Partita per la prima volta nel 2005, Cecilia Pellicciari racconta, di rientro per qualche settimana dalla missione, la sua esperienza in Madagascar. Originaria di Colombaro, si avvicina alla realtà di “Volontari nel mondo, RTM” allora Reggio Terzo Mondo un po’ per caso. Infermiera presso l’USL di Modena mai avrebbe pensato di partire, lasciare la sua città e mettersi a servizio di una comunità tanto distante da quella in cui era abituata a vivere. Una scelta compiuta in età adulta quella di Cecilia, non comparabile alle partenze dei tanti giovani che partono in missione una volta terminati gli studi, spesso dettate dalla voglia di conoscere il mondo. Cecilia parte, dopo un primo periodo di discernimento e riflessione circa le varie possibilità che la rete di Reggio Terzo Mondo offre ai volontari in partenza: la scelta del progetto ricade sull’ospedale di Ampasimanjeva, nel sud del Madagascar.
Scelta apparentemente logica, data la sua esperienza quale infermiera, se non fosse che non lo ha mai esercitato una volta giunta là; la necessità in quel momento della comunità e dell’ospedale era una persona che potesse gestire e amministrare l’intera struttura ospedaliera. Dopo un precedente servizio all’interno di un progetto di lotta alla tubercolosi nel 2011, Cecilia si mette dunque a disposizione per questo nuovo compito. Un lavoro, che come lei stessa ci racconta, non sarebbe stato possibile se non grazie ad un continuo confronto tra le tante realtà che ruotano attorno all’ospedale. Cecilia sottolinea quello che è lo spirito con cui la Diocesi di Reggio promuove i tanti progetti nel mondo: considerare la missione quale espressione della Chiesa locale. Nello specifico, la realtà reggiana di “volontari nel mondo RTM” nasce su intuizione del fondatore delle Case della Carità, con l’idea di offrire ai preti e alle suore in missione un supporto di missionari laici che possano apportare un aiuto tramite le proprie competenze. L’idea di fondo per ogni progetto è quello di una sua sostenibilità nel tempo; per questo motivo negli ultimi anni si è pensato ad una transizione ad una gestione locale dell’ospedale, per ora quasi interamente supportato dalla rete di RTM e del Centro missionario di Reggio Emilia. Cecilia sottolinea la grande importanza di questa scelta anche in un’ottica di lotta alla corruzione, fortemente presente all’interno delle strutture sanitarie del Paese (più del 70%) e di responsabilizzazione del personale, oramai totalmente locale garantendo loro un lavoro stabile e duraturo. Questo progetto rientra in un quadro più generale di cooperazione allo sviluppo in cui si sta cercando di allontanarsi sempre di più da logiche assistenzialiste ed emergenziali, per avvicinarsi a progetti che siano strutturati e sostenibili nel tempo dalle comunità stesse.
Pensando ai giovani, Cecilia esorta tutti a lasciarsi andare! Ce lo dice con un grande sorriso e le braccia spalancate: affrontare la vita e sfruttare le opportunità che anche il nostro Paese mette a disposizione per poter fare un’esperienza di volontariato all’estero (ricorda la possibilità di fare Servizio Civile Internazionale). Lasciarsi stravolgere da esperienze che permettono ad un giovane, una volta tornato a casa, di leggere la propria realtà con una maggiore consapevolezza.
Infine riflettendo sul ‘cosa vuole dire essere missionari oggi’, Cecilia afferma: “ non si può essere missionari da soli, ma bisogna sempre essere in relazione e contatto, tanto con chi ti manda dall’Italia, quanto con le realtà a cui vieni destinato. Bisogna essere sempre disponibili al confronto, anche a ‘perdere tempo’ a volte a raccontare quello che sta succedendo. Oggi è molto più facile di un tempo comunicare quindi non lasciamo che l’esperienza missionaria sia una cosa personale, ma di comunità”.
Eleonora Maccaferri