo da dove salta fuori?”. Decido di portarlo dalle suore per vedere se sanno qualcosa su di lui. Le suore mi dicono che è un bambino che viene spesso qua, chiede i soldi e chiama tutti mamma e papà.
Pochi giorni dopo si ripresenta, mi vede, mi chiama “mamma” e mi chiede dei soldi. Lo guardo gli dico che non mi chiamo “mamma” ma “Agnese” e che i soldi non si chiedono, mi risponde con “Va bene, domani”.
Lo porto dalle suore, e decidiamo che ha bisogno di una doccia e di vestiti puliti perché è veramente sporco.
Mi avventuro così in questo “ restyling” di Sery. Noto che gli piace stare sotto la doccia, giocare a riempire il secchio d’acqua e a buttarsela addosso, noto anche che è quasi meravigliato, stupito nel vedere che ha una maglia e un pantalone nuovo pulito.
Il giorno dopo con la suora e Alba decidiamo di andare a trovare la sua famiglia. La mamma è scappata, il papà si è risposato e Sery vive con i nonni. I nonni faticano a tenere il bambino con loro, scappa molto spesso da casa, sta via quasi tutto il giorno e nel momento in cui gli si dice un “no” si butta per terra, urla e picchia.
I nonni ci dicono che sono stanchi, che non comprano le medicine per l’epilessia da Dicembre perché costano troppo e non hanno i soldi e che non vogliono più tenere Sery.
Rimaniamo d’accordo che le medicine le paghiamo noi e che se noi gli diamo il riso una volta a settimana loro si impegnano a tenere il bambino.
Mercoledì mattina dopo il mio rientro da Manakara, Sery era lì che aspettava di prendere il riso con sua nonna. Appena mi ha visto mi è venuto subito incontro e mi ha abbracciato: non c’è stata gioia più grande!!! Mentre aspettavamo mi ha incominciato a chiamare dicendo “mamma” allora gli ho incominciato a dire “Agnese, Agnese” e lui ha iniziato a dire “Agnes” poi tutto ad un tratto ha detto “Agnese”, in un modo così bello che tutti quanti ci siamo stupiti e c’è stato un momento di felicità e risate per tutti quanti e anche lui si vedeva che era bello soddisfatto!

Spero di rivederlo presto qui, pronto per un “restyling” e per fare due giochi insieme, ma soprattutto per camminare insieme.
Ho imparato in questo primo mese ad Ampasimanjeva a stare con le persone, con i malati, i bambini, le famiglie dei malati…
Certo, essere dipendente dalla difficoltà che può comportare una lingua non è semplice( direi che dopo aver detto ad un malgascio “sposiamo” invece che “prendi tutte le medicine insieme” possa bastare), ma per loro quel che importa è esserci, sentire che non sono abbandonati a loro stessi e che c’è qualcuno che è lì, pronto per stare con loro, per condividere le gioie e le difficoltà che può comportare un ospedale.

“Per consolare tutti gli afflitti, per allietare gli afflitti per dare a loro una corona invece della cenere, olio di letizia invece dell’abito da lutto, canto di lode invece di un cuore mesto”

Con questa piccola e breve frase vi saluto, auguro ad ognuno di voi di poter consolare e stare a fianco alle persone che hanno bisogno senza fare nulla di eroico, ma semplicemente stare e ascoltare vale più di mille parole.

Un saluto grandissimo da tutta Ampasimajeva.

Agnese