In preparazione al ventesimo anniversario della morte di Annalena Tonelli, la diocesi di Forlì-Bertinoro ha organizzato un convegno missionario per celebrare, insieme al suo vescovo Mons. Livio Corazza, la vita straordinaria di una donna che ha deciso di dedicarsi interamente al servizio del prossimo.
I relatori sono stati Roberto Gimelli, amico di Annalena, P. Luca Vitali, missionario in Brasile e Teresa Zullo, missionaria in Etiopia, entrambi della comunità missionaria di Villa Regia.
Annalena, nonostante i numerosi impegni universitari, cominciò fin da giovanissima a collaborare come volontaria nell’accoglienza di tutti gli emarginati della sua città: dai residenti del “Casermone” ai bambini del Brefotrofio, fino alla sentita sensibilizzazione sui problemi del Terzo Mondo attraverso la proiezione di film e l’organizzazione di svariate conferenze.
Completati i suoi studi in giurisprudenza, l’anno successivo decise di partire per Chinga (Nyeri), Kenya, come insegnante di scuola superiore delle Missioni Consolata di Torino.
Dopo questa prima esperienza, scelse di voler proseguire il suo cammino su quelle stesse terre, chiedendo così di lavorare direttamente alle dipendenze del governo del Kenya a condizione di essere assegnata a Wajir. Questo era, infatti, il villaggio nel deserto del nordest che aveva in precedenza visitato e successivamente scelto perché vicino alla sua esigenza di «predicare il vangelo con la vita» nel mondo musulmano secondo la spiritualità di Charles de Foucauld.
Annalena diceva: “non parlate di me, ma rendete gloria al Signore”.
Soltanto attraverso la vita, l’incarnazione della parola, annunciava la sua Fede.
“Chi sono io per te?” chiedeva Annalena nelle sue preghiere… nei primi suoi scritti, questa domanda si ripete 84 volte.
Come essere utile strumento nel mondo?
Come scoprire, per poi determinare, la nostra chiamata ad essere?
“Resto in ascolto”, diceva, e nell’ascolto presente trovò la risposta alla sua supplica.
Dedicare la vita all’altro, vivere nella condivisione, profonda, che conduce al desiderio ancestrale, recondito, di avere la pelle nera.
Libera da ogni corruzione, scevra di protezioni politiche, religiose, sociali.
Annalena si rifaceva spesso alla parola “CARE”, un termine inglese che non è possibile tradurre in italiano con un solo vocabolo. Significa “avere attenzione”, “prendersi a cuore”, non soltanto in senso sentimentale, emotivo, ma in quello profondo e concreto di essere per l’altro una condivisione piena.
Passò la sua vita al servizio della comunità mussulmana senza mai voler predicare la propria religione, senza mai esplicitare necessariamente il suo credo; un quotidiano fatto di confronto con una cultura diversa ma non distante dalla sua.
“Ho ricercato il dialogo con tutti. Ho dato: amore, fedeltà e passione. Il Signore mi perdoni se dico delle parole troppo grandi.”
E allora cos’è la condivisione? Cosa significa davvero donare la propria vita? E come si può realmente trarre nutrimento dal dare? Com’è possibile che si ci sia vita nella morte, gioia nella sofferenza, abbondanza nella povertà?
Questa è la rivoluzione di Cristo, questo il Verbo incarnato da Annalena.