Nell’agosto scorso, alla vigilia del suo ritorno in Messico, Lucia Leonardi, missionaria saveriana originaria di Fiorano (Modena) ci ha comunicato qualcosa della sua esperienza.
“Sono stato fanciullo, ora sono vecchio,
e non ho mai sentito che il giusto sia stato abbandonato”
(Sal 37,25)
Non avevo ancora vent’anni quando ho sentito la chiamata del Signore per l’ideale missionario. Altre giovani della mia parrocchia mi avevano preceduta fra le missionarie di Maria, per cui il cammino fu relativamente facile, con l’aiuto dell’Arciprete.
Sognavo l’Africa e a questo scopo mi ero preparata con un diploma in taglio e cucito, che mi abilitava a insegnare in un eventuale centro per la formazione della donna. Anche il catechismo dei bambini era uno dei miei sogni da realizzare in Africa.
Ma le vie della Provvidenza trentasette anni fa mi hanno condotto in Messico, in un popolo ricco di fede e cultura. Il diploma di taglio e cucito mi è servito e, per vari anni, ho insegnato il catechismo, ma il servizio che mi è stato chiesto è stato quello di accompagnare le giovani messicane che entravano nella nostra Famiglia, servizio non facile ma appassionante, che mi ha offerto tante possibilità di amare e di servire, e di ricevere amore e servizio.
Ho lavorato nella periferia di Guadalajara, partecipando al cammino delle comunità ecclesiali di base, allora fiorenti: questo mi ha aiutata ad uscire da me stessa e a rendermi conto dell’ingiustizia, della povertà della gente.
Ora dedico parte del mio tempo alla “Pastorale della salute”, visitando persone ammalate o avanzate in età. Molte fra loro mi edificano. Penso a Laura, 45 anni, da sei prostrata nel suo letto di dolore per una sclerosi multipla: si esprime con il viso e il suo sorriso accogliente. Penso a Felix, anziana e sofferente a causa di un severo diabete. Penso a Ubaldo quando mi ha detto che non credeva più in Dio, ma che ora sentiva di credere di nuovo e con rinnovata speranza…
Piccoli gesti e umili presenze ma che mi fanno pensare a Matteo 25: “Avevo fame, avevo sete, ero ammalato… e mi avete dato da mangiare, da bere e mi avete visitato… Lo avete fatto a me”. E il cuore trabocca di gioia e di un’immensa gratitudine. Al contempo, anche per me la missione è stata il luogo dove il Signore mi ha sfamata, dissetata, rivestita: nel popolo messicano ho incontrato la cordialità, l’accoglienza, il dare importanza alla persona, il saper quasi indovinare le tue necessità, la gioia, la festa.
A settantacinque anni compiuti, le forze sono diminuite, ma non è diminuita la gioia, è aumentata semmai la riconoscenza, per il dono della vita, della vocazione, della missione. Sento profondamente vera la frase di S. Guido Maria Conforti, che nella Lettera Testamento dice: “Il Signore non poteva essere stato più buono con noi!”.
Vorrei, negli anni che mi restano, essere una presenza serena, fraterna. Mi hanno chiesto di nuovo di tornare in Noviziato, perché ho conosciuto il Padre e la Madre. Considero un privilegio aver vissuto con loro e sono contenta di poter restituire il molto che ho ricevuto, non tanto a parole ma come presenza, qualcosa che sale dalla pienezza del cuore e che si è ricevuto gratuitamente.