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Un Cristo angosciato e abbandonato
“Gesù prese con sé Pietro, Giacomo e Giovanni, e cominciò a sentire paura e angoscia“ (Mc 14,33).
“Ho sete” (Gv 19,28).
“Dio mio, Dio mio, perché mi hai abbandonato?” (Mc 15,34).
I Vangeli della Passione ci presentano un Dio spaventato, angosciato, assetato e abbandonato. Io credo che noi cristiani siamo chiamati ad entrare in questo Cuore angosciato e assetato. E domandarci: cos’è che angoscia e spaventa Gesú?
E’ Lui stesso a dircelo in varie frasi del Vangelo.
Durante l’ultima cena, a un certo punto Gesú esclama: “Guai a quell’uomo che tradisce il Figlio dell’uomo” (Mt 26,24). ‘Figlio dell’uomo’ è un’espressione semita che indica l’uomo che vuole coltivare e realizzare la propria umanitá, l’uomo che rifiuta di comportarsi da lupo e vuole restare umano. Ció che angoscia e spaventa Gesú, dunque, è che l’uomo tradisca il Figlio dell’uomo, cioè che l’uomo rinunci alla propria umanità. In quest’ottica, scrivevo in una mia riflessione di qualche anno fa, “l’angoscia è lo spazio in cui Dio condivide con noi il suo disagio di fronte a un’umanità che vuole tradire la propria bellezza. Gli uomini hanno difficoltà a relazionarsi con il Figlio dell’uomo, con la sua umanità così bella ed esigente. E cosí l’angoscia diventa uno spazio di umanizzazione e addirittura di resurrezione, perché solo chi prova questo profondo disagio si sentirà stimolato a lottare contro il tradimento dell’umanità. Chi invece è intontito, e si lascia manipolare dalla propaganda, non si rende neanche conto di questo tradimento, e rimane vittima del torpore”.
Siamo dunque chiamati a sentire il disagio e l’angoscia del Crocifisso, perché solo a partire da questo disagio condiviso sarà possibile costruire nuovi cammini di umanità e fraternità.
La stessa sera del suo arresto Gesú dice ancora ai suoi discepoli: “Voi tutti vi scandalizzerete per causa mia in questa notte” (Mt 26,31). Un’altra causa dell’angoscia di Gesú è che il suo modo di essere, di sentire e di comportarsi scandalizza i suoi discepoli. Ad esempio, alcuni dei suoi seguaci avevano pensato, per impedire il suo arresto, di difenderlo con la violenza, ma Gesú dice: “Rimetti la tua spada al suo posto, perché tutti quelli che prendono la spada, di spada moriranno” (Mt 26,52). Gesú non dice “quelli che usano la spada”, ma semplicemente “quelli che la prendono”. Cioè, solo il mettere mano alla spada, ancor prima di usarla, solo il pensare di risolvere i problemi con la violenza ci fa entrare in una spirale di morte e di disumanitá dalla quale non sapremo piú uscire. La radicale scelta nonviolenta da parte di Cristo spiazza e scandalizza i suoi discepoli. E difatti, “tutti i discepoli abbandonarono Gesú e fuggirono” (Mt 26,51). Gesú si sente abbandonato dai suoi discepoli, che non condividono la sua scelta. Gesú vorrebbe umanizzare il mondo, ma i suoi discepoli non lo comprendono fino in fondo: è un’incomprensione che continua fino ad oggi, a cominciare proprio dal tema della pace e della nonviolenza.
“Discepoli dell’Abbandonato”, cosí papa Francesco ha definito i discepoli di Gesú nella sua stupenda omelia della Domenica delle Palme. E potremmo anche dire, “discepoli dell’Assetato”, “discepoli dell’Angosciato”.
Cosa fare, dunque? Ecco cosa ci propone Francesco: “prenderci cura dei fratelli e delle sorelle che più assomigliano a Gesú, nell’atto estremo del dolore e della solitudine”, prenderci cura dei tanti “cristi abbandonati”. E il papa sottolinea che “ci sono popoli interi sfruttati e lasciati a sé stessi”.
Far-West in Ecuador?
Tra questi “cristi abbandonati” mi sento di poter includere il popolo ecuadoriano, vittima di profonde disuguaglianze e, adesso, vittima di una violenza che continua a crescere.
Sono aumentati in maniera esponenziale i rapimenti a scopo di estorsione: 25 nei primi tre mesi dell’anno, mentre l’anno scorso nello stesso periodo ce n’erano stati 7.
Sono aumentati anche gli omicidi: 1.200 nei primi tre mesi dell’anno, con un aumento del 60% rispetto allo stesso periodo del 2021. E come ció non bastasse, nei giorni scorsi, qui a Guayaquil, sono avvenute due sparatorie in due Centri Commerciali, cosa che non era mai successa prima.
Per affrontare tutto questo, il presidente Guillermo Lasso, oltre all’ennesimo coprifuoco, che entrerá in funzione dall’una alle cinque di notte, ha preso la decisione di permettere a chiunque di comprare un’arma per difesa personale. Di fatto, è una resa totale alla criminalitá da parte del Governo, che praticamente sta dicendo: “Purtroppo, non riusciamo a controllare la situazione. Difendetevi come potete”. Ma crediamo davvero che un clima da Far-West possa mettere fine alla violenza?
Di fronte a tutto questo, cosa possiamo fare?
Possiamo solo cercare di stare vicino ai “cristi abbandonati”, come li chiama il papa: ai detenuti, alla gente di strada, alla popolazione povera delle periferie, creando spazi di dialogo, di pace, di fraternitá e speranza. Oltre al carcere minorile, adesso stiamo visitando anche la casa di accoglienza “Amor que cobija” (‘Amore che ricopre’), che fra i suoi ospiti conta gente di strada di ogni tipo: migranti venezuelani, drogati, senza-tetto, etc.
E naturalmente continuiamo con i nostri gruppi di bambini, di giovani e adulti afro nei quartieri piú poveri e violenti della cittá.
Strumento o fallimento della politica?
Dicevo prima che Gesú si sente abbandonato e incompreso anche per il suo rifiuto della spada. E’ un abbandono e un’incomprensione che sperimenta anche papa Francesco che, dice Lucio Caracciolo, è l’unico capo di Stato (Vaticano) che ancora parla e crede nella pace.
La riflessione sarebbe molto lunga; io adesso posso solo accennare a due-tre elementi.
Secondo il famoso filosofo della politica Clausewitz, “la guerra non é che la continuazione della politica con altri mezzi. La guerra non è solo un atto politico, ma un vero strumento della politica”. Questa è la posizione ufficiale dell’Establishment – a livello nazionale e mondiale – che potremmo riassumere cosí: “La guerra non è un incidente di percorso o una disgrazia contingente, ma è parte integrante della politica, è uno strumento della politica. E’ un dato di fatto, per cui è assurdo rifiutare la guerra. Una politica senza guerra sarebbe una non-politica, è assurdo solo il pensarlo”.
Dall’altro lato papa Francesco afferma: “La guerra non può e non deve più essere considerata come una soluzione dei conflitti. Perché la guerra è un fallimento della politica e dell’umanità. Questo dobbiamo ripeterlo ai politici”.
Dunque, ‘strumento della politica’ o ‘fallimento della politica’? C’è un contrasto insanabile tra la concezione mondana e la concezione evangelica della politica. Noi cristiani dobbiamo dire una parola chiara su questo punto, anche sapendo che in questo modo ci attireremo la burla, gli insulti e la persecuzione dei potenti.
Lucio Caracciolo, nel suo libro “La pace è finita”, spiega che non è possibile una storia umana senza guerra, e che pensare di costruire una pace duratura è stata solo un’illusione e un’ingenuitá: “Nelle opinioni pubbliche europee, ci si è spinti a credere che la guerra – la Guerra Grande, non un conflitto locale – non esistesse piú. Risultato: mancano a noi gli strumenti culturali oltre che tecnici per affrontare le ‘inutili stragi’, come ogni guerra appare ai moralisti che l’escludono per principio dall’orizzonte”.
Sappiamo che fu Benedetto XV a definire la guerra una “inutile strage”. Per Caracciolo, dunque, chi non accetta le stragi che si perpetrano in ogni guerra, chi crede in Gesú e nel Vangelo della pace, è un ‘moralista’ cui mancano gli strumenti culturali per accettare queste tragedie come elemento inevitabile della storia umana. Per cui dovremmo fare una campagna ‘culturale’ affinché la gente finalmente accetti questi ‘inutili massacri’ come parte dolorosa ma inevitabile della Storia.
Secondo Edgar Morin, invece, un grande intellettuale francese, è urgente dotarci di strumenti culturali per comprendere quanto siamo accecati dalla propaganda menzognera di guerra, che criminalizza i popoli ‘nemici’ e presenta come ragionevoli quelli che invece sono veri e propri deliri bellicisti.
Un canto nuovo
“Poi guardai ed ecco l’Agnello ritto sul monte Sion e insieme centoquarantaquattromila persone che recavano scritto sulla fronte il suo nome e il nome del Padre suo… Essi cantavano un cantico nuovo… E nessuno poteva comprendere quel canto se non i centoquarantaquattromila, i redenti della terra” (Ap 14,1-5).
I 144.000 che hanno scritto sulla fronte il nome dell’Agnello sono i discepoli dell’Abbandonato Risorto, che cantano un canto nuovo. Questo canto nuovo è l’energia rinnovatrice che il Risorto vuole introdurre nella Storia, in questa storia di morte, di violenza e di menzogne. E’ un canto che trasforma il mondo e ridona dignitá a tutti i “cristi abbandonati”, mostrando i sentieri di una vita nuova vissuta in comunione con Gesú. Non è vero che l’uomo é condannato a vivere in guerra, non è vero che senza guerra non c’è storia umana. Questo é quello che continua a ripeterci il canto del mondo, il canto di Satana. Al contrario, il cantico nuovo di Cristo Risorto ci sprona a vivere umanamente nella Storia e a credere che questo é possibile se crediamo a Lui e Lo seguiamo: “Pace a voi!” (Gv 20, 19). Naturalmente, questo canto è deriso dai grandi Poteri mondani, ma noi cristiani dobbiamo impararlo e cantarlo.
Di fronte alla guerra Russia-Ucraina, Edgar Morin commenta: “E’ sorprendente che in una congiuntura cosí pericolosa, si levino cosí poche voci in favore della pace nelle nazioni piú esposte, in primo luogo in quelle europee. E’ sorprendente vedere cosí poca coscienza e cosí poca volontá in Europa, soprattutto nell’immaginare e nel promuovere una politica di pace…. L’idea stessa di pace è condannata dai media occidentali come ‘putiniana’ e complicitá con il nemico”
A questo proposito, consiglio a tutti di andarci a rileggere la “Pacem in terris” di papa Giovanni, di cui quest’anno ricorre il sessantesimo anniversario. Almeno lui non potrá essere accusato di essere putiniano, visto che quando scriveva queste cose Putin era solo un ragazzino di 11 anni.
Nella sua profonda e semplice umanitá evangelica, Giovanni XXIII afferma: “La pace è un obiettivo che puó essere conseguito, perché è reclamato dalla retta ragione”. E cosí, con molta semplicitá, papa Giovanni chiede “che venga arrestata la corsa agli armamenti” e “che si mettano al bando le armi nucleari”, giacché questi sono obiettivi ragionevoli che una politica ispirata nel Vangelo – o anche semplicemente nella ragione umana – puó e deve conseguire. Dunque, non è vero che una politica senza guerra è irragionevole; piuttosto è vero il contrario: una politica che esalta come “suo fuoco concettuale e pratico” la guerra – cosí come la definisce un famoso giornalista – è una politica che ha perso ogni buon senso.
“Perció”, dice ancora papa Giovanni, “come vicario di Gesù Cristo, artefice della pace, e come interprete dell’anelito più profondo dell’intera famiglia umana, ci sentiamo in dovere di scongiurare gli uomini a non risparmiare fatiche per imprimere alle cose un corso ragionevole ed umano”.
E proprio qui sta il punto: il papa dice che è possibile una politica umana che risponda all’anelito profondo del nostro cuore, la pace; mentre i saggi di questo mondo ci dicono che voler dare un corso ragionevole e umano alla storia è assurdo, è antistorico, è impossibile, perché la politica segue un’altra logica, molto diversa dalla logica del cuore umano.
Nel suo messaggio per la Giornata Mondiale della pace del 2003, celebrando il quarantesimo anniversario della Pacem in terris, Giovanni Paolo II affermava: ”Nessuna attività umana si situa al di fuori della sfera dei valori etici. La politica è un’attività umana; perciò anch’essa è soggetta al giudizio morale. Questo è vero anche per la politica internazionale”.
Quello che Caracciolo chiama ‘moralismo’ il papa lo chiama ‘sfera dei valori etici’. Ed ecco la sfida per noi: avremo il coraggio di cantare il cantico nuovo che Gesú vuole introdurre nella Storia? o lo dimenticheremo, per paura di essere tacciati di moralismo? Saremo disposti ad accompagnare Gesú nel suo impegno nonviolento per la pace, la giustizia e la fraternitá? o lo abbandoneremo anche noi?
E voglio concludere con questo augurio di Francesco “Per noi, discepoli dell’Abbandonato, nessuno può essere emarginato, nessuno può essere lasciato a sé stesso; Fratelli e sorelle, chiediamo oggi questa grazia: di saper amare Gesù abbandonato e di saper amare Gesù in ogni abbandonato, in ogni abbandonata”.
Buona Pasqua in compagnia di Gesú Abbandonato e Risorto!
fratel Alberto Degan