La mia esperienza in Albania

Ciao, sono Caterina, ho 19 anni e proverò a raccontarvi dove sono stata da gennaio a luglio. Alla fine delle superiori ho deciso di prendere un anno di “pausa” da studi vari e, grazie al centro missionario diocesano, sono partita per l’Albania. Così l’8 gennaio sono arrivata nel paesino Laç Vau Dejës in una Casa della Carità, dove mi hanno accolto suor Maria Angelica, suor Ines e i 6 ospiti della casa: Mrika, Lena, Dila, RRegjina, Fabjan e Pashk. E oltre a loro mi ha accolto la gente del paese e dei paesi vicini.

Le Case della Carità sono una realtà nata nella diocesi di Reggio Emilia grazie a Don Mario Prandi, e sono case in cui si vive con ospiti che hanno disabilità diverse. Sono arrivate in Albania con il vescovo Lucjan, per provare a cambiare una mentalità che tende a nascondere queste persone (su questo lavora molto anche la Caritas diocesana con tanti progetti e stando vicino alle famiglie).

Quindi cosa facevo? Vivevo una quotidianità un po’ diversa, un po’ speciale, e davvero bellissima. Le giornate si basavano sullo stare insieme, sul divertirci, cantare, ballare, cucinare, passeggiare per il paese incontrando tantissimi amici, giocare con un semplice palloncino, pregare in italiano e in albanese, ascoltare le canzoni dello Zecchino D’oro, di Gabbani e pochi altri eletti, aspettare ogni domenica l’angelus del papa, e tanto altro… tutto insieme, vivendo ogni momento, rimanendo però proiettati nel futuro in attesa della prossima festa.

Ho conosciuto un popolo che probabilmente ha l’accoglienza nel DNA, e si vede anche solo camminando per strada: quando si incontra qualcuno ci si saluta con un “si je?” (o un’espressione simile) che significa “come stai?”, al quale si è quasi obbligati a rispondere “mirë”, “bene”, ma è un modo bellissimo per non lasciar passare inosservato neanche un incrocio di sguardi. Penso che questo ci possa insegnarci tanto: spesso qui vivevo le giornate di fretta, un impegno dopo l’altro, e se incontravo un amico per strada non avevo tempo per fermarmi un attimo. Credo che sarebbe bello poter vivere le giornate con la calma e la prontezza all’imprevisto che ho conosciuto là…

Le cose che ho imparato sono tante, ma la più significativa penso sia l’importanza delle piccole cose, dei piccoli gesti di cura, delle attenzioni gratuite che sono chiaro segno della presenza del Signore in tutto quello che vediamo, riceviamo e doniamo. Sono espressione chiarissima dell’amore che non smette mai di insegnarci.