“L’istruzione è la più valida difesa della libertà”.
Carlo Cattaneo
“Mana… Eu nào consigo ler…” (Sorella… io non so leggere). Non dimenticherò mai il giorno in cui Paula mi disse queste parole, con la voce spezzata dal pianto e gli occhi pieni di lacrime. Mentre mi parlava sentivo tutta la vergogna e la frustrazione che provava per non essere ancora riuscita ad imparare a leggere, nonostante i suoi quattordici anni di età e i sette anni di frequenza a scuola.
Come rimarranno sempre impressi nella mia mente Katia e il pomeriggio in cui le chiesi di scrivere il suo nome sopra un foglio su cui aveva dipinto un bellissimo e coloratissimo disegno. Mi accorsi subito che sul suo viso era comparso un velo di imbarazzo. Turbata e in silenzio, la bambina si allontanò da me.
Seguendola con lo sguardo, vidi che correva da una ragazza più grande e sentii chiederle: “Nadia, pode escriver meu nome… Eu nào consigo fazer isso…” (Nadia, puoi scrivere il mio nome… Io non ci riesco). Osservandola mentre guardava la sua amica scrivere, notai quanto si sentisse mortificata perché a undici anni non si sentisse ancora capace di fare la propria firma.
Ma Paula e Katia non sono le uniche. Nel Lar ci sono altre ragazzine di 10, 12, 14 e 16 anni che non sanno leggere, scrivere e far di conto. Rasentano quasi l’analfabetismo. Spesso le vedi sedute, con un libro aperto tra le mani, avide di sapere che cosa c’è scritto tra quelle pagine che sfogliano. Quando il volume è illustrato, fingono di leggere il testo tenendo il segno con il dito, ma in realtà stanno solo raccontandosi una storia da loro inventata guardando le immagini stampate.
Non avendo ancora acquisito delle strategie di calcolo, eseguono le addizioni e le sottrazioni disegnando su un foglio o sulla sabbia delle stanghette verticali. Finchè operano all’interno della trentina riescono a cavarsela, ma quando i numeri crescono rinunciano a svolgere l’operazione. Anche nella memorizzazione delle tabelline sono scoraggiate: le studiano e le ripetono, ma poi non riescono a ricordarsele. Sono abbattute: non solo perché tanto sforzo non produce risultati commisurati, ma anche perché non capiscono come mai ciò possa accadere. Scene che ti stringono il cuore.
Uno dei più seri problemi del Mozambico è proprio quello legato al livello e alla qualità dell’istruzione, estremamente basso: il 54{445b7cea0c61809f4ff042dd7d3982d5e6e190b695a23ff0dabd40f71b148ec9} delle donne e il 48{445b7cea0c61809f4ff042dd7d3982d5e6e190b695a23ff0dabd40f71b148ec9} degli uomini sono analfabeti (dati del 2005), mentre soltanto il 55{445b7cea0c61809f4ff042dd7d3982d5e6e190b695a23ff0dabd40f71b148ec9} dei bambini in età scolare riesce ad iscriversi a scuola. Attualmente poco più della metà degli alunni che iniziano le elementari arrivano a concluderle. Gli elevati costi d’accesso al sistema educativo, la schiacciante povertà che costringe i genitori ad impiegare i figli in attività agricole o commerciali per contribuire al sostegno della famiglia e i matrimoni prematuri, causano l’abbandono degli studi. I bambini e i ragazzi più fortunati, che hanno la possibilità di frequentare la scuola, fanno parte di classi numerosissime che si riuniscono per ascoltare e ripetere in coro la lezione del maestro, all’ombra degli alberi o in piccole strutture in mattone e cemento, disadorne, con antiquate lavagne sbrecciate. Molti di loro, alla fine dell’anno scolastico, vengono promossi, nonostante non abbiano ancora acquisito o consolidato quelle conoscenze e quelle abilità che consentono una alfabetizzazione culturale di base, ma soprattutto quelle competenze che serviranno nel corso di tutta la loro esistenza. E così anno dopo anno, questi bambini non fanno altro che accumulare lacune e insicurezze che non avranno mai modo di colmare. Si rimane sempre molto colpiti dai numeri e dalle informazioni riportati nei dossiers riguardo alla mancanza di istruzione nel Sud del mondo. Ma quando alle percentuali associ un viso, un nome, un’identità, solo allora ti rendi conto della portata e della drammaticità della problematica. Nel momento in cui realizzi che le vittime di questa ingiustizia sociale sono le bambine e le ragazzine con cui, negli ultimi mesi, hai intessuto una relazione profonda e intima, allora, proprio in quel momento, ti senti morire dentro. Per loro vorresti solo il meglio: un futuro ricco di belle speranze, che possa rinfrancare un passato doloroso e turbolento. Ma subito ti scontri con la dura realtà e ti rendi conto di quanto sia difficile realizzare questo sogno, quando l’istruzione che possiedono è minima e la loro nazione è messa in ginocchio dalla piaga dell’analfabetismo. Ti senti toccata, coinvolta da ciò che hai di fronte e, oltre a provare una grande compassione, nasce in te una forte sete di giustizia che ti punge il cuore. La storia insegna che nessuna società è mai uscita dal sottosviluppo senza un cospicuo investimento nel proprio capitale umano. Infatti, garantire a tutti i bambini e a tutte le bambine la possibilità di frequentare per intero almeno il ciclo dell’istruzione primaria e di ricevere insegnamenti di qualità, non significa “soltanto” evadere dalla prigione dell’analfabetismo, imparando a leggere, a scrivere e a contare, ma determina un circolo virtuoso che produce importanti effetti, percepibili in vari aspetti della vita civile ed economica dell’intero paese: l’eliminazione della fame, della povertà e, soprattutto, la possibilità di difendere i propri diritti nella società, nel lavoro e in famiglia. Perché è solo attraverso l’educazione e la cultura che l’uomo ha la possibilità di rendersi realmente e completamente libero: libero nel pensiero, libero di poter prendere decisioni autonome sulla base delle proprie conoscenze ed esperienze, libero di esprimersi nella società. Immediatamente emerge dentro di te la domanda: “Di fronte alla povertà, alla miseria, all’analfabetismo, alla disumanità e alle tante vittime di queste grandi ingiustizie sociali, che cosa si può fare?”. Ed ecco che il Signore non tarda a rispondere. Anzi in questo tempo forte di Avvento, suggerisce e ripete con insistenza come comportarsi: “Vegliate (Mc 13,33-37), confidate in me (Is 26, 1-6) e continuate a sognare e a sperare nell’avvento del mio Regno. Eliminerò la morte per sempre,asciugherò le lacrime su ogni volto (Is 25, 6-10) e l’intera umanità potrà finalmente vivere nella fraternità, nella giustizia e nella pace”.
Dio è attento e sensibile alla situazione di sofferenza del suo popolo, tanto a livello personale come a livello sociale e politico, e interverrà per liberarlo e salvarlo da miserie intollerabili, perché Dio vuole la vita piena dei suoi figli (…). Il Dio dell’impossibile e dell’inimmaginabile è capace di sognare e realizzare cose mai viste prima e ci chiede di lottare e camminare insieme a Lui sulle strade del mondo per realizzare il suo Regno (…). Certamente, al principio sognare e condividere il sogno di Dio è relativamente facile. La cosa più dura sarà mantenere l’entusiasmo in mezzo alle difficoltà, cioè continuare a sognare anche sotto un cielo senza stelle. La virtù che ci permette di conservare l’entusiasmo e la passione anche in mezzo alle difficoltà, è la pazienza. La pazienza-perseveranza è ciò che permette al sogno di Dio di rimanere in piedi, di concretizzarsi e trasformarsi in realtà. Siamo dunque chiamati ad essere sognatori pazienti. Impariamo da Dio a mantenere la pazienza e a continuare a coltivare la speranza (Alberto Degan, Cercatori di bellezza. Leggere la Parola con i giovani. Alla ricerca di cammini di Vita.)
Padre Santo, grazie per averci così tanto amato da arrivare a donare il tuo Figlio Gesù per la redenzione del mondo. Mentre contempliamo questo piccolo e fragile neonato deposto nella mangiatoia, infondi nei nostri cuori la certezza che con la Sua nascita, morte e Resurrezione, tutte le iniquità dei popoli hanno i giorni contati, che presto le sofferenze dei poveri avranno fine e che non ci saranno più lacrime che sgorgheranno dagli occhi di tutte le vittime delle violenze e del dolore. Nel frattempo, soffia il tuo Spirito consolatore in ogni angolo della terra e dona a ciascuna persona quella sana e santa speranza che permette di essere degli “instancabili coltivatori di sogni,” proprio come Te. Una preghiera particolare, Padre Santo, per le ragazze del Lar Elda. Sai quanto la vita le ha provate e quanto può essere facile abbandonarsi alla tristezza e alla rassegnazione. Fa che questo non accada. Prendi tra le Tue mani la loro esistenza, con tutti i loro dolori e tutte le loro necessità, e con il Tuo amore potente sviluppa, in ognuna, la pazienza dell’attesa e la fiducia di un futuro diverso, perché presto anche loro avranno modo di dissetarsi alla Tua fonte, da cui sgorga giustizia, pace e gioia perenne.
Giulia