Un monaco colombiano, giá molto avanzato d’etá, recentemente confessava: Per tutta la vita ho cercato Dio, l’ho cercato soprattutto nella contemplazione. E pregando, Dio mi diceva: “Cercami in mezzo alla gente, in mezzo alle difficoltá, alle speranze e ai grandi gesti d’amore dei piccoli!”.
E cosí mi veniva in mente la signora Olivia, che ospita gli incontri dei bambini afro nel quartiere Puerta al Llano. E’ mamma di 8 figli, con vari nipoti. Vive in casa con il figlio piú giovane che soffre di problemi psichiatrici e con il marito quasi paralizzato, che ogni giorno sporca il materasso del letto. In Italia giá da un pezzo l’avrebbero portato a una casa di cura per anziani, oppure avrebbero assunto una badante, ma questo è un lusso che qui solo i piú ricchi possono permettersi.
Aveva una lavatrice ma si é rotta, e con i pochi soldi che le danno i figli riesce a comprare il pane quotidiano. Per spese extra (lavatrice nuova, medicine per il figlio, etc) non ci sono soldi, e ci si affida alla provvidenza. Io mi faccio riguardo a chiedere la sua collaborazione pastorale, ma la signora Olivia spazza via tutti i miei dubbi: “No, hermano, per me è una grande gioia poter fare qualcosa per la comunitá. Quando vedo la mia povera casa piena di bambini, che bevono un cioccolato caldo, mi si riempie il cuore”.
Ultimamente sta ospitando a casa sua anche il nipotino Liam, perché i loro genitori hanno avuto qualche problema. E allora, dove posso cercare Dio? Lo cerco nel sorriso di doña Olivia che, tartassata da molteplici problemi, continua a donare il suo tempo alla comunitá.
E poi c’è la signora Argelis. Vive con 3 figli. Il marito l’ha abbondonata anni fa. Praticamente porta avanti la famiglia da sola. Da un mese è senza lavoro. Oggi le hanno tolto il gas, perché non riusciva a pagarlo. In questo tempo di vacanze natalizie ha voluto mandare suo figlio Steven dal papá, nel quartiere Soacha, perché anche lui si faccia un po’ carico del figlio. Ma prima di mandare suo figlio a Soacha vorrebbe dargli qualcosa da mangiare. “Non preoccuparti, mamma, adesso non ho fame. E poi papá mi ha detto che quando andró lá mi offrirá qualcosa”. Poi Steven parte per Soacha, che è a circa un’ora dal quartiere Puerta al Llano. E’ la prima volta che Steven fa un viaggio cosí lungo da solo. Due ore dopo Argelis lo chiama per essere sicura che sia arrivato a destinazione sano e salvo: “Sia benedetto Dio. Steven è arrivato bene”.
E allora, dove posso cercare Dio? Lo cerco nella forza di resistenza di doña Argelis, che si fa in quattro per portare avanti la famiglia e, nonostante tante difficoltá, riesce a mantenere un clima di serenitá che fa crescere in maniera sana i suoi figli. Lo cerco nella bontá e nella delicatezza di Steven che, per non far preoccupare la mamma, finge di non aver fame.
La liturgia di questi giorni varie volte ci ha proposto il testo della fuga in Egitto: Giuseppe salva il Salvatore, proteggendolo contro la crudeltá di Erode. E riflettevo che Olivia e Argelis, con la loro fede, il loro amore e il loro impegno, stanno salvando il Salvatore, riescono a salvaguardare uno spazio per Gesú in mezzo a tanti problemi, e cosí riescono a garantire una vita sana e bella ai loro figli.
In realtá, tutti noi siamo chiamati a salvare il Salvatore, affinché Lui possa entrare nella nostra vita. E allora è questo il mio augurio per il prossimo anno: che in tutti gli ambiti in cui siamo chiamati ad operare riusciamo a salvare il Salvatore, a custodire e garantire uno spazio di bellezza e di umanitá nella nostra famiglia, nel nostro ambiente di lavoro, nella nostra societá, pur in mezzo a tante difficoltá e tanti ostacoli.
BUON ANNO!,
fratel Alberto