Arrivare il Sri Lanka è come entrare in una grande serra. Una serra di quelle molto grandi e che sono piene di cose da vedere, dove l’aria è più pesante e quasi vorresti uscire subito ma poi ci stai, giri, e più giri e guardi e più quell’aria pesante che sentivi all’inizio diventa parte di te, ti avvolge e alla fine finisce che non vorresti uscire più da quella serra. Ecco il viaggio in Sri Lanka è stato così. Parti e non sai cosa potresti trovare, noi non c’eravamo preparate e io neanche sapevo bene dove si trovasse lo Sri Lanka prima di prenotare questa missione.
Poi arrivi, vedi le suore che ti aspettano e che ti riconoscono perché hanno ricevuto una foto di te e sanno chi cercare, mentre tu no, non lo sai ancora cosa devi cercare e cosa vedrai. E poi finisce che in un batter d’occhio ti trovi nella vita di queste persone e in poco tempo ti senti subito a casa.
Puoi partire con tante idee sulla vita che farai e che sarà a contatto con dei bimbi che non hanno la possibilità di sentirti e di parlare con te in modo “canonico” però no, alla fine le idee che ti sei fatto non sono mica come vedi le cose intorno a te. Vivere nella comunità delle suore Figlie della Provvidenza per i sordomuti a Waikkal è come vivere in mezzo alla foresta: verde tutto intorno, pace, rumori di animali che mai avevi sentito prima e sguardi silenziosi che però dicono più di mille parole. Le giornate sono scandite dalla scuola, proprio di fronte a casa, dove le insegnanti e le suore ti aspettano a braccia aperte e dove i bimbi, dal giorno zero, si avvinghiano a te e non vedono l’ora di giocare. Presto impari che il modo di comunicare è più intenso, non ti puoi perdere neanche uno sguardo, devi imparare ad attendere, a metterti in ascolto, soprattutto con gli occhi, e devi allenare mani, occhi, dita e tutti i sensi possibili per rispondere, per capire, per ascoltare. E poi finisce che vorresti stare lì minuti, ore, giornate a guardarli comunicare e ti sembra di non aver mai comunicato così tanto bene con nessuno.
Pensi che sentirai tanto silenzio, ed in effetti è così, il silenzio diventa parte della tua quotidianità e scandisce le tue giornate; ma poi te ne accorgi al primo weekend che i bimbi tornano a casa che la casa in cui hai vissuto con loro tutta la settimana si permane di un silenzio diverso. È un silenzio più silenzioso, vuoto. E così capisci che il silenzio che vivi insieme ai bimbi è un silenzio molto più rumoroso, forse anche più rumoroso di tante conversazioni e parole lanciate a mezz’aria. Perché è un silenzio vivo, un silenzio in cui ci stai dentro e ci vivi e che si riempie di tanti gesti che riempiono tutto lo spazio che trovano e che poi ti lasciano piena di cose, così tante cose che non sai da dove partire e che poi come farai a portarti tutte queste cose a casa non lo sai.
Arrivare in Sri Lanka è prima di tutto un viaggio dentro sé stessi, parti con qualche idea e torni con tante consapevolezze. Parti e impari a stare con loro: non a fare, non a dire, non a mostrare…semplicemente stare. Stare nelle ore di compiti in cui anche se finisci di fare il tuo lavoro devi aspettare che finiscano tutti. Stare sotto le ore più calde per pulire il giardino e raccogliere tutti i frutti che dona e che se ti chiedono se vuoi riposarti perché sanno che non sei abituato a sforzarti così tanto e con così tanto caldo tu no, vuoi stare lì con loro, non vuoi riposarti, perché vuoi essere tu a adattarti alla loro vita e non vuoi che siano loro ad adattare la loro per te. Stare in tutte le cose così immensamente diverse e così profondamente simili, di quelle che ti fanno pensare a quanto è bello andare lì senza avere nessuna presunzione ed essere l’ospite che guarda e cerca di imparare, perché da imparare forse ne avremmo bisogno prima di tutto noi che invece pensiamo di essere sempre arrivati ma che forse non siamo arrivati mai.
Arrivare in Sri Lanka ti fa dire che forse non vorresti tornare, perché hai paura di dimenticare, hai paura di tralasciare, hai paura di rimmergerti in un caos che non riesci più a gestire perché ormai vorresti ritrovare quel silenzio tutti i giorni, tutto il giorno. È difficile spiegare cosa hai fatto, diventa ancora più difficile provare a spiegare cosa hai vissuto. Poi cerchi di respirare, di ricordare i colori, gli occhi, i sorrisi, quei piccoli versetti che sentivi ogni qualvolta qualcuno provava a parlottare e sai che rimane tutto dentro di te, che da qualche parte tutto quello che hai vissuto sta lavorando e facendo la sua parte e che domani continuerai a fare la tua vita, continuerai a non saper spiegare cosa hai vissuto e cosa hai fatto, ma in fondo dentro di te la risposta la sai: hai vissuto, hai vissuto a pieno. Ecco cosa sei andato a fare in missione in Sri Lanka.