Ecco il commento di p. Filippo Ivardi Ganapini, missionario comboniano ad Abéché, in Ciad, al vangelo della quarta domenica di Avvento (Lc 1,26-38) Una quarta domenica che è già vigilia di Natale! E allora Buon Natale a tutti!
Il messaggero entra nella casa. Come il missionario che vuole conoscere a fondo la gente. “ Entrare nelle case é entrare nel cuore della gente” mi ha insegnato padre Fernando sulle strade polverose delle periferie di Lima. Cosi mi appassiona camminare per le periferie di Abeche e varcare le soglie delle case per un saluto, un the insieme, una preghiera attorno alla Parola di Dio, una polenta, quattro chiacchiere sulla vita. Entrare per scoprire. Nelle case ma anche dentro di sé.
Maria é promessa ad un uomo ma il messaggero cambia i piani. Dio irrompe per cambiare obiettivi, stili di vita, orizzonti di senso. Prende carne per saldarsi inossidabilmente a noi. Finché noi diventiamo pasta della sua pasta, come Lui. Imparando ad amare. Ospitando Dio, l’uomo interiore che si rinnova di giorno in giorno. Abitati da una presenza che cresce dentro. Non più soli e indipendenti. Semmai liberi. Per amare. Come i nostri giovani che hanno fondato ad Abeche la “Legion de Marie”. Un gruppo che si ritrova a pregare alla grotta mariale e visita i casi più difficili di persone che qui dicono sono “derrangés par les esprits mauvais”. Casi soprattutto di giovani ragazze molto giovani e lontane dalle famiglie di origine, colpite da una strano fenomeno psicologico e religioso degli spiriti malvagi. Pregando con loro, mostrando vicinanza e affetto, molte situazioni risuscitano. E dal piano della disperazione, Dio fa passare al piano della felicità di sentirsi importanti e valorizzati da Lui. Sono i casi di Pierre, Germaine, Nenmarie. Volti di creature nuove che scoprono la presenza dell’Amato dentro di loro.
Maria resiste. Fa domande. E chi non lo farebbe? Piani e vite ribaltate! Non capisce. Chi ci sta oggi a lasciarsi cambiare tutto? A rimettere tutto in discussione? Viviamo troppo attaccati alle nostre certezze molto umane. Dunque precarie. Diceva sempre frere Roger a Taizé: “Meglio affidarsi all’imprevedibile di Dio che alle certezze degli uomini”. Che fatica affidarsi all’Altro. Gettare la vita per Dio e per i fratelli. Ma qui in Ciad qualcosa si muove e alcuni giovani ci testimoniano di ascoltare un richiamo profondo per una vita consacrata a Dio e alla missione: Gregoire che vuole entrare in seminario, Emmanuel nei comboniani e molti che sentono il richiamo di Dio e di Daniele Comboni per essere laici missionari. Un segno molto bello di Dio per la festa dei 150 anni di vita dei missionari comboniani!
Il messaggero spiega il Natale di Dio in lei. La nascita del Creatore a partire dalla sua creatura. Piano certamente arduo da cogliere con la testa. Solo il cuore puo varcarne la soglia. Progetto impossibile per la visione dei nostri fratelli e sorelle musulmani per i quali tra l’uomo e Dio resta una distanza incolmabile. Inconcepibile un Dio cosi vicino da mescolarsi e fondersi con l’uomo. Natale e Pasqua ( fuori di testa per un musulmano un Dio che muore in croce!) sono feste molto distanti per la visione teologica di cristiani e musulmani. Ma prima della teologia (riflessione su Dio) viene la vita. Fatta di inviti a partecipare alla festa, di chiamate al telefono per reciproci auguri, visite nelle case, incontri interreligiosi, scoperta mutua delle pagine della Bibbia e del Corano.
L’importante, ben al di là del capire, resta l’accogliere una Parola che crea storia. Come la giovanissima Maria. Una Parola che dalla Genesi non ha mai smesso di creare. E di modellare cuori e vite degli uomini e delle donne di ogni tempo per renderli capaci di infinito.