Il 5 agosto siamo partite, insieme a un gruppo di Rimini, per lo Zimbabwe: destinazione All Souls Mission, la missione dove la dottoressa modenese Luisa Guidotti ha operato per dieci anni. Al nostro arrivo la sera ci hanno accolto la terra sabbiosa e il primo tramonto africano e il giorno seguente, durante il giro della missione, i grandi sorrisi, i saluti gioiosi e gli abbracci di tanti abitanti. Dopo quel primo giorno di conoscenza abbiamo instaurato la nostra routine: al mattino dipingevamo le pareti dell’orfanotrofio, mentre al pomeriggio giocavamo coi bimbi e poi spesso ci arrampicavamo su una roccia per contemplare insieme il tramonto.
A ognuno di noi ha colpito ed è rimasto impresso qualcosa di diverso in questo viaggio: la lanterna che Luisa usava per attraversare di notte il villaggio al buio ed andare a visitare i pazienti, ancora conservata nella casa dei visitors, dove noi alloggiavamo; le macchinine costruite dai bimbi, fatte dai cartoni del latte o dei succhi di frutta, usandone i tappi come ruote, con cui facevano le gare fra di loro lungo i vialetti del villaggio spingendole con un bastone; la disponibilità di Rosemary, mamma di sette figli e anche nonna, nel mostrarci i suoi campi solitamente rigogliosi, ma ora completamente secchi a causa della grave siccità dell’ultimo periodo …
Un episodio che a me rimarrà sempre nel cuore è stato un momento coi bimbi durante uno degli ultimi giorni lì, un momento non pianificato o organizzato, in cui abbiamo cominciato a saltare e cantare e ridere tutti insieme… Ripensandoci adesso credo che ciò che lo ha reso così speciale sia stato proprio quel ridere assieme, per niente scontato: se ridi significa che ti capisci, che hai confidenza, e, anche ricordando i primi giorni, in cui comunicare non era facile, l’ho sentita davvero come una grande conquista.
E’ difficile spiegare a parole il bene che questo viaggio mi ha fatto : è stato un grandissimo dono, per cui posso solo dire “maitabasa” (= “ grazie” in shona, la lingua locale).