Continuiamo a pubblicare le riflessioni per le domeniche di quaresima di p. Filippo Ivardi Ganapini missionario comboniano ad Abéché, nel vicariato apostolico di Mongo, in Ciad. (alcune foto dell’articolo sono prese dal sito della diocesi di Mongo)
Eccovi quella per la quarta domenica.
Creazione in corso
La comunità di Giovanni presenta nel suo racconto i sette segni di vita che Gesù di Nazareth compie nel cammino. Tra questi il segno della vita resa ad un cieco, come me e te, che ancora non vede la speranza del mondo. Come oggi in Africa:
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“Chi ha peccato perché sia nato cieco? Lui o i suoi genitori?”.
C’è ancora nelle diverse tradizioni radicate in Ciad e anche tra i cristiani il senso della punizione per aver fatto qualcosa di male. Se un giovane muore, anche di cause naturali, si cerca subito il colpevole e il movente: Chi l‘ha ucciso? L’antica domanda degli amici di Giobbe, per vedere dove il giusto per eccellenza è caduto, riecheggia in tutte le epoche e latitudini. Con Gesù di Nazareth però c’è un passo decisivo: non si tratta di rendere male per male bensì bene per male. L’odio si vince con l’amore. La collera col sorriso. La disperazione con la speranza.
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“ Mi sono lavato e ho ritrovato la vista ”
Il cristianesimo non è magia. Gesù di Nazareth non è un mago. E’ l’uomo nella pienezza della sua condizione umana. Che è l’amore. Chiede al cieco di andarsi a lavare dopo avergli messo della terra umida sugli occhi. Terra d’Africa mescolata alla saliva di Gesù. L’atto della creazione è ancora in costruzione. Lavori in corso. Come sulle strade impossibili del Ciad. Ritrovare la vista è lasciarsi ricreare sempre, lavorare dentro la nostra interiorità. Per vedere finalmente la nostra piccolezza, i nostri limiti e umanità. Da accogliere e amare. L’umiltà che rimette a contatto con madre terra. Che fa rialzare la testa non per darsi delle arie per dare aria alle nostre chiusure. E spostare il baricentro dall’io al Tu. Da Wall Street ad Abéché. Dall’America al Ciad. Dai dollari a Dio.
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“So solo una cosa: ero cieco e ora vedo”
Il cieco nato non fa della teologia. E’ centrato sulla sua esperienza di vita, sul suo cambiamento. Sul suo incontro determinante con l’uomo di Nazareth. Sulla sua resurrezione. Che gi ha ribaltato la vita. Finche non c’è quest’incontro non c’è ancora cammino dietro al Galileo. Non ci sono discepoli ma simpatizzanti. Non missionari ma turisti. Non martiri ma approfittatori. Non Chiesa di Gesù ma gruppi di interesse.
Se non osiamo l’incontro determinante e profondo con Gesù di Nazareth non è ancora nato il cristiano. Neanche l’uomo. Ma se lo cerchiamo gli occhi si aprono per vedere la nostra piccolezza e fragilità. E per lasciarci inondare dall’amore di Dio che continua in noi la sua creazione. Per fare dell’uomo Dio.