Le parole di Gesú
“Le parole che hai dato a me io le ho date a loro” (Gv 17,8).
Le parole di Gesú sono vere. Una parola ‘vera’ ha una sua forza intrinseca, che produce effetto e fa quello che dice. Ad esempio, “- Sia Luce – disse Dio, e la luce fu” (Gen1,3). Nella nostra bocca, invece, a volte la parola degenera in ‘paroleria’, come si direbbe in spagnolo: diciamo una cosa e poi ne facciamo un’altra.
La Parola di Dio è molto diversa: Dio ci dona delle parole ‘vere’ che riempiono di luce e bellezza la nostra vita. Ad esempio, “Il Signore rialza chiunque è caduto”, dice il salmo 144, e quando arriviamo alla fine del versetto sentiamo che il Signore ci sta davvero sollevando, perché queste parole Gli escono dal cuore; e ripetendo questa frase durante la giornata sentiamo una pace e un conforto che non ci abbandonano.
E ancora, “Lazzaro, vieni fuori!”, esclama Gesù. “E il morto usci” (Gv 11,43-44). La parola vera di un amico ci resuscita, ci ridona vita e speranza.
Gesú è sceso sulla Terra per donarci le parole ricevute dal Padre, parole che ci parlano di perdono, di amore fraterno, di impegno per la pace, di sete di giustizia, etc. Grazie, Padre, per tutte le parole che hai dato a Gesù. E grazie, Gesù, per tutte le parole che hai dato a noi, perché queste parole continuano a infonderci forza, entusiasmo, speranza, pace.
La Prima Assemblea Ecclesiale Latinoamericana
Fra tutte le parole che Gesú ci ha donato, voglio adesso sottolinearne due: ‘pace’ e ‘giustizia’.
Alla fine di quest’anno, si realizzerá la Prima Assemblea Continentale della Chiesa Latinoamericana. E’ un evento storico, fortemente voluto da Francesco. Finora nel nostro continente si sono realizzate Assemblee continentali per vescovi. Questa sará la prima Assemblea continentale cui è invitato tutto il popolo di Dio: vescovi, sacerdoti, religiosi e religiose, laiche e laici. Il Documento in preparazione all’Assemblea ci ricorda profeticamente che “la proposta missionaria di Gesú Cristo è comunicare una vita piena per tutti” (45). Questa proposta “si concretizza nell’opzione preferenziale per i poveri, che ci spinge ad affrontare la sfida della miseria e dell’esclusione, e a trasformare le strutture, soprattutto quelle che causano ingiustizia” (46).
Quindi, la ‘giustizia’ e la ‘pace’ sono le due parole di Gesú che piú spesso risuonano, direttamente o indirettamente, in questo Documento. Fra le realtá che ci interpellano, emerge quella di “un modello economico e sociale che si ritorce contro l’essere umano. Il nostro attuale sistema economico mette in pericolo le fondamenta della vita e di una convivenza umana, giusta e pacifica sul nostro Pianeta” (10). E quindi si sottolinea che “impegnarsi per la giustizia” implica lottare contro le “cause strutturali della povertá e della disuguaglianza… e contro la negazione dei diritti sociali” (13).
Cosa succede in Colombia?
Questo Documento fu scritto molto prima che iniziassero le proteste in Colombia, e credo che sia la migliore risposta a quella domanda che tanti amici mi fanno: Cosa sta succedendo in quel paese? In Colombia non si erano mai viste manifestazioni cosí grandi che si svolgono contemporaneamente in tante cittá. I guerriglieri della FARC e dell’ELN non hanno mai avuto il potere di convocare tante persone: non sono loro, come vorrebbe farci credere il presidente Duque, ad aver spinto tutta questa gente a manifestare pubblicamente il suo dissenso e la sua sofferenza. La Colombia è il secondo paese del Continente (e il settimo nel mondo) per disuguaglianze interne. Perció, quando il presidente Duque presentó la legge della ‘riforma’ tributaria, che aumentava le tasse per la grande maggioranza della popolazione, mentre proteggeva le grandi imprese e i grandi capitali, è stata solamente l’ultima goccia che ha fatto traboccare il vaso di un malcontento che covava da anni. Certo, infiltrati possono esserci e ce ne sono sempre ovunque, ma possono spiegare, al massimo, il 3-4% del fenomeno cui stiamo assistendo. In realtá i manifestanti, in gran parte giovani, stanno gridando il loro diritto al futuro. Ed è un grido che sta risuonando in tutta l’America Latina. Ad esempio, l’Associazione delle nazionalitá Indigene dell’Ecuador, la Confeniae, ha scritto: “Esprimiamo la nostra solidarietá al popolo colombiano. Questa congiuntura dell’America Latina ci chiama a stare in una posizione di allerta davanti al Piano del nostro Governo Ecuatoriano, che ha giá dato i primi indizi di quello che ci attende aumentando il prezzo della benzina e di tutti i trasporti pubblici. Dobbiamo tenerci pronti a resistere alle nuove misure che il sistema neoliberale ha in cantiere”.
I manifestanti, fra le altre cose, chiedono la democratizzazione della polizia, che continua ad usare metodi brutali. Questa democratizzazione è stata richiesta due anni fa anche dalla Corte Suprema di Giustizia colombiana, ma il Governo ha fatto orecchi da mercante. Inoltre i giovani chiedono che si smetta di uccidere i leader dei movimenti sociali, che si istituisca un redito di cittadinanza per quella grande fetta di popolazione che vive nella povertá estrema, e che si permetta a tutti l’accesso all’Universitá. Gli studenti chiedono anche che si freni la voracitá dell’industria estrattiva, che ha diffuso la pratica del ‘fracking’ in varie zone del paese, contaminando l’ambiente. Insomma, i giovani stanno chiedendo un nuovo modello di economia, che metta al centro la vita degli esseri umani e la vita della Natura.
Per quanto riguarda i dati su ció che è effettivamente avvenuto in queste tre settimane di sciopero nazionale, devono essere aggiornati di giorno in giorno. Mentre scrivo, si contano 50 giovani uccisi (presumibilmente dalla polizia), 80 desaparecidos, 87 vittime di violenza di genere, 82 difensori dei Diritti Umani aggrediti, 500 persone ferite dalle forze dell’ordine, 850 denunce di abuso della forza da parte della polizia. A Popayán, nella regione del Cauca, due ragazze minori di etá sono state violentate da quattro poliziotti, e una delle due si è suicidata.
Davanti a tutto ció, il presidente Duque non è ancora riuscito a dire una parola chiara sulla violenza della polizia né ad esprimere un dolore profondo per i 50 giovani uccisi. Di fatto, il Governo ha risposto ad una protesta pacifica con azioni di guerra, e sembra non avere la capacitá di affrontare un conflitto sociale con i metodi del dialogo e della democrazia. E’ vero che certi mezzi di comunicazione si sono concentrati su atti vandalici commessi da una piccola minoranza, ma in realtá la stragrande maggioranza delle manifestazioni sono pacifiche.
Padre Francisco De Roux, gesuita, presidente della Commissione per l’accertamento della Veritá sul conflitto armato che ha insanguinato la Colombia per 50 anni, ha dichiarato: “Mi preoccupa che il Governo proponga una soluzione ‘militare’ per un conflitto sociale. In realtá, Dio si fa presente attraverso queste marce pacifiche dei giovani, che stanno manifestando per la dignitá umana, e non vogliono fare violenza a nessuno. Certo, è complicato rimanere fedeli alla nonviolenza di fronte ad uno Stato che ha scelto una logica di guerra e attacca con armi i manifestanti. E certamente, in mezzo a tutto questo potrebbe infiltrarsi qualche gruppo violento. Perció è necessario che i giovani rimangano fedeli all’ispirazione nonviolenta della loro disobbedienza civile, e noi dobbiamo appoggiarli, anche correndo qualche rischio. Purtroppo, dopo decenni di guerra contro la guerriglia, lo Stato ritiene legittimo usare qualsiasi metodo nei confronti del ‘nemico interno’: sparizioni, uccisioni indiscriminate, etc. In questi giorni sono stati uccisi piú di 40 giovani, e questo rimarrá inciso nella storia della Colombia… Togliamo dunque dal Catechismo della Chiesa Cattolica lo spirito della guerra giusta, e parliamo invece – come fa Francesco – della pace giusta!”.
Insomma, i giovani colombiani chiedono di vivere in pace in una societá giusta, molto diversa da quella che prefigurava la ‘riforma’ tributaria del presidente Duque, che voleva aumentare i prezzi degli alimenti, e mettere una tassa sullo stipendio di chi inizia a lavorare. In questo modo, si sarebbero penalizzati i giovani, mentre la ‘riforma’ prevedeva forti agevolazioni per le banche e le grandi imprese.
Un grido a tutto il mondo
Dalla Colombia, dunque, sta uscendo un grido per tutto il mondo: “Questo sistema – basato sul privilegio di pochi e l’esclusione di molti – è insostenibile. Un nuovo mondo non è solo possibile, ma indispensabile!!”. Quello che è avvenuto in Colombia potrebbe ripetersi in altri paesi dell’America Latina, com’e successo per le manifestazioni di due anni fa, e poi… chissá, questo grido potrebbe scuotere anche altri continenti. Perché il sistema contro cui manifestano i giovani della Colombia ha messo le sue mani su tutto il Pianeta. Ad esempio, all’interno del dibattito sulla liberalizzazione dei brevetti dei vaccini anti-Covid, alcuni politici italiani ed europei hanno affermato: “Non dobbiamo danneggiare le aziende farmaceutiche!”. Ci preoccupiamo di non danneggiare aziende che giá hanno accumulato guadagni stratosferici, e non ci preoccupiamo di danneggiare la stragrande maggioranza della popolazione del Mondo (i paesi del Sud del Mondo), che non ha i soldi per comprare il vaccino. Difendere i guadagni stratosferici di un’azienda é piú importante che difendere la vita della maggioranza della popolazione mondiale (!!!!).
Reinventare il mondo
E concludo con alcune riflessioni di un poeta colombiano, William Ospina: “Chi sono queste ragazze e questi ragazzi che con fermezza e passione stanno parlando al paese? Sono quello che eravamo noi, sognano quello che sognavamo noi, fanno finalmente quello che avremmo sempre voluto fare noi. Sono la voce di un paese che sta scoprendo la sua dignitá, reclamando quello che giá da secoli avremmo dovuto reclamare: la patria che tutti meritiamo, la felicitá che ci hanno rubato, i morti che si sono portati i fiumi, il pane che hanno messo solo su poche tavole, l’educazione presentata come un lusso, quando invece dovrebbero darla a tutti come un diritto.
Che cosa vogliono questi giovani? Quello che vuole un qualsiasi passero: poter volare e cantare, quello che vuole qualsiasi fiume, poter seguire il suo cammino; quello che sogna qualsiasi persona: godere di questo breve tempo che ci è dato senza dover prendere amara coscienza che questa terra è solo di alcuni, e che noi dobbiamo lasciar morire le idee nella nostra testa…
E non é solo la Colombia che si sta risvegliando. E’ un mondo nuovo, é il futuro che ci avevano rubato, è la solidarietà che ci avevano negato, è la speranza immensa per un pianeta che stava cadendo a pezzi . E’ la prova che il vigore, la bellezza e l’allegria sono doni che la vita ha dato alla specie umana perché sappia rinascere sulle proprie ceneri, per reinventare, ancora una volta, il mondo”.
C’è una grande forza e una grande bellezza nei nostri giovani, e noi siamo chiamati a collaborare con loro: in questo futuro che sta nascendo non lasceremo piú morire le idee nella nostra mente, non lasceremo piú che i nostri sogni soffochino tra le pieghe del nostro cuore. Ma grideremo senza vergogna ‘pace’ e ‘giustizia’. Che Dio ci aiuti a re-inventare il mondo a partire da queste due parole che Gesú ha ricevuto dal Padre per farle entrare nella nostra mente e nel nostro cuore!
fratel Alberto Degan