Distruggere il proprio carro – lettera di fr Alberto Degan

Distruggere il proprio carro

“Cosí dice il Signore: -Esulta grandemente, figlia di Sion… Ecco a te viene il tuo re. Egli è giusto e vittorioso, umile, cavalca un asino, un puledro figlio d’asina. Fará sparire il carro da guerra da Efraim e il cavallo da Gerusalemme. L’arco di guerra sará spezzato, annuncerá la pace alle nazioni; il suo dominio sará da mare a mare…” (Zc 9,9-10)

Queste parole di Zaccaria sono un gioiello, uno dei passi piú sorprendenti di tutta la Bibbia. Il profeta annuncia l’arrivo del Messia, che è vittorioso e dominerá da mare a mare. Ma come otterrá la vittoria? Facendo sparire, cioè, distruggendo il carro da guerra e il cavallo. Il cavallo era l’animale da combattimento. Oggi potremmo tradurre: ‘Fará sparire il missile o il cannone’. Ma la cosa sorprendente è che non fará sparire il cannone dell’Egitto ma quello di Gerusalemme; non distruggerá il missile di Babilonia ma quello di Efraím. Cioè questo Messia che porterá la pace da mare a mare, otterrá questo risultato distruggendo, prima di tutto, i propri cannoni e i propri missili. Solo rinunciando alle proprie armi, alla logica della violenza e della vendetta, questo Messía disarmato potrá annunciare a tutti la pace e fará trionfare la pace.

E’ un messaggio molto ostico per noi. Il card. Martini diceva che “la Bibbia è il grande libro educativo dell’umanitá”, cioé ci mostra il cammino per diventare pienamente umani. Ma noi come consideriamo la Bibbia? Ci lasciamo davvero educare e trasformare dalle sue parole o la consideriamo piuttosto una semplice antologia di pii propositi?

Fra le cose di cui dobbiamo disarmarci, il card Martini citava “l’idolo della violenza, e in particolare l’idolo del volere stravincere in tutto, del non voler cedere in nulla, del non accettare nessuna di quelle soluzioni in cui ciascuno sia disposto a perdere qualche cosa in vista di un bene complessivo. Questi idoli si presentano con le vesti rispettabili della giustizia e del diritto, ma sono in realtà assetati di sangue umano”. E noi? Ci lasceremo educare dalla Parola di Dio o ci lasceremo indottrinare da questo idolo della violenza, che ormai sembra imperare incontrastato?

 

Violenza in Ecuador

Questo idolo, purtroppo, sta imperando anche in Ecuador, dove ogni giorno si moltiplicano episodi di violenza. Ormai siamo il secondo paese del Sudamerica per tasso di omicidi e criminalitá, secondi dopo il Venezuela.

Omicidi, rapimenti, assalti: è questa la nuova normalitá cui poco a poco ci vogliono abituare. C’è un evidente nesso tra politica e narco-traffico. Solo per fare un esempio, il cognato di Guillermo Lasso, presidente dell’Ecuador, era molto amico di un grande narcotrafficante, Rubén Cherres. E questo narcotrafficante è stato stranamente ucciso, nel marzo scorso, proprio quando si è scoperto questo legame che in qualche modo lo collegava alla massima carica dello Stato.

Quanto ad episodi di violenza, ne cito solo alcuni. Agli inizi di giugno, nel barrio Nigeria, hanno ucciso sei persone a cinque isolati dalla Chiesa, mentre noi stavamo assistendo alla messa. Poi, due settimane fa, hanno ucciso sei persone nel Guasmo; alcuni giovani di quel barrio mi hanno avvisato che non potevano partecipare agli incontri del Centro Afro perché nel loro quartiere girano persone armate, e tutti hanno paura e stanno chiusi in casa,

L’anno scorso, in Ecuador, abbiamo avuto una media di 12 omicidi al giorno. Nella prima metá di quest’anno abbiamo giá raggiunto una media di 16 omicidi al giorno. Quanto ai rapimenti, in questa prima metá dell’anno ce ne sono stati 200, triplicati rispetto allo stesso periodo del 2022.

Un sociologo ecuadoriano, Napoleón Saltos, ci diceva che quasi tutti i partiti sono toccati dalla corruzione e dalla complicitá con i violenti. L’unica speranza puó venire dal basso; la gente deve tornare ad incontrarsi, per portare alla luce le energie sane, per riformare le coscienze e trasformare i cuori.

Certo, il mondo si burla della Parola di Dio, ma io credo che solo se torneremo a leggerla e a credere nel suo messaggio di umanitá e di sapienza ci potrá essere una speranza di pace.

 

Difendere i propri interessi?

“Io non sono mai delusa da chi difende i propri interessi nazionali”, ha detto poco tempo fa Giorgia Meloni. E allora posso garantire all’on. Meloni che sará la donna piú felice del mondo, e che nessuno la deluderá, perché nel mondo tutti guardano ai propri interessi, senza pensare a quelli degli altri: è la cosa che ci riesce meglio. Ma proprio qui sta il problema. Se ognuno pensa solo ai propri interessi, ci saranno guerre e aumenterá la violenza. La pace e la giustizia nascono da un atteggiamento interiore che ci fa andare oltre quelli che noi pensiamo essere i nostri interessi immediati, e ci fa percepire anche gli interessi- le paure e le speranze – degli altri. Cosí, grazie a questo atteggiamento alimentato dallo Spirito, capiremo che è anche nel nostro interesse tenere in conto i problemi e le difficoltá degli altri, perché solo in questo modo si puó costruire la pace. Meloni dice che è contenta quando vede gente che difende i suoi interessi; io, invece, sono contento quando vedo che qualcuno pensa anche agli interessi degli altri, quando vedo persone appassionate capaci di andare al di lá del proprio orticello e disposte ad assumersi la fatica di ricercare il “bene comune”, un’espressione che ormai – nella mentalitá dominante – è diventata una parolaccia.

E noi cristiani? Ci appassiona tanto l’idea di difendere i nostri interessi? O ci entusiasma di piú l’invito di Dio a cercare il Regno di giustizia e pace?

Ecco cosa dice san Paolo nella lettera ai Filippesi: “Non guardate solo il vostro proprio interesse, ma anche quello degli altri” (Flp 2,4). Il mondo ha bisogno di politici e cittadini con un cuore grande e una mente lungimirante, che sappiano andare al di lá del proprio profitto immediato e sappiano sognare e configurare un mondo giusto e fraterno, in cui tutti possano vivere in pace.

Certamente, dobbiamo chiarire anche il concetto di “bene comune”. Di quale bene stiamo parlando, di quello dell’Europa? Per molti secoli abbiamo pensato che l’orizzonte dell’Europa e quello dell’Africa, ad esempio, erano diversi e lontani: l’Europa doveva seguire i propri interessi, anche a scapito degli interessi dell’Africa. Oggi Dio ci ha dato la grazia di vivere in un’epoca in cui siamo chiamati a unire i nostri orizzonti, o meglio: ormai viviamo tutti sotto lo stesso cielo, soltanto che non l’abbiamo ancora capito. Scrivevo in una lettera di qualche anno fa: “Oggi viviamo tutti sotto lo stesso cielo. La politica dovrebbe aiutarci a capire il tempo che stiamo vivendo, e ad affrontarlo in maniera realista, efficace e umana… Sí, il nostro cuore è chiamato a un salto di qualitá, ad abbracciare tutto il pianeta. Homo sapiens è chiamato ad allargare la sua capacitá di intelligenza, di compassione e condivisione come mai prima gli era stato chiesto”. Da questo dipende la sopravvivenza dell’essere umano: o Homo sapiens sará capace di dare questo salto, o non ci sará futuro per lui.

Perché le grandi sfide che sta vivendo l’umanitá – migrazioni, cambiamenti climatici, etc. – potranno essere affrontate e risolte solo se saremo tutti capaci di andare al di lá del nostro orticello nazionale e agire in favore del Pianeta e dell’umanitá. Dobbiamo capire che, a lungo termine, i miei interessi sono quelli degli altri, sono quelli dell’umanitá. Gli interessi dell’Europa, a lungo termine, sono quelli dell’Africa.

Domandiamoci: come cristiani, cos’è che accende il nostro cuore? Arroccarci dietro i muri della paura e aggrapparci ai nostri interessi immediati? o sognare una terra nuova e cieli nuovi?

Il mondo ci dice: “Sii realista, è impossibile uscire dalla mentalitá dei profitti privati e degli interessi nazionali”. La Bibbia ci dice: “Sii visionario, credi nella Parola di Dio, e continua a sognare il Vangelo, cercando compagni di strada per costruire insieme un mondo umano e fraterno”.

Un grande abbraccio di pace!,

fratel Alberto