In viaggio, ma senza fretta – Debora in Madagascar

Mi fermo a pensare a cosa è successo in questo mese in Italia, penso alle giornate qui, a come sono state riempite: da persone, incontri, amici rivisti, sentiti, con la voglia di stare insieme e raccontarsi ciò che si vive e si è vissuto; penso a cosa è successo all’anno in Madagascar, penso a come sono state riempite le giornate là: da persone, incontri, voglia di stare insieme, e raccontarsi cosa si vive e si è vissuto (con un po’ più di fatica, soprattutto all’inizio a causa delle lingue diverse e della poca conoscenza). Questo è ciò che accomuna, collega, riempie, da valore a ciò che l’Italia e il Madagascar sono per me; luoghi di vita grazie alle persone che ho incontrato. Sono serena nel percepire che una cosa in comune c’è, ed è ciò che in questi anni mi ha più arricchito e fatto crescere: il tempo dato alle relazioni, ascoltarsi, raccontarsi, darsi valore.

Poi è inevitabile accorgermi anche delle diversità, della fatica che ho fatto per incontrare alcune persone perché insieme alla voglia di vederci c’erano comunque tanti impegni, tra lavoro, famiglia, amici e mille altre cose. Penso a come in Madagascar la vita è più in cammino giorno dopo giorno, dove quando si prova ad organizzare qualcosa spesso ci sono cambiamenti di programma, a causa della macchina che si rompe, della tanta pioggia che scende e rovina le strade, dell’impiegato che non trovi negli uffici quando devi fare qualche cosa burocratica e se domandi dov’è la risposta è: “arriva tra un po’” e allora ti metti ad aspettare non sapendo quante ore o giorni ti serviranno; cose impensabili o che succedono raramente in Italia e che quando accadono ci fanno andare (a me per prima), giù di testa. Penso alla frenesia che ho visto in questi giorni, quando sono passata in qualche ospedale o ufficio, normale anche per me quando ero in Italia; alla paura di non avere mai abbastanza tempo e innervosirsi per le attese. E poi penso alle lunghe file che si creano davanti all’ospedale di Ampasimanjeva ogni giorno, alle persone in attesa della visita medica, e alla loro calma, ai bimbi sdraiati in terra che dormono su una stuoia, o legati alla schiena della mamma, mentre aspettano. Penso alle Messe domenicali della mia piccola Parrocchia di montagna a cui ho partecipato in queste domeniche e alle messe in Madagascar, dove solo parroco e chierichetti sono molti di più rispetto a tutte le persone che partecipano qui.

Penso a quanto il ritmo di vita delle persone malgascie mi è entrato dentro e di come nel lavoro, nella preghiera, nella quotidianità non vince la fretta, l’efficienza, il voler aver ragione ma la voglia di celebrare la vita insieme.

Grata di come queste differenze non siano il centro nella mia vita e di rendermi conto che ogni posto ha le sue ricchezze, riparto, con tanta voglia di spendere tempo nello stare a guardare volti, sguardi, sorrisi e di vivere le diversità con la consapevolezza che Dio ama ciascuno e ci chiede di essere fratelli, ognuno diverso, ognuno speciale.