Primo Tempo – lettera di Gloria Matteo e Natan dal Brasile

Ipê Amarelo, Belo Horizonte, Minas Gerais. 22/10/2023

Siamo atterrati in Brasile a São Paulo da 2 mesi e 3 giorni. Siamo arrivati a Ipê Amarelo, il nostro nuovo barrio, da 2 mesi meno un giorno. Sono tanti? Diremmo di no… Sono pochi? Se pensiamo a quando stavamo a Modena ci sembra un’eternità fa. Quindi ancora diremmo di no… Diciamo che è un tempo.
Un tempo insufficiente per comprendere e parlare bene il portoghese mineiro tutto velocità e abbreviazioni che parlano qui. Un tempo sufficiente per cominciare a capire quando la gente parla divagarinho (pianino) durante le riunioni per farsi ascoltare da tutti.
Un tempo sufficiente per girare per il barrio sentendosi tranquilli e salutando la maggioranza delle persone che si incontrano. Un tempo totalmente insufficiente per capire la complessità della realtà sociale in cui siamo immersi. Se da una parte ci sentiamo sicuri e ben voluti abitando qui, dall’altra parte quando incontriamo Caro’ del CRAS (Centro de Referencia de Asistencia Social, praticamente i nostri Assistenti Sociali) che ci restituisce un quadro di tensione e preoccupazione riguardo alla violenza domestica e alla conflittualità tra gli abitanti del barrio, capiamo che non stiamo capendo.
Un tempo sufficiente per sentire e gustare la bellezza del vivere in comunità con un’altra famiglia. A differenza di noi, loro sono effettivamente Laici Missionari Comboniani: Liliana, portoghese, sposata con Flavio, brasiliano, e la loro bellissima filha Maria Aparecida. Le giornate qui non sono sempre piene di cose da fare fuori casa, ma anche in casa non ci annoiamo tra figli, lavori di ristrutturazione della cazinha mais pequena, lavori di manutenzione vari, visita delle persone in casa… Alla fine di una giornata è molto bello e importante per noi poter condividere con un’altra famiglia: ci aiuta a dare delle chiavi di lettura che non possediamo, anche per colpa del gap linguistico e culturale. Inoltre avere questo momento serale di preghiera, silenzio e condivisione insieme è fondamentale per le nostre giornate: per dare un senso, mettere in prospettiva e far passare l’ansia da risultato.
Con voi amici del CMD vorremmo sottolineare la bellezza che abbiamo scoperto nel vivere come comunità di famiglie. Per i senatori questo potrebbe ricordarvi Casa Regina della Famiglia dove andavamo a fare il MisMo i primi anni. Per i più giovani (in questo caso l’età si misura in tempo di partecipazione al CMD, eh!) possiamo fare un parallelo con l’esperienza di vita comunitaria a Santa Maria del Mugnano (Maria c’è sempre anche lì in Italia). Ecco è un’esperienza davvero preziosa per il nostro inserimento, ma in generale la vita comunitaria vissuta con lo stile del Vangelo è una cosa che ci dà molta carica e ci fa superare anche gli ovvi e inevitabili momenti in cui vengono fuori le differenze.  Questo stile ci ricorda molto quello del nostro CMD. Quindi ancora di più possiamo dire che un pezzettino di voi è qui con noi a fare missione.

Un tempo, dicevamo. Un tempo insufficiente per avere un ruolo preciso in parrocchia: “loro sono i Laici Missionari Comboniani che abitano là in alto a Ipê Amarelo” così ci presenta sempre P. Serafim, il comboniano che è parroco della nostra nuova parrocchia di São Domingo. Un tempo sufficiente per partecipare alla gimkana biblica dove abbiamo proposto una breve presentazione del libro dell’Apocalisse – di cui, notoriamente, siamo i massimi esperti a livello italiano – e alla settimana missionaria, dove, con il suo portoghese super-pro Gloria ha letto le preghiere dei fedeli in varie celebrazioni. Un tempo sufficiente anche per capire che l’organizzazione della parrocchia è molto diversa da quella italiana. La parrocchia di São Domingo è costituita da 10 (o forse 11? Non abbiamo ancora capito…) comunità ognuna con la sua chiesa e le sue persone di riferimento. Ogni comunità è autonoma nella gestione degli spazi che gli sono propri, nelle attività pastorali e anche nella gestione economica: ciò che si raccoglie la domenica dalle offerte in parte viene trattenuto per coprire le spese di gestione e in parte viene dato alla parrocchia che redistribuirà questo denaro in base alle necessità delle singole comunità (At 4,35). Ogni comunità celebra la Messa 2 volte al mese e le altre 2 domeniche partecipa alla liturgia della parola guidata da un laico o una laica adeguatamente formato\a. Questa organizzazione è necessaria per permettere una partecipazione capillare a tutti. Il territorio della parrocchia è molto esteso, la maggioranza delle persone non ha un’auto di proprietà e per arrivare alla chiesa di São Domingo – quella dove è nata la parrocchia – ci vogliono 15 minuti in macchina e almeno 1 ora a piedi da casa nostra.
Un tempo insufficiente per imparare tutte le risposte della messa e i nuovi canti, ma più che sufficiente per farci contagiare dalla partecipazione delle persone alla celebrazione. Le chiese qui sono molto più piccole rispetto alla nostra parrocchia di provenienza. Eppure quando celebriamo le risposte liturgiche sono a un livello di partecipazione e di volume che ci sorprende tutte le volte. L’impressione che abbiamo è che qui le persone vengano a Messa per esserci, per starci, per dire “ehi ci sono anche io! Questa è anche la mia celebrazione e voglio lasciare la mia impronta!”. È un’impressione molto diversa rispetto a quella che ci lasciano alcune nostre Messe italiane.
Un tempo insufficiente per poter entrare a pieno titolo nella pastorale carceraria: dovremo fare un qualche corso di formazione che (indovinate un po’?) non abbiamo ancora capito bene. Un tempo sufficiente per fare, però, una prima visita al presidio – il carcere che vediamo aprendo la finestra di camera nostra sulla collina opposta – il 10 ottobre, giorno di São Daniel Comboni (“Coincidenze?!?”). Ci dicono che da Google Maps, il presidio sembra “grande come Soliera”:  10 sezioni normali, 2 sezioni di isolamento, 2700 detenuti e non sappiamo quante persone che ci lavorano tra Guardia Penal e personale amministrativo vario. Siamo stati solo in 2 sezioni, insieme a due operatori della pastorale carceraria; noi eravamo da una parte delle sbarre che danno sul cortile interno della sezione con almeno 100 persone all’interno che parlavano, urlavano, giocavano a calcio, a carte, mangiavano, pregavano (la maggioranza dei brasiliani sono evangelici). Infine qualcuno si è avvicinato per parlare con la gratitudine stampata negli occhi per quei piccoli e brevi momenti di distrazione. La maggioranza ci ha parlato di Gesù e di come la Sua presenza sia una forza per stare lì. Qualcuno ci ha raccontato almeno parte della sua storia di Vita. In particolare un ragazzo ci ha colpito tantissimo: non avrà più di 23 anni, JC sono le iniziali del suo nome (chi può, ricordi gli Oblivion…). Si è avvicinato subito quando siamo arrivati ed è rimasto in silenzio… Ci siamo scambiati un paio di occhiate e poi alcune lacrime hanno cominciato a rigargli le guance. Io, Matte, che mi lamento che sono lontano da casa e non capisco quando la gente parla e tutte le mie lamentele da “first world problems”, mi sono sentito tremendamente piccolo e meschino di fronte a questo gigante che, guardandomi attraverso delle sbarre di ferro dipinte di bianco, si è messo a piangere.
Un tempo sufficiente per sentire il nostro cuore ardente, come ci ricorda Papa Francesco nel suo messaggio per la giornata missionaria mondiale (https://www.vatican.va/content/francesco/it/messages/missions/documents/20230106-giornata-missionaria.html), ardente per il Vangelo e per questo popolo che abbiamo iniziato a conoscere. Ma forse un tempo ancora insufficiente per avere i piedi in cammino verso una direzione precisa come i discepoli di Emmaus che tornano a Gerusalemme di notte.
Un tempo sufficiente per essere affascinati dalla voglia di questo popolo di partilhar (condividere) le decisioni e la gestione degli spazi comuni, come la quadra, il campo sportivo rimesso a nuovo in fondo alla nostra strada (Rua das Mangueiras 200, per chi vuole venirci a trovare). Ma un tempo insufficiente per capire come questo desiderio si concili con alcune persone che sono entrate notte tempo nella quadra stessa per rompere le porte dei bagni.
Un primo tempo insomma. Un primo tempo in cui abbiamo iniziato a intravedere questa nuova realtà e alcuni possibili cammini che potremmo percorrere qui insieme a questo popolo. Vedremo cosa ci riserverà il secondo tempo.

Vi ricordiamo e vi abbracciamo tutti!

Natan, Gloria, Matteo