Un’estate ricca di partenze missionarie, l’estate 2022, in cui decine di giovani della diocesi di Modena-Nonantola hanno deciso di trascorrere qualche settimana accolti da realtà missionarie nel mondo.
È questo il caso del nostro gruppo formato da 8 giovani dai 18 ai 31 anni con un sogno nel cuore: l’Ecuador. Siamo Cecilia, Davide, Eleonora, Emma, Francesco, Laura e Marco, accompagnati da Davide Muradore, con alle spalle un’esperienza di un anno come servizio civilista (con Cefa onlus) proprio in questi luoghi.
La pandemia ha rimandato la partenza per due anni, anni in cui però non sono mancati momenti di incontro e preparazione per questa esperienza che confidavamo prima o poi sarebbe arrivata. Il 7 agosto siamo dunque partiti per il primo campo organizzato dal Centro Missionario Diocesano modenese a Lago Agrio nella regione amazzonica di Sucumbios.
Qui siamo stati accolti dai padri missionari della Consolata, Stephen e Americo, che in queste tre settimane ci hanno guidato alla scoperta di alcune delle realtà che costituiscono parte dell’essere Chiesa in un territorio come quello amazzonico.
Molte sono le bellezze e allo stesso tempo le contraddizioni che fin da subito questa regione ci ha mostrato. Complesse e diversificate sono le tematiche affrontate giorno dopo giorno: la contaminazione ambientale da parte di aziende petrolifere internazionali, le attività di accoglienza dei migranti venezuelani e colombiani di passaggio per Lago Agrio portate avanti dalla Caritas locale, il supporto di Cefa alle piccole e medie associazioni locali di agricoltura e soprattutto la conoscenza delle comunità indigene presenti nelle parti più periferiche a confine con la Colombia.
“È giusto avere aspettative, ma non sogni; i sogni non esistono in missione. Il sogno si crea ma con la realtà che si incontra. Per prima cosa è importante stare. Stare con le persone, stare con la natura. Stare.” Queste le parole di padre Stephen di fronte ad una realtà colpita da mille ingiustizie che molte volte ci ha posto di fronte a tanti interrogativi spesso senza risposta.
Difficile non poter fare niente e stare a guardare una Natura troppe volte derubata e contaminata dall’uomo e con essa i disastri causati a migliaia di famiglie che vivono di questa terra.
Sorprendente il modo in cui le popolazioni indigene resistano, continuando a vivere in questi luoghi, nonostante i pericoli e le sfide che quotidianamente sono costretti a superare. Un’enorme resistenza e resilienza che ci ha fatto riflettere su quanto davvero sia fondamentale la loro presenza là e quanto tutto sia interconnesso. Sconvolgenti le parole di Donald della Udapt (Unión de afectados por Texaco) che ci dimostrano un grande amore per quella che davvero è la Terra di tutti noi: “Noi qui restiamo e lottiamo non solo per noi e per i nostri figli ma per ognuno di voi”.
Questa esperienza è stata per ognuno di noi una possibilità per aprire gli occhi su una realtà differente dalla nostra e prendersi il tempo necessario per scoprire e contemplare i tanti piccoli gesti, le attenzioni e tutti quei dettagli che rendono prezioso il lavoro delle tante persone che abbiamo incontrato lungo il nostro cammino. Come ci ha detto Padre Stephen nei primi giorni infatti: “In Amazzonia voi non necessitate di riempire un’agenda, ma di un periodo di decompressione. La bellezza sta nei dettagli e i dettagli per essere colti hanno bisogno di tempo: non solo di essere visti ma di essere contemplati. Quando vedete una scimmia, fermatevi qualche minuto ad osservarla, così come quando vedete una farfalla. Se siete insieme fermatevi anche a discutere del colore, della bellezza e di tutto quello che vedete intorno a voi”.
Eleonora Maccaferri e Davide Tollari