Siamo davanti alla Grande Salle dell’ospedale. È tutta mattina che suor Celestine insieme a Debora allestiscono la sala – solitamente usata per i corsi di formazione e aggiornamento dei dipendenti – per farne una cappella. Un tavolo con una splendida tovaglia bianca ricamata per l’altare, l’ambone della cappella di casa, la tradizionale Madonna malgascia con bambino e per l’occasione abbiamo tirato fuori anche una statua di San Giuseppe con bambino, rigorosamente di legno anche lei. Tutto è stato abbellito da stoffe colorate e fiori e fiocchi rosa, persino le finestre. È tutto bellissimo.
Siamo fuori, sulla soglia. Io, Manu, la Toky un po’ agitata, forse per il caldo, forse l’emozione – chissà – suor Celestine sua madrina di battesimo venuta appositamente per lei da Antananarivo e don Simone da Manakara.
“Iza no anarana tianareo homena ny zanakareo?”
“Ludovica Toky”
“Inona no angatahinareo amin’ny Eglizin’Andriamanitra ho an-dRa Ludovica Toky?”
“Ny Batemy.”
Due domande e tutta la stanchezza e la frenesia accumulate in questa settimana di preparativi sono sparite per lasciare spazio al realizzare quello che stavamo facendo. Stiamo chiedendo il Battesimo per nostra figlia Ludovica Toky. Siamo emozionati, sarà lei a ricevere il Battesimo eppure non riusciamo a trattenere la gioia. Mentre percorriamo la navata della sala sorridiamo a destra e sinistra e mi ritorna in mente la camminata verso l’altare di un anno e mezzo fa: separati, ma accompagnati dai nostri genitori e pronti ad accoglierci reciprocamente davanti a Lui. Tutto intorno c’erano i nostri amici e i nostri parenti. Oggi camminiamo l’uno accanto all’altra e insieme accompagniamo nostra figlia all’altare perché il Signore la possa accogliere tra le sue braccia. Tutto intorno ci sono i dipendenti dell’ospedale con le loro famiglie, qualche malato e alcuni bimbi del villaggio. Le situazioni e le circostanze hanno la capacità di cambiare tanto, ma le emozioni che proviamo sono ugualmente forti ed intense.
I parenti e gli amici dall’Italia però non sono mancati neanche questa volta. Abbiamo avuto la fortuna di avere con noi i genitori di Manu, venuti a trovarci in queste vacanze di Pasqua per scoprire e conoscere il Madagascar e per incontrare di persona loro nipote. In più grazie all’aiuto di Cecilia e Massimo siamo riusciti ad installare un webcam per un collegamento in diretta così che anche i lontani potessero seguirci non solo con il pensiero e la preghiera, ma potessero provare a gustare un po’ della felicità che si respirava in quella sala, anche se attraverso uno schermo.
Forse l’odore non è arrivato fin là, ma le voci di Brunelle e Nirinasoa che guidavano il coro sicuramente si sono fatte sentire. Lavorano per l’ospedale, una in casa delle suore e l’altra come infermiera dagli adulti, ma entrambe fanno parte del coro della parrocchia di Ampasimanjeva. A inizio settimana avevamo chiesto loro una mano per decidere i canti e pensare alla liturgia: hanno accettato con piacere. Ma il piacere e lo stupore maggiore sono stati nostri quando il giorno dopo abbiamo chiesto loro quando potevamo incontrarci per scegliere insieme e loro avevano già pensato a tutto. Ai canti, ai balli liturgici, ALLE LITANIE (chi ci ha seguiti sa che sono state lunghissime, ma ora sappiamo che la Toky è ben protetta e custodita), alle preghiere, non avevano tralasciato nulla: la messa è durata circa due ore quindi direi che c’era proprio tutto e anche di più!
Tra le preghiere e i canti abbiamo inserito anche qualche cosa nella nostra lingua per permettere agli italiani –presenti e non- di partecipare anche loro. Cogliamo l’occasione per ringraziare i bisnonni Paolo e Giuliana, la zia Carla e i cuginetti Olivia e Vittorio per aver affidato Ludovica al Signore insieme a noi e avere pregato per lei.
Siamo accanto all’altare, al centro dell’inquadratura della telecamera, davanti agli occhi di tutti ed in particolare davanti a quelli di Dio. Dopo la benedizione dell’acqua facciamo tutti insieme la professione di fede. La nostra porta una voce in più, quella di Ludovica e sento una forza diversa nel rispondere rinuncio e credo. Mentre leggevamo il rito in malgascio insieme a Don Simone per prepararci ricordo che ci ha detto che lei non può professare la sua fede perché ancora non parla e quindi siamo noi genitori ad avere l’onore di prestarle la voce.
Dopo essere stata battezzata con l’acqua santa ricevi la veste bianca. È arrivata apposta per te dall’altro emisfero e, oltre ad avere il tuo nome ricamato, porta sul petto anche la croce di San Geminiano in rappresentanza della comunità a cui appartieni e che ti ha mandata. Ora è il momento di accendere la candela. La passo alla Celestine e mi guarda storto: la capisco, non è la classica candela bianca stretta e lunga, ma una candela bassa, marroncina e anche un po’ larghetta. Così le spiego che forse non sarà bellissima da vedere, ma è la candela che il vescovo Erio ci aveva consegnato quando alla veglia di pentecoste dell’anno scorso abbiamo ricevuto il mandato missionario. Ci sembrava la candela più adatta.
È finita la messa e ora sei ufficialmente Zanakan’Andriamanitra (figlia di Dio). Dopo aver ballato tanto durante la celebrazione per ringraziare il Signore è arrivato il momento di fare festa tutti insieme: l’altare lascia spazio ai tavoli con cibo e bevande per tutti. La nonna ha pure fatto una torta apposta per te, ma tu non l’hai vista: sei stata fin troppo brava a resistere fino alla fine della messa e alle foto con tutti che ti volevano prendere in braccio che dopo aver mangiato, ti abbiamo concesso una tregua insieme al nonno. Noi abbiamo continuato a ballare insieme a tutti e alla fine ci siamo messi di nuovo sulla porta della Grande Salle: questa volta però è stato per ringraziare uno ad uno le persone che sono venute al battesimo e che con la loro presenza hanno arricchito questa giornata preziosa che custodiremo per sempre.
Manu, Terri e Ludo-Toky