le pagine del diario sono raccolte anche in un libretto che è possibile scaricare cliccando qui
le riflessioni sono riportate partendo dal basso quindi la prima qui sotto è in realtà l’ultima scritta
DOMENICA 29 GIUGNO : FACCIAMO UNA FOTO DI GRUPPO?
La domanda “facciamo una foto di gruppo?” è risuonata decine di volte. All’inizio era Francesco (un boomer vero e quindi amante di queste cose) che la faceva ma poi è diventata la domanda di tutti perché siamo diventati sempre più comunità, sempre più uniti. Questo ha certamente contribuito alla riuscita del pellegrinaggio.
Dai pellegrinaggi si torna sempre a casa arricchiti e così a Manaus, intorno al tavolo del ristorante, prima di cena, ci siamo arricchiti vicendevolmente (Mario lo ha definito un gruppo di autoaiuto) raccontandoci cosa ci portiamo a casa, partendo a una parola che ognuno ha volto far risuonare, da sensazioni ma anche con sguardo al futuro. Proviamo a sottolineare alcune parole
Accoglienza. Qualcuno ha sottolineato questo aspetto ma tutti abbiamo colto la capacità di farci sentire a casa da parte di chi ci ha accolti. Possiamo dire di aver ricevuto lezioni sull’accoglienza. Canti, balli, ci hanno fatto direi che qui c’è una cultura dell’accoglienza
Povo, gente (Popolo, persone). Questa parola è risuonata tantissime volte. Come abbiamo già scritto il pomeriggio degli incontri con i missionari una delle suore ha sottolineato che possiamo essere salesiane, salesiani, del sacro cuore o di qualsiasi altra congregazione ma siamo tutti unico popolo di Dio.
Il senso di essere popolo in questo luogo l’abbiamo sentito fortissimo. Ci saranno senz’altro problemi e divisioni ma il tentativo di essere unica famiglia è evidente. Come il desiderio di essere uniti per raggiungere insieme un obiettivo. Uniti per qualcosa
Della prima parte del viaggio in Goias ha colpito moltissimo quanto sia ancora vivo il ricordo dei missionari modenesi e carpigiani che sono passati di qua: sembra siano ancora presenti!
Amazzonia – Casa. Ci siamo sentiti a casa, l’Amazzonia è davvero, per il posto che è per la bellezza della natura, per la cura che si deve avere per preservarla, la casa di tutti. E a questo si lega la forte esperienza di cura nei confronti di ciascuno e che abbiamo sentito verso ognuno di noi. Il vescovo Vanthuy ci ha mostrato moltissimo questo per il modo che aveva di relazionarsi in modo diverso a seconda di chi aveva davanti. Trovava il modo giusto di parlare a seconda della situazione in cui era e delle persone che aveva davanti. Con i bambini un modo, a messa un altro, nelle comunità indigene un altro ancora. Davvero abbiamo visto che per ciascuno può esserci il modo giusto per dire le cose.
Ancora del Goias: missionari che hanno donato la vita, senza ambizioni, senza la pretesa di essere il centro del mondo o di venire ricordati per qualcosa ma seguendo il Vangelo tendando di viverlo. Sono però diventati un esempio e fanno nascere sogni per il futuro: questo da molta speranza.
Missione. Ripensando a tutto quello che qui è stato vissuto qualcuno si è chiesto se la missione possa anche diventare qualcosa per la propria vita.
Presenza viva. Sia in Goias che a Sao Gabriel abbiamo visto un fare chiesa che ingloba dentro di se molte altre cose. L’esperienza del Cepami a Itapirapuà ma anche il Centro Mamãe Margarida a Sao Gabriel, e tanto altro. Forse in Italia siamo abituati a vedere una chiesa che ruota solo intorno alla parrocchia. Aver visto tutto questo può essere uno stimolo anche per le nostre chiese in Italia: come accorgerci di quello che abbiamo intoro? Come fare missione anche da noi?
Da tutto questo nasce anche una domanda che qualcuno si è fatto: Che cosa è la Chiesa?
Semplicità. Senza banalizzare crediamo di poter dire che abbiamo visto una chiesa delle persone semplici e per le persone semplici. Soprattutto per il modo di vivere le cose. Un modo possibile di essere chiesa anche per chi ha meno possibilità.
Missione con il volto della prossimità. In Goias, soprattutto al tempo dei missionari carpigiani e modenesi, era molto forte il tema della terra che non era per tutti; a Sao Gabriel la sfida di stare con gli indios con bellezza e originalità. In entrambi i casi abbiamo trovato chiese che hanno tentato di dare risposte ai problemi locali. Un esempio per tutti quello del vescovo Song che visitando le famiglie si accorge della reclusione delle persone con disabilità. Molto spesso, negli anni ’60 ’70 e ’80 i nostri missionari sono stati poco considerati con frasi tipo: qui non siamo mica in Brasile o simili. Venendo qua e vedendo quello che hanno fatto ci sentiamo di poter dire che abbiamo avvalorato il loro lavoro e che hanno fatto le scelte giuste rimandovi fedeli pur nella poca accoglienza da parte di chi stava in Italia.
Intrecci (Tudo esta interligado). Abbiamo sentito molto parlare di sorellanza tra chiese per creare nuove vie e nuove strade. Quello che hanno seminato e intrecciato i missionari va ancora avanti. Ma l’intreccio qui è molto evidente anche tra natura e gente.
Pienezza. Abbiamo sentito parlare e visto scelte di vita di persone che non si sono accontentate ma hanno cercato di dedicarsi in pienezza, totalmente. Per esempio don Maurizio che con regolarità, tutto l’anno visita le comunità lungo i fiumi e non è né semplice né comodo. Tutto questo ci ha trasmesso la gioia dell’incontro e la testimonianza della speranza. Ora, appena arrivati in Italia, corriamo il rischio di farci riprendere dal vortice delle nostre cose, delle nostre vite. Abbiamo avuto la possibilità di vedere concretamente che la missione è più stare che fare. Speriamo davvero che tutto questo rimanga nei cuori e diventi testimonianza e rilancio con entusiasmo.
Profeta. Abbiamo incontrato profeti dei nostri giorni che ci hanno fatto emozionare con i racconti, le omelie… Persone che ci hanno aiutato a capire il contesto fin dal nostro arrivo come dom Vanthuy che in riva al fiume ci racconta che la foresta e l’acqua sono vita qui; mente e cuore, in equilibrio, sono un tutt’uno. I volti di chi è accolto nella Fazenda Esperança ci dicono la possibilità di una vita nuova attraverso le tre regole che possono dire molto anche alle nostre vite: comunità, lavoro, spiritualità. Questo può permettere anche ad ognuno di noi di essere profeta; sognatori capaci di fare il bene sentendosi in connessione con la natura e con gli altri.
Speranza viva fatti di volti, soprattutto quelli dei tantissimi bimbi. Charles Peguy ne “Il portico del mistero della seconda virtù” parla della speranza come virtù sorprendente, la speranza bambina. La speranza avanza tra le sue due sorelle grandi e non si nota neanche… che è lei che nel mezzo si tira dietro le sorelle grandi. E che senza di lei, loro non sarebbero nulla. Se non due donne già anziane… E’ lei, quella piccola, che trascina tutto. Perché la Fede non vede che quello che è. E lei vede quello che sarà. La Carità non ama quello che è. E lei, lei ama quello che sarà.”…Sulla via della Salvezza, sulla via carnale, sulla via accidentata… sulla strada interminabile, sulla strada tra le due sorelle, la piccola speranza, avanza.
Noi abbiamo incontrato questo.
Grazie don Maurizio
Grazie dom Vanthuy
Grazie a tutti i missionari che abbiamo incontrato, molti di loro brasiliani ma provenienti da luoghi lontani dall’Amazzonia (e non è una lontananza solo geografica)
Grazie a chi qui missionario è stato e il ricordo è ancora vivo. Grazie per il seme che avete piantato nonostante le resistente anche nostre.
Grazie a questo popolo di persone accoglienti, attente, disponibili, profondamente credenti.
Grazie a chi ci ha accompagnato da lontano.
Abbiamo cercato di essere fedeli a questo diario quotidiano soprattutto nella speranza di riuscire a trasmettervi non il nostro pellegrinaggio ma il vissuto della gente che abbiamo incontrato.
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SABATO 28 GIUGNO – SALUTI
E’ il nostro ultimo giorno a Sao Gabriel. Abbiamo posticipato fino ad oggi la registrazione di un video con una breve intervista al vescovo Erio per raccogliere un po’ di impressioni su questo viaggio e una piccola riflessione anche sul tema della speranza in questo anno giubilare. Nei prossimi giorni Lucao Fantonao (come lo abbiamo chiamato in questi giorni tentando di brasilianizzare il nostro italiano… in realtà ormai mettiamo ao finale in tutte le parole he pronunciamo), che rimane qui ancora per due settimane, intervisterà anche dom Vanthuy, don Maurizio e altri che insieme a loro portano avanti la caminhada del Vangelo nell’Alto Rio Negro. Alle 7 siamo già davanti alla cattedrale con una meravigliosa vista sul fiume.
Colazione, valigie pronte o quasi e ci aspetta l’incontro con i bambini e gli animatori dell’infanzia missionaria. Sono divisi in gruppi per età e per provenienza e ognuno ha la maglietta di colore diverso con stampe che richiamano il tema dell’infanzia e della missione. Come abbiamo già scritto è chiaro che qui si stampa una maglietta per ogni occasione: avremmo voluto portale a casa tutte!!!
Ogni gruppo ci presenta una danza tradizionale e nella prima ci vengono offerti frutti della terra di ogni tipo: banane, ananas, cupuaçu e altri frutti che non conosciamo ma probabilmente abbiamo assaggiato in questi giorni soprattutto nei succhi che ci sono stati presentati in ogni occasione. Ognuno di noi ha il suo preferito.
Al termine delle danze spesso ci vengono donate collane, braccialetti e anche un paio di copricapi tipici delle tribu indigene. Le lingue dei canti sono in particolare tucano e nheengatu ma anche portoghese. Ci vengono proposti canti di invio in missione e vorremo averli imparati tutti! Il vescovo Vanthuy ama moltissimo cantare e si associa sempre ai canti.
Ad un certo punto veniamo anche dipinti in fronte e al volto con segni che, immaginiamo, sono tipici delle varie etnie.
Non manca la foto di gruppo finale (probabilmente abbiamo battuto il record del mondo per numero di foto di gruppo in questo viaggio) ma in tanti chiedono anche foto insieme a noi, soprattutto ai più giovani.
Il pranzo è alle 10,45 (praticamente un tutt’uno con la colazione) perché alle 11,30 dobbiamo partire per l’aeroporto. Anche qui al termine del pranzo ci fanno molti regali: ormai abbiamo aperto e chiuso le valigie varie volte per poter inserire tutto… perfino noci di cocco. Un grazie enorme va anche a suor Letizia che presta servizio in vescovado e alla signora Rose che aiuta in cucina.
Don Erio non si stanca di dire che abbiamo ricevuto un’accoglienza stupenda che noi non saremmo mai in grado di contraccambiare.
Don Maurizio, dom Vanthuy e Luca ci accompagnano all’aeroporto e, a parte qualche problemino con le valigie che non risultano essere registrate, possiamo procedere all’imbarco per Manaus.
Un po’ di commozione c’è in tutti ma soprattutto c’è gratitudine per gli incontri che abbiamo avuto; per le attività che ci sono state presentate e che ci hanno mostrato il volto di una chiesa che cammina con la gente; per le persone semplici che ci hanno mostrato una forte ricchezza spirituale e per le tante suore e laici che donano la vita per accompagnare questo popolo o meglio questi popoli.
Come dice dom Vanthuy siamo qui con gente semplice che però è molto complicata. Crediamo si riferisca alla cultura e agli usi e costumi di questa gente. In un incontro un seminarista ha chiesto al vescovo Erio se secondo lui un indigeno può diventare prete. Potremmo snobbare una domanda di questo tipo ma dietro ci stanno molte cose. Ci sta, per esempio, che il celibato è incomprensibile qui, forse addirittura un non valore perché generare vita, essere fecondi è fondamentale. Ci sta che la ritualità, i miti, le tradizioni di qua sono completamente lontane dalla nostra cultura e crediamo di poter dire che la chiesa è fortemente permeata e condizionata da una cultura che è occidentale, che deriva da quella greca e latina.
Come abbiamo già scritto è un altro mondo e dobbiamo fare molta attenzione a giudicarlo
Dom Vanthuy, che è Brasiliano ma non indio, che però vive in Amazzonia da quando era bambino, si muove qui con rispetto e attenzione, con desiderio di conoscere e di andare incontro. Ci racconta che dalla prossima settimana parteciperà ad una serie di incontri, iniziati già da parecchio tempo, che lavorano per arrivare ad avere un rito amazzonico come suggerito anche nella Querida Amazonia, l’esortazione apostolica di papa Francesco post Sinodo dell’Amazzonia:
L’Eucaristia unisce il cielo e la terra, abbraccia e penetra tutto il creato». Per questo motivo può essere «motivazione per le nostre preoccupazioni per l’ambiente, e ci orienta ad essere custodi di tutto il creato». Quindi «non fuggiamo dal mondo né neghiamo la natura quando vogliamo incontrarci con Dio». Questo ci consente di raccogliere nella liturgia molti elementi propri dell’esperienza degli indigeni nel loro intimo contatto con la natura e stimolare espressioni native in canti, danze, riti, gesti e simboli. Già il Concilio Vaticano II aveva richiesto questo sforzo di inculturazione della liturgia nei popoli indigeni, ma sono trascorsi più di cinquant’anni e abbiamo fatto pochi progressi in questa direzione. (nr 82)
Quel che è certo è che ognuno di noi torna a casa arricchito… ma magari ne parliamo la prossima volta se ce la facciamo
Siamo in viaggio. Trascorriamo la notte tra sabato e domenica a Manaus.
Qualcuno è uscito per vedere il teatro della città.
Altri sono rimasti in camera a riposare o a chiacchierare
Il cardinale Leonardo Ulrich Steiner vescovo di Manaus è venuto nel nostro hotel per incontrare il vescovo Erio e non poteva mancare una foto di gruppo anche se non c’eravamo tutti.
Abbiamo celebrato la messa in hotel e domani voliamo fino a San Paolo e arriveremo a Roma lunedì in tarda mattinata.
Ecco una piccola galleria di immagini della giornata :
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27 GIUGNO 2025 : UN’ACCOGLIENZA MARAVILHOSA!!!
Siamo al penultimo giorno di permanenza a Sao Gabriel. Il gruppo è molto affiatato e qualcuno, soprattutto tra i più giovani, si sta pentendo di non aver prolungato il soggiorno qui di qualche settimana. E’ una cosa che diciamo sempre anche con i giovani che fanno le esperienze estive: dopo la prima settimana, che può essere di nostalgia o difficoltà di comprensione, i giorni che seguono diventano sempre più coinvolgenti. Luca resterà per continuare a riprendere e fotografare e siamo certi che farà un ottimo lavoro che ci aiuterà a comunicare e trasmettere anche a Modena e Carpi quello che abbiamo vissuto e soprattutto quello che hanno vissuto e vivono i missionari e il lavoro pastorale delle diocesi che abbiamo incontrato. Speriamo abbia dei ritmi più lenti e che possa vedere un po’ di Amazzonia anche con i suoi occhi veri e non solo dal mirino di una macchina fotografica. Graaaande Luca!!!!
Questa mattina, dopo lodi e colazione, abbiamo visitato il Centro Mamãe Margarida che si trova a fianco della cattedrale. Si tratta di un centro diurno per disabili, soprattutto bimbi ma non solo, voluto dal vescovo salesiano cinese Dom José Song Sui-Wan che è stato qui tra il 2002 e il 2009.
Arrivato in diocesi e visitando le famiglie si è reso conto che i disabili venivano tenuti nascosti e in alcuni casi anche uccisi alla nascita e ha così pensato il modo per andare incontro alle famiglie. Nel 2006 si è iniziato a sistemare la struttura già esistente per altro e nel 2007 si è inaugurato il centro. Inizialmente le persone venivano coinvolte in occasione di feste particolari ma si è arrivati presto ad una accoglienza quotidiana dividendo gli ospiti in due turni: un gruppo al mattino e un gruppo al pomeriggio. Attualmente gli ospiti sono 54 ma le richieste sarebbero molte di più. Sono in aumento soprattutto i bimbi autistici e la loro gestione non è sempre facile anche perché in città non c’è nessuno autorizzato a “certificare” questa disabilità e senza certificazione non è possibile avere sostegno economico dal comune per poter assumere e coinvolgere educatori e personale specializzato. La burocrazia brasiliana è davvero un labirinto che rischia di far impantanare molte pratiche. Lo abbiamo visto anche noi in passato in occasione della richiesta di visti per missionari laici.
Il lavoro del centro Mamãe Margarida prevede anche il contatto e l’accompagnamento delle famiglie grazie a psicologi e personale preparato ma anche l’accoglienza per mezza giornata dei ragazzi da molto sollievo alle famiglie.
Tra i volontari c’è una suora delle missionarie del Sacro Cuore (oggi è la loro festa) che è specializzata nel metodo montessoriano e ci spiega che questo metodo è molto utile in questi casi perchè valorizza la singola persona (forse non siamo molto precisi in questa descrizione ma ci perdonerete). Anche un frate della stessa famiglia religiosa, frate Leonardo, è coinvolto come maestro di musica e insegnante della LIBRAS la lingua dei segni brasiliana. Lui stesso è sordo e ci dice che proprio per questo si sente molto parte di questa comunità. Alla fine dell’incontro ci dirà che è di San Paolo e parlando con Anna dirà che ha studiato da bambino nella scuola per bimbi sordi delle Figlie della Provvidena, la congregazione modenese che si dedica proprio ai sordi. Ricorda suor Chiara e suor Maddalena: porteremo i suoi saluti!
Anche qui siamo accolti con danze e canti e la responsabile ci racconta tutto della scuola. Al termine un regalo per tutti noi… anzi più regali. Un’accoglienza maravilhosa!!!!
I ringraziamenti finali sono del vescovo Erio e dice che questo incontro gli ha ricordato una riflessione di Cecilia Camellini, la campionessa paralimpica cieca di nuoto. Cecilia dice di aver imparato a nuotare non quando la sua istruttrice stava a bordo vasca e neanche quando è scesa in acqua con lei. Ha imparato quando questa si è messa una benda sugli occhi e ha potuto condividere in pieno la sua condizione. Solo condividendo tutto ci si capisce e questo è quello che abbiamo visto nel visitare questa casa di accoglienza.
Difficile lasciare questo luogo anche perché Carlos (il seminarista in servizio qui a ao Gabriel) e frate Leonardo iniziano una serie di danze e bans che coinvolgono tutti!
Dedichiamo il resto della mattina e una prima parte del pomeriggio a un po’ di compere nei negozi di artigianato e poi alcuni di noi si tuffano per l’ultima volta nel Rio Negro e altri si riposano mentre i vescovi con don Maurizio incontrano i seminaristi e i giovani in ricerca vocazionale.
Arrivano così le 19 e ci ritroviamo alla grotta mariana poco distante da casa per iniziare la processione verso la cattedrale in occasione della festa del Sacro Cuore di Gesù. Sono celebrazioni molto sentite. La religiosità popolare qui è molto forte. Una caratteristica di queste occasioni qui in Brasile sono le magliette stampate con immagini di santi o con disegni che richiamano le ricorrenze e le feste.
E’ la prima volta che entriamo in cattedrale e notiamo il tabernacolo contornato dai nomi dei popoli che vivono questa terra: davvero molto significativo.
All’inizio della celebrazione, dom Vanthuy ci presenta all’assemblea uno ad uno chiamandoci per nome. Anche in questa occasione si dimostra molto umano e attendo: davvero un uomo sensibile e attento oltre che una persona di grande fede.
Insiste subito molto sul nostro pellegrinaggio da loro e chiama chiese sorelle quella di Modena-Nonantola, quella di Carpi e quella di Sao Gabriel da Cachoeira
All’inizio dell’omelia (poi darà la parola a don Erio) ribadisce che questa è una celebrazione di fraternità tra due chiese e definisce don Erio un vescovo fratello che è venuto in pellegrinaggio.
Al termine della messa, prima della benedizione finale, veniamo chiamati tutti davanti all’altare e ci viene consegnata una canoa di legno, simbolo delle itineranze e anche della vita di questa gente che vive sul fiume.
Piccola parentesi
Dom Vanthuy proprio stamattina ci aveva detto che poche settimane fa ha incontrato un villaggio in cui alcuni bimbi non avevano mai visto l’uomo bianco e qualcuno anche tra i più grandi non era mai salito su un’auto. In compenso tutti sapevano muoversi sul fiume in canoa
Ma ritorniamo al regalo che abbiamo ricevuto: dom Vanthuy dice che il nostro contraccambio più grande è il dono che facciamo loro permettendo a don Maurizio di restare qui! Applauso da tutta l’assemblea!
Anche in questa occasione qualcuno di noi si commuove e la serata non è finita perché ci aspetta una cena con la comunità con canti e danze (che proviamo ad imparare) e con cibi tipici delle comunità indigene: forse il più “insolito” è il piatto di formiche grandi che tutti (o quasi) proviamo!
Rientriamo a casa felici e contenti. Qualcuno va a letto, qualcuno si ferma a giocare ma tutti ci accorgiamo che scoppia un temporale fortissimo con un rumore assordante e con la luce che va (per lungo tempo) e viene (per riandarsene ancora)
Quando andiamo a letto è davvero tardi ma tutti sentiamo che è l’ultima sera qui e forse vorremmo dilatare il tempo
Ecco una piccola galleria di immagini della giornata :
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26 GIUGNO : ITINERANZA… O QUASI
Iniziamo la mattina con le lodi e anche da qui ci ricordiamo che oggi in Madagascar è festa nazionale: un ricordo è anche per gli amici missionari là e per tutto il popolo malgascio.
Questa mattina era in programma la visita alla comunità di Tapurucuara Mirin a circa due ore (in realtà sarà un po’ meno) di barca da Sao Gabriel e don Maurizio ci dice che è una delle comunità che visitano con le itineranze.
Itineranza è una parola che sentiamo dire spesso da don Maurizio. Il correttore di word la sottolinea in rosso e questo fa pensare che probabilmente non è una parola riconosciuta dal vocabolario italiano. Abbiamo infatti chiesto a don Maurizio e dom Vanthuy di spiegarci cosa intendono quando usano questa parola.
Per capire meglio è necessario dire che le parrocchie della diocesi di Sao Gabriel sono solo 11 su un territorio grande come tutta l’Italia, ma le comunità sono circa 400. Questo significa che ogni parrocchia è divisa in più comunità. La parrocchia della cattedrale di Sao Gabriel, per esempio è divisa in 35 comunità su un territorio molto vasto e la maggior parte delle comunità sono raggiungibili solo in barca. E’ un po’ quello che sta succedendo a Modena e anche in molte altre diocesi italiane con l’accorpamento delle parrocchie: la parrocchia diventa una sola ma le comunità rimangono varie. Al contrario di quello che succede in Italia, però, qui il parroco non riesce a celebrare messa in tutte le comunità tutte le settimane ma si calendarizzano quattro visite in un anno e non sempre queste sono di domenica. Don Maurizio, per esempio, calendarizza le visite alle comunità lungo i fiumi (Rio Negro e Rio Curicuriari) dividendo queste in due gruppi che visita quattro volte all’anno. Per visitare il primo gruppo di parrocchie impiega una settimana mentre per visitare il secondo gruppo impiega dieci giorni.
Queste visite sono le itineranze.
Don Maurizio (ma anche gli altri parroci della diocesi nelle loro parrocchie), accompagnato da una equipe di laici e suore e da un pratico (il conducente della barca che è anche meccanico e tuttofare), viaggia lungo il fiume dormendo in amaca e condividendo la vita della gente delle comunità. Quando si arriva in una comunità si sta con le persone, si ascoltano le richieste o anche solo le difficoltà che vivono lì; si visitano le famiglie (non tutte le volte); si celebra la messa; si mangia insieme con quello che la comunità mette a disposizione.
Normalmente alla sera si fa vedere un film, soprattutto ai bambini e poi si dorme in amaca sotto tettoie o case disponibili per l’accoglienza.
Questo fermarsi e stare con le persone condividendone (anche se solo brevemente) la vita, aiuta a conoscersi e analizzare al meglio le eventuali situazioni di difficoltà o i bisogni che vengono espressi.
Nel resto del tempo la comunità continua a ritrovarsi per la preghiera alla domenica o, in alcuni casi, anche più spesso (rosario mese di maggio, quaresima, avvento).
In ogni comunità c’è un catechista che prepara ai sacramenti e così il parroco, quando arriva, può celebrare battesimi, prime comunioni, matrimoni…
Accennavamo prima agli accorpamenti delle parrocchie: questo modello di organizzazione della diocesi di Sao Gabriel (ma anche in molti altri luoghi del mondo), con i dovuti adattamenti, potrebbe essere preso come esempio anche da noi, a Modena e Carpi. Non tutti concordano con questa proposta ma presto si dovrà affrontare questa situazione a causa del calo del clero nelle nostre diocesi. Forse sarebbe bene affrontarlo prima formando laici capaci di diventare referenti nelle comunità, mettendo da parte il clericalismo che è un atteggiamento non solo dei preti.
Speriamo, a questo punto, che sia chiaro cosa siano queste itineranze
Torniamo a noi
Questa mattina siamo partiti con due voadera (piccole barche veloci) condotte da Jonas e Edivaldo. Non abbiamo fatto una vera e propria itineranza perché abbiamo visitato solo una comunità, Tapurucuara Mirin, senza fermarci a dormire. Siamo venuti qui perché Dom Vanthuy, insieme a don Maurizio, volevano darci un’idea di cosa significhi spostarsi sul fiume e vivere in una comunità
Il nostro arrivo è annunciato a tutta la comunità con il suono di una campana che in realtà è un tubo di metallo battuto con un altro tubo più piccolo. Ci ha colpito molto questa semplicità anche perché nei giorni scorsi in Goias ci hanno detto che oggi in un santuario nei pressi di Goiania avrebbe suonato per la prima volta la campana più grande del mondo: forse anche questo ci dice i grandi contrasti del Brasile.
Scesi dalle barche siamo accolti dalle danze e i canti dei bimbi e poi ci fermiamo a conoscere qualcuno mentre si prepara per la messa.
Nonostante la presenza di due vescovi (è la prima volta in questa comunità) la celebrazione è presieduta da don Maurizio che è il referente di questa comunità
Il pranzo è in comune nella stessa sala dove abbiamo celebrato la messa ed è offerto da chi ci ospita.
I bimbi sono tanti e qualcuno dei più giovani tra noi si dice invidioso per la loro libertà, forse anche perché continuano a divertirsi tuffandosi nel fiume completamente vestiti.
Luca fa partire il drone e possiamo vedere dall’alto uno spettacolo della natura: fiume e piante a perdita d’occhio intorno a noi.
Rientriamo a Sao Gabriel fermandoci per visitare, nel folto della foresta, una casa (ormai diroccata e invasa dalle piante) che fino a inizio ‘900 era destinata alla “raccolta” degli schiavi presi tra gli indios e da vendere ai grossi proprietari portoghesi che dominavano il Brasile.
Al rientro a Sao Gabriel, dopo una breve pausa, saliamo a piedi sul monte della buona speranza, il cui sentiero attacca poco lontano dal vescovado e lungo il quale si trovano delle maestà con le stazioni della via crucis. Una volta in cima il panorama è meraviglioso: si può vedere tutta Sao Gabriel dall’alto e si può avere un’idea dell’immensità della foresta.
Scendiamo in fretta quando iniziamo a sentire i tuoni e arriviamo a casa proprio quando inizia a piovere.
La cena è ottima come sempre e con un siparietto in cui don Erio si veste da Andrea (letteralmente indossando una sua maglietta comprata qui) e Andrea si veste da don Erio (con camice e copricapo indio) per celebrare il matrimonio tra Erica e Nicola con un formula inventata in modo estemporaneo da Andrea che prevede, tra le altre cose, la fedeltà anche in erasmus e in vacanza con le amiche… molto moderno e giovane, forse è inculturazione anche questa??? Tranquilliziamo tutti: il matrimonio non ha nessun valore né legale né religioso!
Ecco una piccola galleria di immagini della giornata :
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25 GIUGNO 2025 : INCONTRIAMO UN POPOLO
Questa mattina alle 6,45 anche i più giovani si sono dimostrati puntuali e reattivi nonostante l’orario. Don Maurizio ci accompagna a fare il bagno nel Rio Negro e dopo poco ci raggiungono anche dom Vanthuy e Carlos, il seminarista in servizio qui a Sao Gabriel. Nonostante l’orario l’acqua è ad una temperatura perfetta e non è facile uscire per tornare a casa.
Facciamo colazione rapidamente perché ci aspettano 45 minuti di auto, quasi tutti su strada di terra rossa (circa a metà ci fermiano per la foto sulla linea immaginaria dell’equatore), per raggiungere Fazenda Esperança, luogo di accoglienza per chi decide di intraprendere un percorso di recupero dalla dipendenza dalla droga o dall’alcol. L’alcolismo è un problema davvero grande soprattutto per chi dai villaggi lontani si trasferisce in città. Con noi vengono anche alcuni volontari della Fazenda e suor Rita che alla Fazenda si occupa soprattutto di un sostegno spirituale.
Veniamo accolti in un salone e i circa 20 ospiti, presentandosi, ci raccontano qualcosa di se. Storie di vita difficili, faticose, tribolate. Qualcuno ha iniziato a bere o a drogarsi già a 14 o 16 anni… qualcuno addirittura a 9. Ci sono ragazzi giovani ma altri più vecchi. Insegnanti e uomini adulti (è una casa di accoglienza maschile) che si sono rifugiati nell’alcol dopo essere stati abbandonati da moglie o famiglia; altri che la moglie l’hanno persa proprio perché hanno iniziato a bere. Molti di loro erano originari di comunità lontane ma si erano trasferiti a Sao Gabriel. Alcuni di loro hanno iniziato a bere servendo nell’esercito (Sao Gabriel è al confine con Colombia e Venezuela e qui vivono oltre 3500 militari): al villaggio l’alcol era proibito. Qualcuno è qui dopo una ricaduta. Il programma di “recupero” dura circa un anno ed è diviso in alcune tappe. In Brasile ci sono 176 Fazende come questa, tutte in gestione alle diocesi. Nascono dall’esperienza dei Focolarini che offrono un aiuto anche per il il reinserimento nella società con il Gruppo Speranza Viva.
Molti di quelli che riescono a liberarsi della dipendenza diventano volontari nelle fazende per aiutare altri a star bene.
L’esperienza delle fazende è fondata su tre pilastri: lavoro, vita comunitaria e spiritualità.
Celebriamo insieme la messa ben preparata e animata dalla comunità e dai volontari. Presiede dom Vanthuy che inizia sottolineando che celebrare la messa è un modo per aiutare le persone a incontrare Gesù su strade nuove. Partendo lettura del vangelo di Matteo 7,15-20 dom Vanthuy, nell’omelia, ci dice che Dio ci ha creati liberi e la gente può fare cose buone o meno buone. A volte si inciampa in cammini falsi che possono portare alla morte ma esistono cammini per la vita come la fazenda esperança. La nostra vita può avere esperienze negative e altre buone ma se restiamo legati a Gesù che è un albero buono i frutti possono essere solo buoni, possiate tornare uomini liberi.
Ci colpisce molto che al momento della preghiera dei fedeli dom Vanthuy ci fa notare il rumore delle seghe elettriche di sottofondo: la distruzione della foresta è un grande pericolo e lui prega perché questa resti alla gente di qua.
Prima della benedizione prende la parola il vescovo Erio e sottolinea che il passato può aiutare il nostro futuro. Gli errori del passato possono diventare ricchezza per il futuro e per aiutare gli altri con la propria esperienza come accade qui alla Fazenda. Il vangelo non insiste sul passato, Gesù insiste sul “d’ora in poi”.
La celebrazione termina con un canto per noi: Fazenda esperança dove tutto è possibile e tutto può cambiare.
Rientriamo percorrendo la strada sterrata e quelli caricati nel retro del pick-up arrivano coperti di terra rossa… uno spettacolo!
La giornata è intensa (ritorniamo ai ritmi dei primi giorni in Goias) e dopo il pranzo in vescovado visita alla casa di Suor Inês Penha, un centro di accoglienza e di formazione gestito dalle suore salesiane.
Questo centro porta avanti tre attività principali:
– artigianato producendo borse tappeti e tanto altro intrecciando la fibra naturale che si ricava dall’albero di Tucum (la termine regaleranno al vescovo Erio un telo da utilizzare per l’ambone del duomo)
– equipe di strada che visitando i luoghi più a rischio cerca di individuare i minori in pericolo per vari motivi (sfruttamento, abusi, violenze) e lavorare con il tribunale per tentare di affrontare i casi che lo necessitano
– doposcuola per i bimbi e ragazzi
Veniamo accolti, sotto una grande casa rotonda coperta di lamiera, da discorsi di benvenuto, e anche da canti e danze preparati dai bimbi e dai ragazzi.
Mentre ci presentiamo inizia a piovere molto forte (come ha detto Luca è la nostra prima pioggia amazzonica a l’accogliamo volentieri) e il rumore della pioggia sulla lamiera copre tutti i nostri discorsi. Forse è per questo che un bimbo si avvicina e chiede di poter fare una foto con don Francesco Cavazzuti: lo fa con molta emozione e non ci è subito chiaro perché. Poco dopo scopriamo che credeva fosse il nipote di papa Francesco!!!
Rientrati in vescovado ci aspetta un incontro con i missionari della diocesi appartenenti a diverse congregazioni maschili e femminili e anche con i fidei donum da altre diocesi del Brasile. Dom Vanthuy introducendo ringraziando per il nostro pellegrinaggio, soprattutto per la presenza di don Maurizio. Pone subito anche una richiesta: un altro prete o qualche seminarista per un servizio qui, anche solo di un anno: davvero non ci ha girato intorno! Ha parlato portoghese e chiede quindi al vescovo Erio se ha capito la proposta. Don Erio prontamente e simpaticamente risponde: temo proprio di sì…
A seguire dom Vanthuy invita tutti a presentarsi.
In terra è stato messo il cero pasquale con una grade cartina della diocesi e ognuno, dopo essersi presentato, è invitato a posizionarvi sopra una barchetta in corrispondenza del nome del luogo in cui opera.
Dom Vanthuy ci presenta poi il lavoro della diocesi utilizzando una presentazione che ha preparato con foto e testi in italiano. Non nasconde gli errori del passato, per esempio gli internati in cui i primi missionari tenevano a lungo i bambini con lo scopo di istruirli ma con l’intento anche di distruggere la loro cultura.
Dopo di lui, Dom Vanthuy, invita a parlare i tre preti indigeni originari della diocesi e anche le suore indigene. L’evangelizzazione di questi luoghi deve passare soprattutto dalla stessa gente di qui.
Tutti ringraziano per la presenza qui di don Maurizio e anche per il sostegno economico che la nostra diocesi di Modena dà ogni anno per l’acquisto della benzina necessaria per la visita ai villaggi: senza i soldi per la benzina si ridurrebbero davvero molto le visite ai villaggi lungo i fiumi. Pensate che il costo dello spostamento sul fiume da uno dei villaggi più lontani alla sede della diocesi costa più del nostro volo dall’Italia.
Una delle parole più ripetuta da tutti è povo: popolo. Una delle suore dice che possiamo anche essere salesiane, salesiani, del sacro cuore o di qualsiasi altra congregazione ma siamo tutti unico popolo di Dio.
Dopo questo momento entra un catechista della diocesi e pone sulla testa di don Erio un copricapo indigeno che rappresenta l’autorità ed è da considerarsi sacro.
E’ un momento molto emozionante.
Don Erio fa un breve discorso ringraziando perchè è vero che noi diamo un po’ di soldi per la benzina ma voi date a noi l’ossigeno (che è molto più necessario) con l’entusiasmo che avete nel vivere e annunciare il Vangelo. Fa anche capire che non ha dimenticato la richiesta di un prete e/o di un seminarista: si farà promotore di questa richiesta.
Il pomeriggio termina (o quasi visto che ci sarà il rinfresco) con un canto mentre noi “italiani” reggiamo il cero pasquale: anche questo un momento molto bello ed emozionante.
Anche questa sera siamo pieni degli incontri, delle parole, delle vite che abbiamo incrociato. Speriamo davvero di farci contaminare da questo popolo e da questa chiesa così desiderosa di vivere e trasmettere il Vangelo.
Ecco una piccola galleria di immagini della giornata :
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24 GIUGNO 2025 : AMAZZONIA
Arrivati in albergo a Manaus alle 2 di notte passate siamo andati in hotel grazie ai trasporti Uber prenotati da Gloria che a Belo Horizonte si è alzata di notte per aiutarci: solidarietà missionaria brasiliana.
In albergo abbiamo dovuto fare la fila per il check-in e siamo andati a dormire alle 3 passate. Abbiamo dormito poche ore ma un po’ di riposo ci voleva
Alle 9,30 di nuovo in aeroporto e alle 11, senza problemi, abbiamo preso il volo per Sao Gabriel da Cachoeira, sede della diocesi dell’Alto Rio Negro, una zona definita cabeça de cachorro (testa di cane) per la forma che ha vista sulla cartina geografica. Siamo nell’estremo nord/ovest del Brasile. Viaggio senza nessun problema e anche le valigie arrivano regolarmente. Andrea che viaggia con noi due anni fa restò qui quasi un mese senza mai ricevere il suo bagaglio: ci aveva impauriti e condizionati così veder scaricare tutte le nostre valigie è stato un sollievo.
Ad accoglierci in aeroporto don Maurizio Setti, missionario modenese fidei donum (inviato dalla diocesi) qui da alcuni anni e con un passato in Goias, e dom Vanthuy, vescovo di questa diocesi da meno di due anni.
Il caldo e l’umidità si fanno sentire ma la gioia per essere in questo luogo stupendo compensa anche la stanchezza accumulata in questi giorni.
Il pranzo in vescovado è ottimo e abbondante e prevede anche pesce di questi fiumi.
Durante il pranzo dom Vanthuy ci ricorda che ci ha invitati a venire qui, in questo anno del Giubileo, non tanto per una visita ma considerandolo un pellegrinaggio, potremmo forse dire una ricerca spirituale. Ci accorgiamo subito che dovremo vivere un modo pieno e attento quello che ci aspetta.
La voce sui ritmi intensi dei giorni scorsi è arrivata fino qui e cosi don Maurizio e don Vanthuy ci propongono un pomeriggio di riposo fino alle 17,30 (anche perché fa molto caldo). Alcuni di noi però prima delle 16 sono già in giro per la città a piedi accompagnati da don Maurizio per iniziare a vedere e conoscere un poco (ma proprio poco) questo luogo. Ora bisognerebbe scrivere le prime impressioni che abbiamo avuto ma non è semplice. Come ci ha detto dom Vanthuy siamo in un altro mondo! La cultura, gli usi e i costumi, le tradizioni, qui sono qualcosa di davvero altro! Lui stesso, originario del nord-est del Brasile, dice di faticare a entrare completamente nella vita della gente di qua. Qui tutto ruota intorno all’acqua del fiume e alla foresta, tutto dipende da loro: ci si sposta sul fiume, l’acqua è vita, la foresta da il sostentamento… e molto altro. Ci sono popoli che rifiutano il contatto con la nostra cultura, altri che sono venuti in contatto solo pochi anni fa. Anche chi studia lontano o lavora altrove tiene dentro un modo di essere e di sentire che non è possibile spiegare. Vanthuy ci ricorda che il forte vince sempre sul debole e questo vale anche per la cultura che uno porta dentro di se o lo stile di vita che uno ha. Tutto questo per dire che non è facile scrivere le prime impressioni… forse impossibile. Dom Vanthuy ci fa riflettere su tutto questo in riva al Rio Negro, prima nel porticciolo e poi in quella che definiscono la spiaggia ma in questo periodo è una cementata perché l’acqua è molto alta e ha coperto tutta la spiaggia di sabbia.
Al rientro celebriamo la messa in casa, in italiano e Dom Vanthuy e Carlos (un seminarista di una diocesi del sud che sta facendo qui un anno di servizio pastorale prima dell’ordinazione diaconale) celebrano con noi. Oggi è la solennità della natività di San Giovanni Battista e nell’omelia don Erio sottolinea che un profeta non lavora per il proprio successo, al profeta interessa il suo sogno e non la sua sorte e quando questi sogni sono di pace, di giustizia e di bene sono più duri del granito e alla fine si affermano pian piano nella storia. Ringraziamo quindi il Signore per quei sognatori di cui abbiamo sentito parlare anche in questi giorni che non sono degli utopisti ma dei costruttori di pace.
Dopo la cena ci fermiamo ad ascoltare la proposta di programma per i prossimi giorni e così apprendiamo che domani visiteremo la Fazenda Esperança, casa di recupero per alcolisti e tossicodipendenti. E’ questa una delle sfide per questa diocesi insieme anche alla tratta di esseri umani che avviene per vari motivi: sfruttamento sessuale, sfruttamento per lavoro ma qualcuno è stato perfino reclutato, con false promesse, per essere addestrato dall’Isis.
Breve passeggiata per la città passando davanti alla cattedrale (abbiamo anche l’occasione di vedere le prove della danza della quadriglia per la festa che si terrà a fine mese) e poi ci diamo appuntamento alle 6,50 di domani per andare a fare il bagno al fiume: non si può passare da qui senza fare il battesimo del fiume!
Ecco una piccola galleria di immagini della giornata :
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DOMENICA 23 GIUGNO – DON ELIGIO SILVESTRI E GLI ALTRI MISSIONARI
Il monastero dell’Annunciazione in cui siamo stati ospitati in questi giorni è nella città di Goias, antica capitale dello stato e una delle città più antiche di questo stato al centro del Brasile. E’ una città turistica e patrimonio dell’Unesco grazie al suo centro storico di stile coloniale portoghese. Questa mattina abbiamo avuto la possibilità di visitarla guidati da Luca Mucci che qui è passato decine di volte. Il centro è davvero molto bello ma Luca ci ha fatto riflettere sul fatto che la costruzione di questa città è stata possibile grazie all’opera di centinaia, forse migliaia di schiavi indios o neri. Molti di loro sono morti durante la costruzione e venivano seppelliti direttamente sotto le pietre che costituiscono il selciato della piazza centrale e di molte vie della città vecchia. La attraversiamo tutta fino alla chiesa del rosario retta dai domenicani che nel passato sono stati molto legati ai nostri missionari presenti in questa zona. Uno di loro, Francesco Chico Capponi è stato qui anche come vicario generale. Passiamo anche davanti alla statua in bronzo di Cora Corallina, poetessa e scrittrice, considerata una delle più grandi scrittrici brasiliane del XX secolo. Passò tutta la vita nella semplicità della sua bottega di pasticceria, vivendo lontana dalle grandi metropoli e dalle mode letterarie del secolo scorso. Ha prodotto un’opera poetica ricca di fatti della routine quotidiana e la sua casa natale, dove ha sempre vissuto dal 1889 al 1985 è una costruzione del secolo XVIII, una delle prime case della città di Goiás, situata sulla sponda del Rio Vermelho.
Arriviamo poi alla cattedrale, nel pieno centro, recentemente ristrutturata e ci accoglie il parroco, padre Augusto, poco dopo ci raggiunge anche il vescovo Jeovà e ci raccontano un po’ di storia della diocesi a partire soprattutto dai quadri meravigliosi che circondano il presbiterio.
I quadri sono stati commissionati dal vescovo Dom Tomás Balduino che contribuì soprattutto alla realizzazione del Concilio Vaticano II in questa diocesi. Come abbiamo già scritto nei giorni scorsi al centro della pastorale della diocesi c’è l’opzione preferenziale per i poveri e gli esclusi e i quadri nel presbiterio raffigurano proprio questa scelta. Speriamo che si possa vedere nelle foto qui sotto.
E evidente che il ricordo di dom Tomas è ancora molto forte qui e la sua tomba è proprio nella cattedrale. Sulla lapide è riportata una frase che ripeteva sempre: “I diritti umani non si chiedono in ginocchio ma si chiedono in piedi”. Ci spostiamo poi nel vescovado dove ci aspetta un rinfresco (nel caso avessimo un calo di zuccheri…). Siamo molto di fretta perché ci aspettano ad Itaberaì per le 11 (dista 45 minuti di macchina da Goias e sono già le 11) ma il vescovo ci trattiene per raccontarci, insieme a padre Cristiano Bhering, domenicano responsabile delle opere sociali della diocesi, il lavoro che portano avanti in diocesi.
Ci fanno notare in particolare che il luogo in cui ci troviamo, ora vescovado e curia dioceana, era il centro di formazione della diocesi, dedicata ai preti ma anche ai laici leaders delle comunità e non solo. In passato questo centro è stato considerato sovversivo dalla dittatura ma ha continuato ad essere per la diocesi un centro di resistenza e ricerca della giustizia sociale e della riforma agraria (la terra in Brasile è stata a lungo in mano a grossi latifondisti). L’opzione preferenziale per i poveri portò quindi anche a grosse difficoltà finanziare per la diocesi che faticava a ricevere contributi.
Una delle opere sociali più in difficoltà della diocesi è oggi la casa di accoglienza per tossicodipendenti e alcolisti che però deve essere sostenuta completamente dalla diocesi mentre fino a due anni fa era finanziata con fondi pubblici. La casa accoglie venti persone che partecipano ad un programma di recupero che dura almeno nove mesi.
Quando partiamo per Itaberai è già mezzogiorno e, considerando che alle 15,30 dovremo ripartire col pulmino per l’aeroporto di Goiania, siamo dispiaciuti per il poco tempo che potremo trascorrere a Itaberai.
All’arrivo ci attende una delegazione della parrocchia tra i quali il parroco Daniel e con lui padre Mateus, la sindaca della città (oggi la più popolosa dello stato di Goias grazie alla presenza della Superfrango, un’azienda ddi trasformazione del pollame che da lavoro a circa 10000 persone)e il presidente dell’Accademia della cultura. Ad aver aiutato molto nella preparazione della nostra accoglienza è stato anche Vittorio Spinelli (nipote di don Isacco che qui è stato parroco) che vive a Itaberai con la moglie Alessandra (che farà la traduzione di tutti i discorsi) e la figlia Clara.
Dopo il discorso di benvenuto del parroco prende la parola la sindaca che dice che sottolinea l’intreccio tra la storia della città e la presenza dei missionari Modenesi ed in particolare di don Eligio Silvestri che qui visse in due periodi diversi e la seconda volta fu dopo aver compiuto i 75 anni e lasciò la parrocchia di Fiorano per ritornare in Brasile e restarvi altri 15 anni circa.
La sindaca ci racconta che don Eligio era il prete di tutti in città e la scuola principale della città porta il suo nome. Arria a dire: Padre Eligio è molto importante per noi e sarebbe bello se le sue spoglie mortali riposassero qui ad Itaberai. E’ un passaggio molto commovente per tutti e viene sottolineato con un applauso e in molti ribadiscono la proposta ad alta voce. Qualcuno ci dice che un detto della gente di Itaberai è: Dio in cielo e don Eligio sulla terra! Don Eligio è già santo per la gente di qui.
Prende la parola anche il presidente dell’Accademia della cultura che ci fa un po’ di storia della parrocchia.
Qualcuno ricorda che anche don Maurizio Setti (ora in Amazzonia, andremo da lui domani) ha contribuito molto allo sviluppo di Itaberai ma anche tanti altri che sono passati di qua. Tutti vengono ricordati in un libretto bilingue ci viene donato. E’ stato curato da Vittorio Spinelli e pubblicato per l’occasione ed è titolato: Modena e Goias, le radici storiche di un gemellaggio.
Segue il pranzo preparato e offerto dalla parrocchia (come al solito ottimo e abbondante) e poi visitiamo i locali della parrocchia, la chiesa parrocchiale, la chiesa matrice (la più antica) e l’asilo parrocchiale.
Tutto questo, purtroppo, molto in fretta e ce ne scusiamo con il parroco e gli altri.
Poco dopo le 15,30 salutiamo gli Itaberaini e anche Luca Mucci che ci ha accompagnati e guidati in questi giorni ma non verrà con noi in Amazzonia.
Sono stati giorni molto ricchi di incontri, i storie di vita belle, di vite donate, di testimoni del vangelo che hanno camminato con questo popolo così accogliente anche se spesso molto sfruttato. Speriamo di saper raccontare tutto questo anche a Modena e Carpi perché siamo convinti che possano arricchire tutti.
Ora siamo in volo per Manaus e arriveremo a Sao Gabriel da Cachoeira martedì all’ora di pranzo dopo una notte nella capitale dello stato dell’Amazonas.
Ecco una piccola galleria di immagini della giornata :
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22 GIUGNO 2025 : SANCLERLANDIA E MOSSAMEDES
Il monastero che ci ospita in questi giorni a Goias è davvero un luogo di pace meraviglioso. Costruito in vari edifici su di una collina in mezzo al verde, ha due cappelle: una più piccola e una più grande. Entrambe sono di forma circolare per ricordare le case degli indios dell’Amazzonia, in cui si viveva tutti insieme, ma anche perché nell’assemblea ci si deve sentire tutti uguali e il sacerdote è solo colui che è chiamato a presiedere l’Eucarestia.
Nel refettorio è appeso un cartello che ribadisce l’opzione fondamentale della Diocesi di Goias, per essere una grande rete di comunità di base.
Dopo la colazione ci troviamo per una breve preghiera nella cappellina, piccola ma molto bella, con una statua di Charles de Foucauld per ricordare la spiritualità di chi vive qui.
Il clima tra di noi è molto buono e anche se non ci conoscevamo tutti e abbiamo età molto diverse, dopo due giorni siamo già ben affiatati. Anche Vittorio Spinelli è ancora con noi e ci starà fino al pomeriggio.
Siamo in ritardo per la messa delle 9 a Sanclerlandia: al termine della celebrazione in vescovo si scuserà dicendo che… siamo italiani!
La celebrazione è presieduta dal parroco, padre Marques (Andrea dice che assomiglia molto a Ivanovic, allenator di Basket della Virtus Bologna… forse per il codino di capelli) , e concelebrata, oltre che da don Erio, don Antonio e don Francesco (che sono con noi), anche da p. Celso Carpenedo che ha conosciuto molti dei missionari modenesi e carpigiani che hanno vissuto in Goias. Padre Celso al termine della celebrazione chiede la parola e fa un ricordo bellissimo di don Francesco Cavazzuti (Chicão) commuovendoci e faccendo commuovere molti dei presenti. Ha sottolineato due cose: Chicão ha sempre detto che voleva rimanere fedele al Vangelo e fedele ai piccoli e agli esclusi; ha detto che anche è bello procedere con la causa di canonizzazione ma per la gente di qui lui è già santo perché un esempio di vita per tutti.
Al termine della messa ringraziamo tutti per le parole molto belle e chiediamo a Celso di poter raccogliere una breve testimonianza di Celso (che parla italiano) seduto davanti ad un piccolo “memoriale” su don Francesco, preparato dalla parrocchia.
Dimenticavo di dire che prima un brusio poi un sonoro applauso sono partiti quando si è presentato don Francesco Cavazzuti junior: la gente di qui è molto felice di conoscere il nipote di Chicão che porta l’identico nome dello zio.
Il parroco ci invita a pranzo: anche qui ottimo e abbondante. Oggi forse possiamo considerarla la giornata dei succhi di frutta visto che a pranzo ma anche nella merenda del pomeriggio, a Mossamedes, ce ne vengono presentati vari e tutti molto buoni: ananas con menta, acerola, maracuja, mandarino, arancia, graviola…
A pranzo ci raggiunge anche il vescovo di Goias Jeovà Elias e si dimostra molto alla mano e disponibile. Starà con noi fino a sera tardi.
il pranzo è iniziato presto e possiamo fare una passeggiata per Sanclerlandia prima di partire per Mossamedes, il municipio in cui don Francesco subì l’attentato che lo rese cieco.
A Mossamedes ci accoglie p. Mauro, parroco di qui e impegnato nel seminario di Goiania come professore. P. Mauro ha studiato a Roma e nei periodi di riposo dallo studio veniva a Castelnuovo Rangone per aiutare don Isacco Spinelli che aveva conosciuto in Brasile quando questi era missionario.
P. Mauro ci mostra subito la chiesa, costruire dai portoghesi nel 1774, in stile coloniale. E’ la seconda chiesa più antica dello stato del Goias
A Mossamedes ritornò p. Chicão dopo l’attento e viveva nella canonica muovendosi autonomamente fino alla chiesa avendo imparato a spostarsi contando i passi: ce lo dice Vittorio che una volta si era offerto per portare p. Chicão in chiesa ma è stato mandato via. Chi ha conosciuto p. Chicão dice che voleva provare ad essere autonomo in tutto.
Mauro ci offre la merenda durante le quale scopriamo le doti di prestigiatore di Luca che fa divertire e sorprende una bambina presente (e tutti noi) con un gioco di “magia” con le carte.
Raggiungiamo poi il luogo dell’attentato, dove è stato costruito un piccolo monumento co tar)ga commemorativa, poco fuori Mossamedes, in piena campagna, nel territorio di una fazenda.
La sera dell’attentato Chicão aveva celebrato la messa lì e nell’andare a portare i paramenti alla macchina gli spararono. Pare che l’attentatore (che ha poi fatto un periodo breve in carcere) abbia partecipato tutte le sere alla novena nei giorni precedenti, aspettando il momento migliore per sparare.
Tutto questo ci viene raccontato da Donizetti, un parrocchiano di Mossamedes che era presente la sera dell’attentato. Si commuove più volte durante il racconto che è molto dettagliato e preciso. Donizetti ci dice che Chicao era molto fedele alla Chiesa, a tutte le sue regole e tradizioni ma era anche vedele agli impoveriti.
Alle 19 la messa a Mossamedes, presieduta dal vescovo Jeovà, molto sentito anche qui il ricordo di don Francesco.
Terminiano la serata con un’abbondantissima cena (tanto per cambiare) nella fazenda di un parrocchiano di Mossades. Tutto si svolge in aperta campagna, in un luogo molto buio ma, proprio per questo, il cielo stellato sopra di noi è meraviglioso.
Ecco una piccola galleria di immagini della giornata :
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21 giugno 2025: ACCORGERSI DELLE INGIUSTIZIE SOCIALI
Partiti da Goiania, dopo la preghiera in ricordo di Annamaria Melini, percorriamo, su un pulmino con autista, circa 130 km tra fazende e piccole cittadine raggiungendo Goias Velho, la vecchia capitale dello stato e sede della diocesi di Goias. Ci ospita il monastero dell’Annunciazione che in passato era residenza anche di Marcelo Barros, teologo della liberazione, ospite tante volte in Italia e anche a Modena. Ora i monaci non ci sono più ma in passato questo luogo è stato molto importante per la riflessione a partire dalla teologia della liberazione e per la formazione di tante comunità e soprattutto tanti laici che appartenevano alle comunità di base e a quella chiesa che si è schierata sempre dalla parte degli ultimi. La diocesi di Goias, grazie soprattutto al suo vescovo Tomas Balduino, che riposa nella cattedrale appena ristrutturata, cercò di vivere il concilio Vaticano II facendo la scelta preferenziale per gli esclusi già nel 1972. Il monastero era quindi un luogo molto importante per coinvolgere tutti nella “caminhada” (come la sentiamo spesso chiamare qui) della chiesa con il popolo.
Durante il viaggio Luca ci aggiorna sul programma di questi giorni e ci racconta quanto tutti i missionari passati di qua si siano inculturati e “incarnati”, abbiano cercato di vivere come gli ultimi con gli ultimi soprattutto nella ricerca della giustizia sociale e nella testimonianza del Vangelo.
Al monastero ci accoglie padre Carlos che vive qui e si occupa dell’accoglienza di tutti quelli che desiderano un tempo di ritiro e di riflessione. Ci racconta che negli ultimi anni in Brasile è aumentato notevolmente il numero di suicidi tra i sacerdoti e questo luogo può diventare un luogo di accompagnamento anche per i preti in crisi.
A pranzo (ottimo e abbondante) ci raggiungono don Antonio Dotti e don Francesco Cavazzuti (entrambi di Carpi, il secondo è nipote dell’omonimo che in Brasile subì l’attentato che lo rese cieco) accompagnati da padre Mauro, un sacerdote locale che durante la settimana appena terminata li ha accompagnati in visita ai luoghi in cui don Francesco Cavazzuti senior (che qui tutti chiamano Chicão) ha vissuto. Don Francesco e don Antonio sono qui per raccogliere testimonianze su Chicão in vista del possibile inizio della causa di beatificazione. Da questo momento saranno con noi fino al rientro in Italia.
Non c’è tempo per riposare un po’: nel pomeriggio partiamo subito per Itapirapua e ci aspetta un lungo pomeriggio-sera.
Visitiamo subito il Cepami (centro pastorale per i minori) fondato da don Francesco Cavazzuti che quando era parroco in questo luogo si accorge dell’importanza dell’educazione, della formazione e dell’accompagnamento soprattutto per quei bimbi e ragazzi che, vivendo in strada, arrivano presto a fare piccoli furti e altri reati.
L’attuale presidente del Cepami e anche molti altri ci racconto che il centro è nato dal nulla ma lentamente cresce grazie agli aiuti ricevuti tramite Modena Terzo Mondo e altri. Anche Chicão è stato parroco qui ha aiutato molto il centro nei momenti di difficoltà
Il centro raccoglie bimbi e ragazzi tra i 5 e 17 anni per un rinforzo scolastico che può essere al mattino o al pomeriggio (qui i ragazzi fanno i turni mattina e pomeriggio per frequentare la scuola), Ci dicono anche che questo centro è diventato presto un luogo di formazione integrale. Anche la Uisp di Modena ha sostenuto il centro soprattutto nelle numerose attività sportive (il Cepami ha anche la piscina)
Dopo la merenda alcune testimonianze su Chicão: qualcuna arriva anche da Jussara accompagnate da dom Eugenio Rixen, vescovo emerito di Goias
Dopo la visita alla piscina partecipiamo alla messa presieduta dal vescovo Rixen
La parrocchia ci offre un’abbondante cena ma poi scappiamo a casa perché la stanchezza si fa sentire e domani (domenica) andremo presto a Sanclerlandia per la messa
Ecco una piccola galleria di immagini della giornata :
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21 giugno 2025 : GOIANIA: RICORDANDO ANNAMARIA MELINI E ALTRI
Dopo 26 ore di viaggio (minivan da Modena a Roma perché il nostro treno è stato annullato a causa di uno sciopero, e due aerei) siamo arrivati a Goiania, prima tappa del nostro viaggio, all’una di notte ora locale. Il viaggio è stato stancante ma tutto è andato bene a parte un piccolo brivido perché a Goiania l’aereo ha dovuto ripetere l’atterraggio: dopo un primo tentativo, infatti, ha ripreso quota… non ci è chiaro perchè.
Ad accoglierci Luca Mucci dell’Associazione Modena Terzo Mondo
A Goiania hanno vissuto soprattutto don Arrigo Malavolti e Annamaria Melini, ma anche Antonio Cappi.
Siamo accolti nel quartiere Capuava dove ha vissuto e fondato tre scuole Annamaria Melini perché l’educazione e la formazione erano fondamentali per lei. Il suo ricordo è ancora vivo e molti sono grati per il suo operato.
Qui un link con un ricordo di lei:
Clicca qui per vedere il video in ricordo di Anna Maria Melini
Al mattino, dopo un po’ di riposo con la differenza di fuso che si fa sentire, prima di metterci in viaggio verso Goias, è stato organizzato un momento di preghiera in ricordo di Annamaria e hanno scelto di fare questo momento a casa di Edilene che è stata molto vicina ad Annamaria soprattutto negli ultimi anni di vita, quando era diventata molto fragile. Scegliere di ricordarla in una casa è stato molto significativo perché la pastorale di Annamaria è stata soprattutto nelle case, con la gente. Un pastorale fatta di cose semplici: della preghiera del rosario, di momenti di preghiera e condivisione e soprattutto ascolto della Parola di Dio che era la sua forza e quindi quello che la aiutava ad andare avanti e ad impegnarsi per la giustizia sociale in una terra dove le ingiutizie erano molto evidenti.
In un video di qualche anno fa Edilene aveva ricordato così Annamaria
Al termine dell’incontro il vescovo Erio ha ringraziato per la vita di Annamaria e dice di averla conosciuta attraverso le sue poesie e in particolare quella proclamata in questo video :
Ecco una piccola galleria di immagini della giornata :
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Viaggio in Brasile con il vescovo Erio Castellucci
Sono passati più di sessant’anni dal novembre del 1964 quando i primi missionari modenesi partirono per il Brasile, dove si trovava già Annamaria Melini, missionaria laica partita qualche anno prima.
Durante questi anni una ventina di missionari, preti e laici, hanno prestato servizio nelle diocesi di Goiania e di Goias e l’ultimo presente, don Maurizio Setti, da alcuni anni si è trasferito nella diocesi di Sao Gabriel da Cachoeira, rispondendo all’appello dei vescovi del Brasile che chiedevano missionari per le chiese dell’Amazzonia. Tra i tanti che hanno prestato servizio in Brasile anche il carpigiano don Francesco Cavazzuti quasi ad anticipare la collaborazione tra le diocesi di Modena-Nonantola e Carpi. Don Francesco subì un attentato in Brasile il 27 agosto del 1987, riuscì a salvarsi ma perse la vista. A don Francesco spararono, come diceva sempre lui, perché si era schierato dalla parte dei poveri e degli esclusi in piena sintonia con le scelte fatte dalla Diocesi di Goias che fin dal 1972 mise al centro della sua pastorale gli emarginati.
Queste poche righe introduttive credo riassumano il motivo del viaggio del vescovo Erio che, insieme ad altri modenesi e carpigiani, è partito il 20 giugno per il Brasile invitato dal vescovo di Sao Gabriel da Cachoeira, Raimundo Vanthuy Neto. Venendo a Modena lo scorso anno, il vescovo Vanthuy, ci ha proposto di vivere un tempo, in questo anno giubilare, nella sua diocesi: una periferia del mondo e della Chiesa ma anche una diocesi in piena foresta Amazzonica, una terra molto cara a papa Francesco che dice di aver scritto la Querida Amazonia, l’Esortazione post Sinodo dell’Amazzonia, “da una parte per aiutare a risvegliare l’affetto e la preoccupazione per questa terra che è anche “nostra” e invitare ad ammirarla e a riconoscerla come un mistero sacro; dall’altra, perché l’attenzione della Chiesa alle problematiche di questo luogo ci obbliga a riprendere brevemente alcuni temi che non dovremmo dimenticare e che possono ispirare altre regioni della terra di fronte alle loro proprie sfide”.
Potremmo quindi dire che il nostro viaggio in Brasile ha un duplice significato. In primo luogo fare memoria e ringraziare per il gemellaggio con la diocesi di Goiania e quella di Goias, ricordare i tanti missionari che sono passati e che hanno donato tanti anni della loro vita per camminare insieme a quel popolo, molto spesso oppresso, cercando di arricchirsi reciprocamente e crescere nella fedeltà al Vangelo di Gesù. In secondo luogo scoprire come continuare la collaborazione con una diocesi brasiliana, quella di Sao Gabriel da Cachoeira, posta in un territorio meraviglioso da un punto di vista naturalistico, ma anche tanto difficile da visitare. La sede della diocesi si raggiunge infatti solo in aereo (da Manaus, capitale dello stato Amazonas) o in barca viaggiando almeno trentasei ore. La maggior parte delle comunità della diocesi sono raggiungibili solo in barca perché si trovano lungo il Rio Negro o uno dei suoi affluenti e possiamo dire che non esistono strade. Don Maurizio visita le comunità in modo itinerante, dormendo in amaca, in un villaggio diverso ogni sera.
Nel nostro viaggio vorremmo quindi comprendere meglio e, se sarà possibile, fare un po’ anche nostri i quattro sogni di cui parla papa Francesco nella Querida Amazonia:
Sogno un’Amazzonia che lotti per i diritti dei più poveri, dei popoli originari, degli ultimi, dove la loro voce sia ascoltata e la loro dignità sia promossa.
Sogno un’Amazzonia che difenda la ricchezza culturale che la distingue, dove risplende in forme tanto varie la bellezza umana.
Sogno un’Amazzonia che custodisca gelosamente l’irresistibile bellezza naturale che l’adorna, la vita traboccante che riempie i suoi fiumi e le sue foreste.
Sogno comunità cristiane capaci di impegnarsi e di incarnarsi in Amazzonia, fino al punto di donare alla Chiesa nuovi volti con tratti amazzonici.
Andiamo in undici ma vorremmo poter rappresentare tutto il popolo di Dio che sta a Modena-Nonantola e Carpi e arricchirci di tutto quello che vivremo per portarlo come dono alle nostra Chiesa in Italia.
GIORNO 1: la Partenza