Vogliamo raccontare a tutti “quello che abbiamo udito, quello che abbiamo veduto” in Ciad e siamo disponibili a incontrare le parrocchie e i gruppi che lo desiderano.
Dopo il viaggio in Ciad di quest’estate il vescovo Erio ha scritto:
“Ha detto in Ciad?”… ho ancora presente l’espressione stupita dell’infermiera da cui avevo prenotato le vaccinazioni alcuni mesi fa. E così anche diversi amici e conoscenti: “ma cosa vai a fare in Ciad?”. Prima di tutto non ci sono andato da solo: anzi, sono stato là una settimana scarsa insieme a don Graziano, Francesco e Maurizio perchè c’erano già da una ventina di giorni alcuni giovani modenesi: Matteo e Gloria (purtroppo per tornati dopo poco tempo per gravi motivi familiari), Pietro, Linda, Agnese, Alessandro e Davide. L’ufficio di animazione e formazione missionaria, come ogni anno, aveva organizzato diverse esperienze estive per i giovani: oltre che in Ciad, anche in Madagascar, Paraguay, Sri Lanka e Albania. Alcuni seminaristi e altri giovani, insieme a don Federico e don Andrea, si sono poi recati in Perù… Una quarantina di persone in movimento.Dunque, alla questione su cosa andavo a fare in Ciad, io rispondevo semplicemente che ero stato invitato dal vescovo locale Henry Coudrai, con il quale abbiamo coltivato un’amicizia a distanza; e che speravo si potesse gettare un ponte tra la nostra antica Chiesa di Modena e la loro giovanissima di Mongo.Ma adesso che sono tornato mi è tutto più chiaro. Siamo andati per imparare: le giovani comunità cristiane dei popoli in via di sviluppo e di quelli che consideriamo arretrati ci ricordano come l’essenziale sia la relazione e non le strutture; o meglio, come le strutture abbiano senso quando sono a servizio della relazione con il Signore e tra di noi. Ci sbattono in faccia l’enormità delle disuguaglianze tra i ricchi che non sanno nemmeno come spendere il denaro e i poveri che non ne dispongono. Ci appassionano così ad una giustizia più reale ed equa. Ci chiedono poi di contrastare il vizio della lamentela continua, proprio di chi è annoiato e sazio. In una parola, ci spingono a convertirci.
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