Andare via proprio in un certo momento. È stato questo il pensiero che ha guidato la nostra decisione di partire: andare via proprio nel momento in cui ci si sentiva pronte, nel periodo esatto in cui la mente, l’anima e le braccia erano pronte ad aprirsi, protendersi, donarsi. Per questo il pensiero di cambiare meta missionaria ci ha colto alla sprovvista, ma non ci ha oscurato del tutto. Sì, avevamo lo spirito decisamente giusto. Ma gli avvenimenti accaduti a Pasqua in quella florida isola (lo Sri Lanka era la destinazione prevista per Laura e Alessia ndr) hanno rimescolato le carte, hanno cambiato destinazione sul biglietto aereo, hanno richiesto un piccolo cambio di mentalità, ma non hanno affatto scalfito l’idea forte e decisa della partenza. Siamo giunte alla conclusione che ciò che davvero importa è mettersi al servizio! Abbiamo modificato ciò che doveva essere modificato e siamo partite!
È stato un incontro improvviso. Il Brasile non sapeva di doverci accogliere, noi non sapevamo che saremmo state accolte dal Brasile. Ma è stato davvero un incontro così improvviso? Sembrava che qui ci aspettassero da anni.
Nei primi giorni nella periferia di São Paulo, in Brasile, siamo state definite “un dono di Dio”. “Io ho pregato Dio e lui mi ha mandato voi!” dice suor Eliene, la quale ci ha raccontato più volte di quanto fosse carica di lavoro nella scuola Severino Fabriani per bimbi sordi di cui è la direttrice e di quanto tempo trascorresse pregando Dio di ricevere un aiuto. Ed è cosi che, tra un imprevisto, una preghiera e l’ascolto di una necessità, siamo arrivate noi! Siamo state catapultate in questa realtà senza tante aspettative, senza troppe informazioni, con quella paura positiva per l’ignoto. La paura positiva è quello stato che spesso accompagna i viaggi e le scoperte, che ci rende febbrili e porosi, capaci di notare anche le più piccole sensazioni…è un essere recettivi e animati nel profondo.
Tutto è iniziato: il convivere insieme alle suore Christiana, Neide e Eliene; il lavoro con i bimbi sordi alle elementari e all’asilo; l’apprendimento della Libras (língua dei segni brasiliana) e del portoghese; il guardare per capire (o quantomeno avvicinarsi alla comprensione) e non per giudicare; le routine calorose di abbracci, baci, saluti; il calore delle giornate di sole e il freddo penetrante delle giornate uggiose; lo sperimentare cibi nuovi ; il sentirsi sereni e sollevati nell’aver dedicato quasi tutto il tempo della giornata agli altri e davvero poco a sè.
Solitamente un viaggio ha come protagonista il viaggiatore: lui decide cosa fare, cosa vedere, tutto è incentrato su di lui e su quello che fará. La missione è un’eccezione: non pensi quasi mai a te stesso, non ti curi di come appari o a cosa sia meglio per te; sei lì per servire, per aiutare, per alleggerire un peso, per comprendere luoghi e persone. Tutto è una scoperta, tutto viene come viene, ma riesce assolutamente meglio di qualcosa programmato.
San Paolo è una grande città, con una immensa periferia; noi ci troviamo nell’estremo est, nel barrio Itaim Paulista. La città è case, incastrate le une nelle altre; qui e là spunta una palma; nella strada deserta passeggia qualche cane randagio alla ricerca di qualcosa da mangiare. Dalla finestra entra un forte odore di aglio e cipolla accompagnato dalla musica a tutto volume di qualche auto che passa per la strada. A primo impatto può sembrare poco attraente ma, quando parli con qualcuno, conosci le persone, ascolti la musica, balli il samba o fai due salti con la capoeira, tutto cambia. São Paulo non è più quella che avevi visto la prima volta, è diversa, è energica. Come si dice qui “Se non ti piace il samba o il calcio o hai problemi ai piedi oppure hai problemi alla testa”.
Il lavoro è impegnativo ma soddisfacente. Durante la mattina affianchiamo i professori delle elementari, in particolare seguiamo i bimbi non udenti con speciali necessità; nelle ore pomeridiane, invece, frequentiamo l’asilo, destreggiandoci tra attività didattiche e giochi. Inizialmente la comunicazione può apparire complessa vista la non conoscenza della Libras, in realtà ci siamo accorte dell’incredibile espressività dei bambini e della loro capacità di farsi capire, resa possibile da una straordinaria voglia di accogliere, condividere e creare legami.
Uno degli aspetti più emozionanti è che ci sentiamo a casa. La verità è che se noi abbiamo cercato di aiutare le irmãs dove ci veniva richiesto e di provvedere a ciò di cui vi era bisogno, loro hanno aiutato immensamente noi. Ci hanno insegnato a vivere in una fede più salda e speranzosa, ad immergerci nell’essenzialità, a godere di toni pacati, rispetto e premure, senza tralasciare momenti di risate e mattanza.
Il bello della missione è che si può assaporare. Non si è influenzati dal tempo, dagli impegni, dalle responsabilità. Si vive quello che ci si trova davanti, momento per momento. Si ha tempo e propensione di osservare, riflettere e conoscere per davvero. Conoscere il mondo, l’altro e la propria intimità.
Alessia e Laura