Raissa, Alain, questi sono nomi di ragazzi che ci hanno accompagnato nel nostro cammino in Ciad.
Che cosa abbiamo fatto? Siamo stati ventitré giorni in Ciad quest’estate e quando ci chiedono cosa abbiamo fatto non sappiamo mai cosa rispondere. Noi non abbiamo fatto niente. Non abbiamo costruito pozzi o scuole o ospedali, non abbiamo salvato bambini denutriti in punto di morte, non abbiamo insegnato loro le tabelline. Non abbiamo fatto nulla di tutto ciò. Per come intendiamo noi il “fare”, noi non abbiamo fatto nulla. Ma una cosa c’è, ben più difficile che costruire pozzi o insegnare ai bambini, una cosa noi abbiamo fatto, o perlomeno provato a fare e, lo ammettiamo, non sempre riuscendoci: ci siamo fatti da parte.
Vivere con e come loro. Questo è stato lo spirito che ci ha accompagnati nel nostro viaggio nell’incontro con le comunità cristiane.
Con i ragazzi abbiamo condiviso tutti i momenti della vita quotidiana, dal cucinare insieme al visitare il mercato, al partecipare ai momenti di preghiera insieme alla comunità.
Oltre ad una valigia piena di stoffe colorate, ci siamo portati a casa un bagaglio pieno di una nuova consapevolezza di vivere la vita sotto altri punti di vista.
La nostra società ci ha abituati ad avere un ritmo veloce in cui ci si dimentica di dedicarsi al nostro prossimo privilegiando il guadagno economico.
Perciò, la domanda corretta da porre ora, non è più: “che cosa avete fatto voi la?” bensì diventa: “che cosa possiamo fare noi qui?”.