Lettera di Giacomo dal Ciad per i rientrati dai campi estivi in Missione

DSC_0743Bentornati!
Ormai è passato diverso tempo dal vostro ritorno dai differenti viaggi! Ho sentito alcune voci da Modena e mi pare che tutto sia andato molto bene e che le esperienze siano state positive!
Qui in Ciad io mi sono ritrovato ad accogliere con i giovani Ciadiani il gruppo Italiano. È stato interessante vivere l’esperienza dall’altra parte. È stato bello vedere la fatica, le attenzioni, le preoccupazioni, le accortezze che si devono prendere per accogliere persone di un altro paese, di un’altra cultura e che parlano un’altra lingua. Di come sia bello impegnarsi, darsi da fare, organizzare, chiedersi come rendere il più piacevole e ricco possibile il soggiorno di questi giovani sconosciuti che arriveranno dall’Italia. Della fatica, dei lavori prima, durante e dopo per permettere tutto questo. Sentire il desiderio crescere dentro di te per l’arrivo di queste persone, e sperimentare la rapidità di queste tre settimane che, semplicemente volano.
Vi sto pensando tanto, ad ognuno di voi, vi porto nel mio cuore e vi accompagno! Ho pesato a lungo sul senso di scrivere questa seconda lettera diretta a voi, i rientranti. Ho pensato a lungo su cosa scrivere in questa lettera. Sono stato guidato da tante persone nello scegliere e discernere cosa scrivere in queste poche righe dedicate a voi!
Ci tenevo prima di tutto a ringraziare ciascuno di voi che avete messo a disposizione quello scarso mese di vacanze a disposizione per INCONTRARE, VISITARE, SUDARE insieme a tanti giovani e meno giovani che vi aspettavano nei paesi che avete voluto scoprire. Voglio unirmi alla vostra gratitudine ringraziando tutte quelle famiglie che vi hanno accolto a braccia aperte, per tutti i giovani, i bambini che si sono DONATI a voi. Io stesso ho sperimentato e, per grazia ricevuta, continuo a sperimentare questa gratuità, questa ospitalità da parte dei giovani, delle famiglie, dei bambini… Ringrazio per avere trovato una vera e propria nuova casa qui ad Abéché, sensazione che forse anche qualcuno di voi ha sperimentato in queste settimane.
Ora siete tornati a casa, immagino non tutti a Modena, ma sono sicuro che siete già tutti belli immersi nel quotidiano di casa nostra, bello intenso, bello pieno, che volente o nolente ti mangia il tempo, ti ruba le energie e con cui dobbiamo fare i conti. Dopo che si è sperimentato un ritmo diverso, un’attenzione diversa, una lista di priorità diverse siete immersi nel vecchio mondo… Ed è ora, in questi giorni, in queste settimane che sono avete messo alle spalle, e che sono ancora davanti a voi che inizia la vera sfida. Credo profondamente che sia in questo momento, il momento del rientro, del ritorno alla “normalità”, nelle relazioni di tutti i giorni, nelle occupazioni a cui siamo abituati, nella routine che si cela la vera sfida e il vero senso di questa esperienza. Non nel partire, non nel visitare, non nel sopportare le difficoltà a cui siamo andati incontro. Credo che alla fine tutti siano rimasti stupiti dalla “facilità” con cui si riesce ad andare oltre a quelle difficoltà concrete a cui queste esperienze ci sottopongono (qui in Ciad penso al fatto di mangiare la boule bollente, il the super zuccherato e bollente, il resistere al sole cocente, il terrore delle zanzare che la notte prende un po’ tutti…) anche perché il calore umano, la scoperta di persone e culture nuove è profondamente affascinante e dona la forza di andare oltre tutto questo. Anzi, forse ad un certo momento avete vissuto addirittura con normalità queste difficoltà che all’inizio sembravano così insuperabili.
La vera sfida è cominciata già da qualche mese, addirittura dal primo momento in cui avete messo piede in terra italiana! Sicuramente avete avuto a che fare con qualche amico o parente che vi è venuto a prendere in aeroporto, che vi ha chiesto come è andata… è qui che si gioca il tutto. Nel fare memoria, nel ricordare e raccontare! Mi piace accompagnare questa riflessione con la figura di Maria in Lc 2,1 20. Si tratta della visitazione dei pastori. In questo brano mi ha sempre affascinato questa frase legata a Maria “custodiva tutte queste cose nel suo cuore”. Qualche versetto prima (Lc 1, 39-45) Maria aveva appena accetta di diventare la Mamma di Gesù, rischiando di lapidazione (se leggete Deuteronomio capitolo 22 a partire dal versetto 13, sono regolati i casi di adulterio, e si scopre che se un uomo che è fidanzato con una donna scopre che essa non è in stato di verginità (una gravidanza è una prova bella e buona) può ripudiarla, e la pena è la lapidazione), parte a trovare Elisabetta. Ed è lì che nasce il magnificat, è lì che la grazia di Dio che è presente in Elisabetta le rivela la Grazia di Dio che sta agendo in Maria!
Da questi due esempi di Maria vorrei proseguirà la mia riflessione. La prima parte parla di un custodire nel proprio cuore. Questa è la prima sfida, fare memoria, custodire nel nostro cuore quello che abbiamo vissuto, quello che abbiamo sperimentato, i volti che abbiamo incontrato, il cuore che si è allargato… Questa è una RESPOSABILITA’ che ci è data, non solo una fortuna. È nostro dovere fare memoria, ricordarci di ciò che abbiamo visto, di coloro che abbiamo incontrato, delle storie che ci sono state donate! Non possiamo più permetterci di fare finta di niente ora. Ci siamo compromessi, in questo partire ci siamo messi in gioco, e ci siamo caricati sulle spalle la responsabilità di dare voce a queste persone che abbiamo incontrato. Di portarceli dietro, nel nostro cuore, nelle nostre fatiche. È questo custodire che può trasformarci, essere fedeli a quanto abbiamo visto, ad essere fedeli a questo cuore che si è allargato in queste tre settimane. Nel decidere di donare tempo al ricordo di queste persone, cercare di dedicare tempo al mantenere la relazione con qualche giovane che ci ha chiesto il contatto di Facebook il giorno prima della partenza. Non dimenticatevi dei posti che avete incontrato, fatevi mettere in discussione continuamente dai problemi che avete visto, ascoltato. Non accoccolatevi nel tepore dell’indifferenza, del “non posso farci nulla”. Fatevi provocare da tutto ciò. Abbiate il coraggio di passare notti insonni per quello che avete visto, per la vostra impotenza davanti ai problemi e alle storie che vi sono state donate, alimentate quel senso di impotenza, che può spingervi a cambiarvi e a cambiare quello che sta intorno a voi. Non è con le risposte che trasformeremo questo mondo, ma con le domande, nel rendersi conto che non possiamo da soli cambiare ciò che riteniamo ingiusto, che abbiamo bisogno di affidarci agli altri, di fare le cose CON gli altri, non per, non nonostante, ma CON. Fatevi trasformare dal fatto che non siamo noi a salvare il mondo. Gridate al mondo che le persone che avete incontrato sono persone con dei sogni, dei progetti. Siate veri come loro sono stati veri con voi. Credo profondamente nel fare memoria. Nel ricordarsi di ciò che si è vissuto, di riportarlo alla mente e al cuore per rivivere ciò che è stato.
La seconda pagina del vangelo parla della visita. Il vescovo di Mongo ci ha spiegato bene come, qui in Ciad la pastorale si basa molto su questa pagina del vangelo. L’idea della pastorale della visitazione! È nel visitare l’altro che scopro dentro di lui la presenza di Dio, e che allo stesso tempo, grazie a lui, scopro la presenza di Dio in me. È quello che succede in questo vangelo, in cui Giovanni, che è il dono della grazia di Dio in Elisabetta, permette a Elisabetta di vedere cosa la grazia di Dio ha fatto in Maria. Questo vangelo, e questa pastorale, portata in una terra al 96% mussulmana, diventa qualcosa di rivoluzionario, contro corrente… profetico! In un mondo che ci dice che terroristi = mussulmani, in un clima generale di paura e di terrore, strumentalizzato da tanti, in un vicariato in mezzo al deserto del Ciad scopro che la presenza di Dio la trovo nel visitare famiglie mussulmane, nel dialogo con una cultura difficile, profondamente diversa. Scopro che vale la pena “perdere” il mio tempo nel visitare nei quartieri le famiglie, i giovani della parrocchia che vivono con naturalezza nella stessa casa di fratelli mussulmani. E scopri che è nel visitare, nel dialogare che puoi crescere, che puoi trasformarti, che si può essere UMANI. Ed è qui il cuore di come possiate davvero essere segno per coloro che vi hanno riaccolto a casa. Visitate e accogliete. Portatevi dentro questo spirito di accoglienza che avete scoperto in queste terre, abbiate il coraggio di visitare, di stare con gli ultimi del vostro quartiere, di dedicargli cinque minuti quando incontrate qualcuno sulla strada, anche se siete in ritardo. Donate il vostro tempo, è ciò che di più prezioso che abbiamo. Qui sto scoprendo che non è tanto la mia capacità di saper fare qualcosa, non solo le mie idee ad essere importanti, ma è il tempo che dedico a coloro che incontro. È nel donare il nostro tempo agli altri che possiamo fare la differenza. Una volta in un incontro un comboniano ci disse “il cuore non è lontano da dove stanno i vostri piedi”. Questa frase mi ha colpito molto e me la porto sempre dietro. Dove passo il mio tempo? Dove sono i miei piedi? Al fianco di chi mi ritrovo spesso? Rispondendo a queste domande posso scoprire dov’è il mio cuore!
Allora vi sprono a saper fare memoria, ma essere anche missionari, capaci di visitare, di donare il vostro tempo agli ultimi, di essere capaci di avere il CORAGGIO di domandare a una persona che fa l’elemosina fuori da un centro commerciale da dove viene, come si chiama… Di avere il CORAGGIO di compromettervi, di farvi trasformare dal tempo passato CON… Vi ringrazio per il segno che siete per la nostra città, per la nostra Italia. Vi ringrazio per il coraggio di andare controcorrente, di aver deciso di partire, e in questo modo essere segno rivoluzionario. Segno di cambiamento. Ora siete segno di speranza per le persone che incontrerete. Gridate a coloro che incontrerete nei prossimi mesi, ai compagni di università, agli amici di sempre che avete scoperto che dall’altra parte ci sono semplicemente persone come noi, che ciò che avete scoperto è che più che fare, l’importante è stare, donare tempo, ascoltare… e stupirsi.
Vi abbraccio forte e vi ringrazio ancora e vi sostengo e vi penso spesso! Siate testimoni VERI, di ciò che avete toccato e vissuto. Ora ciò a cui siete chiamati non è a essere persone “incredibili” o straordinarie, ma persone CREDIBILI, che semplicemente parlano di ciò che hanno vissuto. Vi mando un abbraccio a presto!
On est ensemble!
Giacomo
P.S. so che ho fatto troppi riferimenti biblici… ma a vivere con i preti per sei mesi di fila alla fine di entra in testa ah ha)
P.P.S. ANDATE TUTTI AL LABORATORIO ALLE RADICI CHE IL C.M.D. HA ORGANIZZATO