Cari amici, care amiche, un caro saluto!
Oggi riflettiamo sull’incontro al pozzo tra Gesù e una donna samaritana. È l’incontro tra un uomo e una donna, tra due culture, tra due popoli, l’incontro tra due maniere di cercare Dio e di vivere la relazione con Lui. Il simbolo del pozzo è importante, perché siamo tutti assetati, occorre che tutti ci aiutiamo ad attingere vita e senso per le nostre esistenze. Eppure questa diversità, invece di aiutarci, a volte può essere un ostacolo.
Io sono Padre Dario, missionario comboniano italiano che vive da circa 15 anni in Brasile. Come tutti i missionari faccio l’esperienza costante della frontiera come un pozzo, come il luogo di un incontro delle diversità. Ho partecipato – una grazia di Dio – al Sinodo dell’Amazzonia, e in questo Sinodo abbiamo celebrato e vissuto proprio la sfida della conversione culturale, dell’ascoltarsi e incarnarsi nella visione e nel modo di vivere dell’altro, questa sfida di entrare nel mondo dell’altro. Ricordo che, nello spazio celebrativo fuori dalla sala sinodale a Roma, ci sono stati molti momenti di preghiera guidati dai popoli indigeni. Come se fossero stanchi per il viaggio, affaticati, preoccupati dalle sfide che minacciano la vita dell’Amazzonia, questi popoli tutti i giorni si ritrovavano in preghiera, attorno al pozzo della Parola di Dio, della spiritualità delle diverse comunità, delle loro esperienze di vita. C’erano tanti simboli, i simboli della loro vita quotidiana, tracce del cammino umano di ricerca di Dio: acqua, frutta, reti da pesca, una canoa, i suoi remi, le immagini di martiri e di persone che hanno dato la vita in Amazzonia. Eppure, alcune persone troppo rigide e che vogliono ingabbiare Dio nei loro schemi culturali (come se Dio fosse europeo, oppure come se l’unico modo di rendergli culto fosse il rito cattolico romano) si sono inorridite, hanno gridato allo scandalo, addirittura hanno cercato di esorcizzare questi momenti di preghiera. Sarebbe come privatizzare il pozzo, costruire muri che garantiscono solo ad alcuni l’accesso all’acqua.
In Brasile abbiamo alcune malattie della fede che possono essere anche contagiose, non so se sono arrivate anche in Italia. Una è la spiritualizzazione della vita cristiana: la sfida della fede sarebbe quella di “salvare anime”, come ancora si dice, malgrado i corpi delle persone, della società e dell’intera creazione stiano soffrendo e gemendo sempre più forte. Un’altra sfida è l’irrigidimento: si cercano sicurezze, regole certe, modelli di appartenenza a cui obbedire; è come un regresso a un modello di Chiesa autoreferenziale, apologetico, una Chiesa che difende se stessa, che si considera l’unica proposta possibile per la società, tutto ciò che è diverso è come se spaventasse. Eppure, Papa Francesco nell’esortazione Querida Amazonia ci dice che identità e dialogo non sono nemici, che dobbiamo essere costruttori di ponti tra le diversità. Usa la bella immagine del sedersi alla tavola comune, che è un’immagine tanto cara a Gesù di Nazaret e tanto vicina all’immagine del pozzo della samaritana. Il Papa ci invita ad ascoltare la poesia dei popoli. Dice che in ogni cultura c’è del buono e che dobbiamo saper raccogliere questa bellezza e portarla a pienezza alla luce del Vangelo. Dice che lo Spirito Santo feconda ciascuna cultura e allo stesso tempo ogni cultura abbellisce la Chiesa quando dialoga con lei. Quindi non c’è un posto unico in cui troveremo Dio, né su questo monte né in Gerusalemme, ma in Spirito e Verità.
Siamo tutti stanchi per il viaggio della vita, molti problemi ci affliggono. In Brasile, per esempio, la vita è sempre più minacciata. Com’è importante allora sederci insieme al pozzo per ascoltare queste parole di Gesù, che ci rinfrescano, ci tolgono la sete, e possono addirittura trasformare pure noi in sorgenti di acqua viva.
Buona domenica di quaresima!