Ecco il commento al vangelo della seconda domenica di Avvento (Mc 1,1-8) da parte di p. Filippo Ivardi Ganapini, missionario comboniano ad Abéché, in Ciad. Buona continuazione di Avvento!
Nel cammino dell’irruzione di Dio al cuore dell’umanità non basta svegliarsi. Serve prepararsi! Oggi siamo noi i Giovanni Battista del terzo millennio. Apripista della Buona Notizia per un altra storia di liberazione. Dove serve gridare nei deserti delle periferie geografiche ed esistenziali di oggi che é ancora possibile e urgente vivere ad un altro passo: il passo di Dio.
Un passo controcorrente, “in direzione ostinata e contraria” canterebbe De André. Passo che prevede un segno di liberazione fondamentale per il popolo: il battesimo. L’immersione nell’amore di Dio. Il passaggio dall’acqua della passione e della morte per risalire all’altra riva, quella della resurrezione. Il passo dei nostri cristiani al nord del Ciad dentro il grande oceano musulmano. In punta di piedi per rispetto, ma senza paura. Ritmo lento ma incessante. Fatto di accelerazioni e retromarcia. Un po come le nostre giovani danzanti alla messa della domenica: tre passi avanti e due indietro. Senza scoraggiarsi. Passo che avanza verso la riva della coabitazione pacifica che i nostri giovani cristiani e musulmani vivono quotidianamente nei quartieri di Abeche e che hanno celebrato il 28 Novembre nel nostro centro culturale Foyer des Jeunes. Ieri ero in visita alla casa di Pierre e Edith, coppia cristiana di amici venditori ambulanti sulla strada. Mi hanno confidato: “Con i nostri vicini musulmani c’é grande comprensione. Ci aiutiamo a vicenda. I nostri figli giocano insieme e a scuola sono sugli stessi banchi”. Nel mentre, due metri più in la, il canto della ripetizione ostinata dei versetti del Corano accompagnavano le loro parole.
Un passo che chiede un cambio radicale di vita. Fino ad oggi hai praticamente vissuto per te? Da oggi svolta a 180°! Ti é perdonato tutto l’amore sprecato. Cosa aspetti a rimetterlo in circolo? Metti in circolo il tuo amore…cantava il Liga. Più circola e più si rigenera nelle vene! Ecco perché arrivano al fiume da Giovanni da tutte le regioni. C’é un occasione da non perdere. Più si sentono amati e perdonati e più arrivano. Svuotano il sacco. Portano dentro la liberazione più grande: quella dal proprio io. Il più grande tiranno della storia. Sono finalmente sé stessi! Sentono in cuore il ribollere del sogno di Dio che nel deserto ha liberato il suo popolo dall’oppressione. Attraverso l’acqua. Cosi deserto e acqua del Giordano fanno rivivere al popolo traviato l’anelito più profondo del cuore umano: la libertà per amare ed essere amati. Questo manca molto al nostro mondo di oggi “dalle passioni tristi” come direbbe Baumann. Facciamo una fatica enorme a sognare di costruire un mondo diverso e a spendere la vita intera per questo. Ci rassegniamo spesso al nostro piccolo porto senza più la forza di alzare lo sguardo e di vedere la riva oltre le acque. E prendere i remi per spingere la barca del nostro progetto di vita fuori dalla acque tranquille del quieto e infelice vivere.
Giovanni preparando la strada al successore ripropone al popolo molto più di un rito religioso. Si tratta di un vero e proprio cambio di stile di vita e di relazioni. Stile sobrio e semplice come Elia e i profeti di ieri e di oggi che nei deserti della storia, dove mancano l’acqua della passione per Dio e per il popolo, come nomadi, interpellano le coscienze. Con il modo di vivere non per sé ma per un Altro. Gesù Di Nazareth. Più forte nell’amore e capace davvero di restituire vita al popolo. L’unico che puo fecondarlo! Ecco perché Giovanni non si sente degno di passargli il sandalo, come al tempo faceva colui che aveva diritto di riscatto di una donna con colui al quale voleva consegnare tale onore. Secondo la legge del Levirato. Prepariamoci allora! Ci aspetta non una semplice “lavata di capa”. Ma un immersione nello Spirito “totalmente altro”. Ovvero Santo. Quello che ci fa vivere per gli altri. Quello che ci dà il gusto di stare al mondo. Quello che dà la forza a noi e alla nostra gente di resistere nel deserto. E di preparare Natale con una veglia di preghiera lunga tutta la notte, con la festa assieme ai prigionieri, cammino itinerante attraverso le comunità cristiane di Koukou, Goz Beida, Tissi, Biltine, formazione sulla Bibbia, Forum Nazionale dei giovani a N’Djamena, festa della santa Famiglia con la comunità ecclesiale di base che ne porta il nome e il gruppo della pastorale familiare. Il matrimonio di Innocent e Esther. Il tutto condito con polenta, pollo, pecora e cammello. Un piatto solo. Niente dolci e champagne. Al massimo un the. Per il gusto del Natale “originario” ed essenziale all’aperto. Sulla strada.