“Di casa in casa” è il titolo del MisMo di quest’anno… ed eccomi qua, in una casa piena di cose da scoprire e da imparare, in un paese tanto vicino all’Italia e allo stesso tempo tanto lontano…
Sono arrivata in Albania da soli tre mesi, ma mi sembra di essere qui da una vita… forse perché sono stata accolta talmente bene che mi sono sentita subito a casa, e da subito mi è stata data tanta fiducia, quindi è stato facile entrare in confidenza con gli ospiti, sei in tutto, e con Suor Maria e Suor Ines.
La prima cosa che ho conosciuto di questo popolo è la cura che mettono nell’accoglienza, a partire dal fatto che quando si incontra qualcuno, a casa o per strada, ci si saluta con un “si je?” (o qualcosa di simile) che significa “come stai?”, al quale si è quasi obbligati a rispondere “mire”, “bene”, ma è un modo bellissimo per non lasciar passare inosservato neanche un incrocio di sguardi 🙂
In casa cantiamo, balliamo, ridiamo, aspettiamo le feste con laaaaargo anticipo, speriamo non ci sia vento per poter uscire con i bimbi, preghiamo in italiano e in albanese, giochiamo tutti insieme con un palloncino, facciamo lunghe passeggiate, incontriamo tanti amici, sgusciamo infinite nocciole, facciamo roteare le uova che ci regalano per capire se sono cotte o crude, ascoltiamo le canzoni dello Zecchino D’Oro, sappiamo a memoria i testi di Gabbani e proviamo a imparare quelli del coro diocesano… e alla sera ci sediamo sui divani per rilassarci un attimo prima di andare a dormire… insomma, ci divertiamo, o almeno io mi diverto molto 😉
Tutte queste piccole cose, e in realtà tantissime altre, scandiscono le nostre giornate senza un ordine preciso: anche se alcune si ripetono uguali tutti i giorni, non abbiamo una routine ed è tutto molto variabile. Questo crea moltissimi momenti di confronto e un continuo dialogo, che sia per decidere chi fa cosa o per aggiornarsi sui cambi di “programma” (e guai a chi pronuncia questa parola!), ed è una cosa che apprezzo molto perché sono sempre stimolata a parlare… così ho scoperto, che ci crediate o meno, che anche io so parlare!
Principalmente le mie giornate si svolgono in casa e in giro per il villaggio, ma in questi mesi ho avuto anche l’opportunità di conoscere realtà esterne: ho incontrato le suore Clarisse di Scutari, alle quali da circa un anno si è unita Isabella, di Modena, che mi hanno parlato della loro esperienza durante gli anni del comunismo, per poi visitare il museo delle carceri di fianco al loro convento; grazie ai frati Cappuccini ho conosciuto i ragazzi della comunità Rom di Tarabosh, vicino a Scutari; ho conosciuto i frati carmelitani di Nenshat; sono andata con i ragazzi della parrocchia, ma soprattutto con Regjina, un’ospite di casa, agli incontri per i giovani della diocesi, dove ho capito ben poco, ma è stato bello vedere tutti quei giovani riuniti; da poco sono anche stata a Gomsiqe, villaggio di montagna ormai disabitato, dove negli anni 90’ è iniziata la missione di Reggio Emilia in Albania… ma fermiamoci qua e andiamo verso una conclusione, poi vi racconterò al mio rientro 😉
Ho scoperto che una casa della carità è una realtà molto coinvolgente: ti prende in tutti gli aspetti. Sto imparando a lasciarmi sorprendere dalle piccole attenzioni, da piccoli ma grandissimi gesti di cura che sono espressione chiarissima del linguaggio dell’amore. Una volta Suor Lule, una Clarissa di Scutari, mi ha detto: “non importa se non ci si capisce con la lingua, l’amore lo capiscono tutti”. Ecco, spero di essere all’altezza di questo amore 🙂