Una chiesa dal volto migrante e indigeno

lettera di Eleonora e Davide dall'Ecuador

È già un mese e mezzo circa che siamo arrivati a Lago Agrio, chissà quando finiremo di contare i giorni dal nostro arrivo. Tante cose si stanno già mettendo in fila e tante altre ancora sono un po’ come nubi che sappiamo andranno a diradarsi con il tempo. Proprio come le nubi in questi giorni nel cielo amazzonico che in un attimo si fanno fitte fitte, scaricano quantità immense di acqua e in men che non si dica scompaiono lasciando il posto il più delle volte a un caldo e intenso sole.
In questo periodo di Quaresima sentiamo ancora più vivo il tema del ‘digiuno’, inteso per noi come lontananza e mancanza di tutti quei volti di casa (famiglie e amici) che tanto riempivano le nostre quotidianità, ma al contempo stiamo anche iniziando a vivere un processo di ‘conversione’ che ci sta aprendo a esperienze, volti e sensazioni nuove.
Infatti qui il tempo sembra volare come vola una settimana piena di impegni, che qui non mancano anche se sono lontani dall’essere il tetris di appuntamenti da inseguire freneticamente come erano le nostre vite in Italia fino a poco fa. Ancora non ci siamo del tutto abituati a come la giornata non prenda il via spegnendo frettolosamente la sveglia del telefono, ma che i ritmi (sveglia compresa) siano più umani e scanditi dalla natura. Ci svegliamo quasi sempre con la luce del sole (l’alba sorge regolarmente sempre molto presto, poco dopo le 6) e ci ritagliamo spesso il tempo per iniziare la giornata con le lodi mattutine.
In queste settimane abbiamo iniziato a prestare servizio in luoghi e con persone che stanno diventando sempre più familiari e importanti per noi; ciascuno di questi ha come radice il Vicariato Apostolico di Sucumbíos.
Tutto è iniziato quando, dopo pochi giorni dal nostro arrivo, abbiamo avuto la fortuna di poter partecipare all’incontro mensile che si tiene qui in Vicariato, a pochi passi da casa nostra, nel quale si riuniscono tutti i rappresentanti delle varie pastorali: in questo modo abbiamo potuto conoscere diversi collaboratori, consacrati, laici e volontari della Chiesa di Sucumbíos.
Un momento di incontro e condivisione che ha come scopo quello di formare e fare rete tra i partecipanti sulle numerose questioni e attività di interesse per tutti.
Pastorale indigena, sociale, familiare, afro, giovanile, della comunicazione, campesina e penitenziaria sono solo alcune delle pastorali qui presenti che un po’ ci ricordano la presenza pastorale nella nostra diocesi modenese.
Infatti, grazie alla partecipazione a momenti come questo, ci è sembrato di respirare una chiesa da uno spirito sinodale, vicina alla gente e che cammina insieme al popolo e abbiamo iniziato così a conoscere più da vicino alcuni dei servizi pastorali.

Pastorale sociale per i migranti: la Casa de Acogida Buen Samaritano e il Comedor 5 panes
La pastorale sociale è una delle prime in cui siamo stati coinvolti grazie alla conoscenza con Kelly di Caritas Sucumbíos, già incontrata durante la nostra prima visita nel 2022. Lago Agrio, città di passaggio per i migranti che scappano soprattutto da Venezuela e Colombia, in questi anni si è adoperata per creare una rete di sostegno per le numerose famiglie qui presenti. Questa si concretizza particolarmente con alcune ‘opere segno’ quali la Casa de Acogida Buen Samaritano, che offre un servizio di prima accoglienza per i migranti garantendo loro per alcuni giorni un posto letto, colazione e cena. Qui ci è stato chiesto semplicemente di fermarci una notte a settimana come ‘guardie’ per garantire una presenza notturna in caso di necessità.
Il poter vivere anche solo per poche ore questa casa insieme alle persone che vi lavorano e con coloro che sono ospitati ci sta facendo entrare in punta di piedi in una realtà tanto difficile e complessa.

Un altro luogo ‘opera segno’ sempre più importante per noi è il Comedor 5 panes, una mensa per migranti conosciuta grazie all’incontro con l’hermana (sorella) Sara dell’ordine di Sant’Anna, che da anni lo gestisce. La mensa è situata in centro a Lago Agrio e dal lunedì al venerdì serve i pranzi a circa 150/200 migranti: qui vi lavorano due cuoche, l’hermana Griselda, alcuni volontari e Judith, una giovane ecuadoriana laureata come Davide in Ingegneria Meccanica. Per lei, come per tanti altri giovani, ci racconta, qui in Ecuador le possibilità di trovare un lavoro in questo campo sono davvero basse, se non nulle. Judith, giorno dopo giorno, ci sta insegnando tanto; siamo infatti davvero stupiti dalla sua volontà d’animo, tenacia e dal suo sguardo aperto e curioso sul mondo.
Qui, presto abbiamo deciso di renderci disponibili due volte alla settimana, all’occorrenza anche tre, nelle diverse mansioni: pulire i tavoli, aiutare nelle procedure di ingresso, registrazione e accoglienza fino all’assegnazione dei tavoli e il servizio dei pasti. Questi piccoli servizi ci stanno regalando molto: un sorriso, una stretta di mano (qui per salutarsi ci si stringe praticamente sempre la mano), uno scambio di parole con le persone che entrano. Ogni giorno anche Judith e le sorelle ci raccontano particolari delle loro vite, con discrezione e delicatezza, ci fanno percepire che dietro a quei numeri di cédula (documento d’identità) e i due nomi e due cognomi (tipici dei paesi latino americani) ci sono volti, storie e persone da accogliere.
Tutto questo ci sta facendo conoscere uno spaccato di una povertà nuova ai nostri occhi, una povertà fatta da famiglie giovanissime e già numerose, donne e uomini stranieri qui in terra ecuadoriana, fuggiti spesso da situazioni drammatiche.

La pastorale indigena
Per quanto riguarda la pastorale indigena, molte sarebbero le cose da raccontare dalle visite nelle comunità, visite che ci riempiono il cuore di stupore e domande e che ci lasciano senza parole per la forza e bellezza della natura mentre ci addentriamo nelle profondità della foresta amazzonica.
Sono una decina le nazionalità indigene che vivono nell’Amazzonia ecuadoriana, ognuna delle quali con cultura e lingua proprie, anche molto differenti tra loro; per il momento stiamo iniziando a conoscere soprattutto comunità di nazionalità Kichwa e Shuar, seguite da padre Americo e padre Pablo Gallego insieme a sorelle e fratelli missionari. Oltre a queste nel nostro territorio sono presenti però anche le nazionalità Cofán, Siona e Secoya.
Tra le varie uscite abbiamo celebrato il Mercoledì delle Ceneri presso la comunità kichwa di S. Rosa e una giornata di battesimi presso la comunità kichwa Espiritu Noteno, già visitata nel 2022.
Sono soprattutto le occasioni in casa con alcuni catechisti indigeni qui ospitati per alcuni giorni che ci hanno regalato momenti profondi di condivisione nella quotidianità. Abbiamo colto infatti l’opportunità della presenza in casa di Alfonso e Filiberto, entrambe figure di rilievo per il lavoro con le comunità indigene, per passare insieme momenti di lavoro e convivialità. Entrambi infatti, si sono messi a disposizione per una ‘minga’, ossia il tipico lavoro comunitario delle comunità indigene, con l’obiettivo di aggiustare gli spazi della Casa Indigena, costruita a pochi passi dalla nostra abitazione per accogliere momenti di incontro delle stesse nei pressi del Vicariato.
Proprio qui tra pochi giorni, dal 27 al 30 marzo, si terrà infatti uno dei due incontri annuali del SICNIE che riunisce tutti i catechisti delle varie comunità indigene. In un territorio tanto vasto come l’Amazzonia con pochi padri missionari abbiamo presto imparato che il ruolo del catechista è fondamentale nel portare avanti il cammino di Fede all’interno delle proprie comunità: sono loro che preparano non solo ai sacramenti ma sono anche figure di interfaccia con i padri missionari che vanno in visita poche volte l’anno. Ed è per questo che diventano fondamentali riunioni come quelle del SICNIE per formare e allineare tutti i catechisti su temi di attualità e spiritualità.

Sempre rispetto alla pastorale indigena, ricchi di emozioni e stupore sono stati i pochi giorni trascorsi con i Fratelli maristi delle scuole, Tiberio e Josè Luis, conosciuti entrambi durante quel primo incontro in Vicariato. Spinti dal loro invito ad andare a trovarli presso la casa di Puerto El Carmen, ci siamo allontanati per qualche giorno dalla città e abbiamo potuto allargare il nostro sguardo sul loro lavoro con le comunità indigene. Abbiamo potuto, infatti, toccare con mano l’importanza fondamentale della presenza anche di altre figure rispetto ai padri missionari. In queste zone i fratelli maristi accompagnano le comunità indigene in diversi aspetti di Fede e di vita, dove questi non sono due elementi separati e incompatibili ma piuttosto abbiamo visto essere viva una Chiesa ‘inculturata’, in cui gli elementi della cultura tradizionale (in questo caso Kichwa) vengono valorizzati e rivitalizzati. L’hermano Tiberio in più occasioni ci ha espresso il prezioso lavoro che sta portando avanti all’interno della REIBA (rete di educazione interculturale bilingue amazzonica), un organismo ecclesiale senza scopo di lucro che accompagna i popoli originari della regione amazzonica nel rafforzamento della propria educazione, cultura e identità. Qui l’hermano Tiberio sta coinvolgendo alcuni membri più anziani delle comunità indigene nell’intento di rivitalizzare la lingua kichwa e gli elementi più caratteristici di questa cultura partendo dai più piccoli. Nel 2025 sono molti, infatti, i giovani che non parlano più il Kichwa e che hanno deciso di allontanarsi dalle proprie radici. Estremamente prezioso è stato il poter partecipare ad uno di questi incontri presso una semplice casa indigena, dove ci siamo riuniti con alcune famiglie e i propri bimbi coinvolti in questo progetto. Allo stesso modo una mattina abbiamo visitato insieme un collegio bilingue (spagnolo/kichwa), dove insegnanti e studenti portano avanti e custodiscono la tradizione di un idioma tanto antico quanto profondamente radicato in questa terra amazzonica.

Qui, dopo aver ascoltato l’inno ecuadoriano cantato in Kichwa, ci siamo fermati in qualche classe per cantare e suonare insieme ai più piccoli, tra il loro stupore e la nostra difficoltà ad imparare anche le parole più semplici.

Una cosa però l’abbiamo imparata
Tsikaykamay mashikuna!
… A presto amici!

Eleonora e Davide

Lago Agrio, provincia di Sucumbìos, 24/03/2025

 

Momenti in casa di canto in kicwha, rivitalizzazione che parte dai più piccoli