Un incontro che nasce dall’ascolto reciproco

Domenica 9 giugno, presso la moschea in via Portogallo, giovani cattolici e musulmani si sono incontrati per uno scambio di riflessioni sul tema del digiuno come pratica spirituale.
L’incontro, realizzato grazie alla collaborazione tra l’Ufficio diocesano di animazione missionaria e l’Ufficio diocesano per l’ecumenismo e il dialogo interreligioso, ha visto la presenza, per la parte cattolica, di un gruppo di giovani legati al centro missionario e alcuni scout del gruppo Modena 4, mentre per la parte musulmana dei giovani PSM (Partecipazione e Spiritualità Musulmana).
Idriss Bakari e Adil Laamane, rispettivamente imam e presidente dell’associazione Casa della Saggezza, Misericordia e Convivenza, hanno presentato la spiritualità legata al digiuno nel periodo del mese sacro del Ramadan, da poco concluso, mentre da parte cattolica è stato don Federico Pigoni, vicario per la pastorale della diocesi di Modena– Nonantola, a parlare del digiuno quaresimale. Tra le due esperienze di digiuno sono tante le differenze, ma la cosa che ha colpito di più tutti è stata la quantità di aspetti in comune. Il più evidente è considerare il digiuno una palestra per lo spirito, ovvero un periodo in cui allenarsi a evitare atteggiamenti, pensieri, parole, abitudini che non fanno bene né a se stessi né agli altri, per essere in grado di impegnarsi a farlo anche durante il resto dell’anno.
L’ottima preparazione, la competenza e la chiarezza dei relatori hanno aumentato la curiosità sorprendente dei giovani, evidenziata dall’ascolto reciproco e dalle tante domande che sono sorte alla fine del dialogo.
Inoltre, nonostante per alcuni dei giovani cattolici fosse la prima volta in moschea, essere accolti con così tanto calore ed entusiasmo li ha fatti subito sentire a casa: quel posto in cui puoi stare seduto per terra in cerchio con i tuoi fratelli e amici, dopo aver lasciato fuori dalla porta scarpe, giudizi e paure; quel posto in cui bastano l’ascolto, il rispetto, la volontà di conoscersi a vicenda e l’affetto per stare pacificamente insieme. Proprio così: pacificamente.
Senza dubbio un incontro come questo contribuisce a costruire la pace, perché fa capire che nella diversità si possono ugualmente trovare aspetti in comune che uniscono, che creano ponti. Così è possibile imparare che la pace a volte è più facile del previsto: basta la semplicità con cui si sono incontrati portando loro stessi, la loro cultura, la loro fede, aperti e curiosi di scoprire chi è l’altro che si trovano accanto.
Per tutti questi motivi, in un tempo in cui si tende a lasciare che l’ignoranza e i pregiudizi dividano, l’augurio è che questo cammino di dialogo e di pace conduca tutti sempre più in profondità nella conoscenza reciproca e nell’amicizia.
Eleonora Bonora

Pubblicato su Nostro Tempo del 23 giugno 2019

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