#storiedimissione – Oscar Romero

“Il martirio è una grazia di Dio che non credo di meritare,
ma se Dio accetta il sacrificio della mia vita,
che il mio sangue sia un seme di libertà
e il segno che la speranza sarà presto realtà.”

Óscar Arnulfo Romero nasce il 15 marzo 1917 a Ciudad Barrios, nello Stato di El Salvador.
All’età di 13 anni viene al Seminario minore di San Miguel. Nel 1937 passa al Seminario maggiore di San José de la Montaña, ma a ottobre viene inviato a Roma per proseguire gli studi. Viene quindi ordinato sacerdote a Roma il 4 aprile 1942.
Rientrato in patria si dedica con passione all’attività pastorale come parroco, in seguito come direttore del seminario interdiocesano di San Salvador, poi come segretario della Conferenza Episcopale dell’America Centrale e di Panama.
Nel 1977, viene ordinato arcivescovo di El Salvador, in un momento di profonde contraddizioni ideologiche tra Chiesa e Governo, che si trovano coinvolti nelle continue lotte per la spartizione della terra nelle mani dei grandi proprietari terrieri. Il divario tra ricchi e poveri diventa sempre più evidente, mentre la drammaticità degli atti di violenza esercitati dai militari, toglie ai contadini e ai poveri qualsiasi speranza di sopravvivenza.
Per il governo e i gruppi di potere, la nomina di questo vescovo quasi sessantenne, tutto “spirituale” e completamente “dedito agli studi”, è la miglior garanzia di un rallentamento dell’impegno per i poveri che l’arcidiocesi stava sviluppando con il predecessore. Così, nasce per loro la speranza che la Chiesa di San Salvador si sciolga da ogni impegno sociale e politico e che quella di Romero diventi una pastorale “spiritualizzata”, asettica, disincarnata, disinteressata ad ogni evento politico.
Oscar Romero è a capo di una Chiesa che vede quotidiani omicidi di contadini poveri e oppositori del regime politico. Di fronte all’oppressione e allo sfruttamento del popolo, osservando gli squadroni della morte che uccidono contadini, poveri e preti impegnati, e in particolare a seguito dell’uccisione del suo amico Rutilio Grande, mons. Romero capisce di non poter fare a meno di prendere una posizione chiara. Intraprende così un nuovo percorso di conversione: dal conservatorismo ecclesiastico in cui si era formato, a cuore pulsante del suo popolo. La sua conversione è infatti una “conversione ai poveri”, che gli fa dimenticare le molte paure che aveva per se stesso e per la Chiesa.
Da questo momento in poi tutte le sue omelie e i suoi discorsi saranno orientati alla denuncia della lotta armata, della violenza, della repressione e alla difesa dei diritti umani.
Paga con un progressivo isolamento e con forti contrasti la sua scelta preferenziale per i poveri: alcuni vescovi lo accusano di incitare «alla lotta di classe e alla rivoluzione», mentre è malfamato e deriso dalla destra come sovversivo e comunista.
«Non ho la vocazione di martire», confida, anche se predica che: «uno non deve mai amarsi al punto da evitare ogni possibile rischio di morte che la storia gli pone davanti. Chi cerca in tutti i modi di evitare un simile pericolo, ha già perso la propria vita».
«Nel nome di Dio e del popolo che soffre vi supplico, vi prego, e in nome di Dio vi ordino, cessi repressione!», grida il 23 marzo 1980, nella sua ultima predica in cattedrale.
Il giorno dopo, nel tardo pomeriggio, un sicario si intrufola nella cappella dell’ospedale, dove Romero sta celebrando, e gli spara dritto al cuore, mentre il vescovo alza il calice al momento dell’offertorio. Aveva appena detto: «Che questo corpo immolato e questo sangue sacrificato per gli uomini ci spinga a dare anche il nostro corpo e il nostro sangue al dolore e alla sofferenza come Cristo; non per noi stessi ma per dare al nostro popolo frutti di giustizia e di pace».
Chi lo ha conosciuto bene ha continuato a testimoniare che «Romero non era un rivoluzionario, ma un uomo della Chiesa, del Vangelo e quindi dei poveri».
Il popolo salvadoregno lo ha subito ritenuto un martire e ha continuato a pregare sulla sua tomba, nella cripta della cattedrale del Divino Salvatore del Mondo a San Salvador.
È stato beatificato il 23 maggio 2015, a San Salvador, sotto il pontificato di Papa Francesco. Lo stesso Pontefice lo ha canonizzato il 14 ottobre 2018 in piazza San Pietro a Roma. La memoria liturgica di monsignor Romero cade il 24 marzo, in cui ricorre, dal 1992, la Giornata di preghiera e digiuno per i missionari martiri.

DALLE OMELIE DI MONSIGNOR ROMERO:
Per dare vita ai poveri, bisogna dare qualcosa della propria vita. La maggiore dimostrazione della fede in un Dio di vita è la testimonianza di chi è disposto a dare la sua vita. “Nessuno ha maggior amore di chi dà la sua vita per il fratello”. E lo vediamo ogni giorno nel nostro paese. Molti salvadoregni e molti cristiani sono disposti a dare la propria vita, perché vi sia vita per i poveri. Stanno così seguendo Gesù e mostrando la loro fede in lui. Inseriti come Gesù nel mondo reale, minacciati e accusati come lui, dando la vita come lui, stanno testimoniando la Parola di Vita.

Cristo è il vero liberatore che non distrugge ma rifà, e proietta tutte le dimensioni dell’uomo, quella trascendente come quella storico-sociale.
Quanto più un uomo è felice, tanto più si manifesta in lui la gloria di Cristo. Quanto più un popolo si incammina per le vie della pace, della giustizia, della fraternità, dell’amore, tanto più Cristo è glorificato. Cristo è nella storia e la storia lo riflette come gioia dei popoli, come fiducia degli uomini. Questo è lo spirito della domenica, questo è il giorno del Signore, giorno di letizia, di allegria, non però egoista, ma condivisa con quelli che non hanno nulla. Condividere ciò che abbiamo per sentirci più felici.

PREGHIERA:
OSCAR ROMERO, UN VESCOVO FATTO POPOLO
preghiera scritta da don Tonino Bello in ricordo di mons. Oscar Romero 

Noi t’invochiamo,
Vescovo dei poveri,
intrepido assertore della giustizia,
Martire della pace!
Ottienici dal Signore il dono
di mettere la sua Parola al primo posto.
Aiutaci a intuirne la radicalità
e a sostenerne la potenza,
anche quando essa ci trascende.
Liberaci dalla tentazione di decurtarla
per paura dei potenti,
di addomesticarla
per riguardo di chi comanda,
di svilirla per timore che ci coinvolga.
Non permettere che, sulle nostre labbra,
la Parola di Dio s’inquini
con i detriti delle ideologie.
Ma dacci una mano,
perché possiamo coraggiosamente incarnarla
nella cronaca, nella piccola cronaca
personale e comunitaria,
e produca così storia di salvezza.
Aiutaci a comprendere
che i poveri sono il luogo teologico
dove Dio si manifesta,
il roveto ardente e inconsumabile
da cui Egli ci parla.
Prega, Vescovo Romero,
perché la Chiesa di Cristo,
per amore loro, non taccia!

LINKS PER APPROFONDIRE:
http://www.giovaniemissione.it/categoria-testimoni/2178/oscar-romero_1/
http://www.giovaniemissione.it/testimoni/romero1.htm
http://www.giovaniemissione.it/teologia-della-missione/563/giulio-girardello-dalloppressione-alla-libertà/
http://www.giovaniemissione.it/veglie-e-preghiere/405/monsignor-oscar-arnulfo-romero/
http://servicioskoinonia.org/romero/

ALTRO PER APPROFONDIRE:

Scritti di O. A. Romero
– Diario, ed. La Meridiana, Molfetta 1990.
– Romero …y lo mataron. Scritti e discorsi di una vittima della repressione in America Latina, ed. AVE, Roma 1980.

Scritti su O.A. Romero
– AA.VV., Il vescovo Romero, martire per la sua fede per il suo popolo. Ed. EMI, Bologna 1980.
– LEVI A., Oscar Arnulfo Romero.Un vescovo fatto popolo, Ed. Morcelliana, Brescia 1981.
– J.R.Brockman, “Oscar Romero. Fedele alla parola”, Cittadella Editrice, Assisi 1984.
– Ettore Masina, Oscar Romero, prefazione di Leonardo Boff, Edizioni Cultura della Pace – San Domenico di Fiesole (FI), 1993
– Ettore Masina, “L’Arcivescovo deve morire. Monsignor Romero e il suo popolo”, ed. del Gruppo Abele, 1996.

VIDEO

CERIMONIA DI BEATIFICAZIONE:

OMELIA CANONIZZAZIONI 14 OTTOBRE 2018: