Oggi, prima domenica di quaresima è la domenica della “tentazione”.
Nella prima lettura abbiamo la tentazione di Adamo e Eva sedotti dalle parole del serpente: quella di mangiare del frutto dell’albero della conoscenza del bene e del male e così diventare simili a Dio.
Matteo, invece ci mostra Gesù che affronta nel deserto tre tentazioni che il diavolo gli presenta e, attraverso la “Scrittura” vince, dove l’umanità, e anche il popolo di Israele aveva fallito.
Interessante, però, è notare che chi conduce Gesù nel deserto “per essere tentato” è quello stesso Spirito Santo che poco prima era sceso su di lui nel battesimo di Giovanni Battista.
Se la tentazione è una cosa negativa, come si pensa comunemente, perché lo Spirito agisce perché Gesù sia tentato?
Nel vangelo di Matteo la risposta è chiara: la strage degli innocenti, la fuga in Egitto, ed ora le tentazioni mostrano che Gesù ripercorre le principali tappe del popolo di Israele, ma questa volta senza cadere, vincendo dove il primo Adamo aveva fallito, come dice san Paolo nella seconda lettura e, così, dando la possibilità all’umanità di essere salva.
Forse, però, ci potrebbe essere anche una risposta differente: se guardiamo bene, la tentazione di per sé non è negativa, ma neutra. Negativo è acconsentire, cadere, cedere alla tentazione.
La tentazione è la capacità di vedere che oltre al cammino che ci propone la nostra società, ce ne può essere un altro differente: quello di Dio, ed essere, così, tentati di scegliere la strada più facile, non quella migliore. La tentazione diventa, in questo modo, la capacità di ciascuno di noi di poter usare la propria libertà di scelta.
Ci sono persone che non saranno mai tentate nell’arco della loro vita! Questo nasce dal fatto che proprio non riescono a percepire che esiste un’altra via oltre alla loro. Nei “promessi sposi” don Abbondio sembra che parli un’altra lingua completamente diversa da quella del Cardinal Borromeo che tenta di convincerlo a realizzare il matrimonio di Renzo e Lucia. La paura della morte è più forte di ogni logica e ragionamento e ha la capacità di chiudere gli occhi e il cuore a tutto il resto!
Come, allora potremo percepire l’altro cammino, l’altra mentalità tanto diversa dalla nostra che è la maniera di pensare di Dio? Il Vangelo di oggi ci dà un aiuto: mostra lo Spirito Santo che, non a caso, porta Gesù nel “deserto”.
Deserto, in questo caso, non è solo un luogo fisico, ma molto di più: è la dimensione del silenzio, della intimità, della quiete dove una persona riesce a rimanere sola con se stessa, lontana dal frastuono e dalla freneticità della vita quotidiana e può guardarsi intorno, guardarsi dentro e scoprire una presenza che la circonda e la protegge. È nel deserto che Israele ha sperimentato la tentazione e ha fallito, ma è anche nel deserto, che il popolo eletto ha percepito la presenza di un Dio che lo guidava nel cammino e proteggeva da tutti i pericoli (Dt 8,2-6). È nel deserto che si è innamorato di lui, e con la alleanza si è unito a lui per sempre” (Os 2,16).
Ma, quali sono le tentazioni che la liturgia di oggi ci mostra? Matteo, come Luca, ce ne presenta tre, la prima lettura una quarta.
In Genesi 2 è il tentativo di diventare simili a Dio, di non volere che qualcun altro ci dica qual’è il bene e il male per noi, ci indichi, cioè il cammino che dovremmo percorrere… È il nostro “io” che non tollera nessuno superiore a se stesso.
In Matteo, la tentazione di usare il proprio potere in favore di se stessi, di percorrere la strada della grandezza e della forza e non quella della solidarietà che porta alla croce, e, per raggiungere tutto questo, di entrare in combutta con satana, che rappresenta la mentalità di questo mondo.
Se guardiamo bene, però, tutte queste tentazioni si riducono a una sola: quella dello “specchio”. Questa consiste nella capacità di mettersi al centro e di vedere tutto quello che ci circonda in relazione a noi e, come quando ci si specchia di non riuscire a percepire nulla all’infuori se.
La strada che il Signore ci mostra, invece, è molto differente: è quella del vetro, cioè la mentalità di chi riesce a vedere gli altri, porli al centro e cominciare a mettersi al loro servizio. Nei Vangeli questo atteggiamento, che è proprio di Gesù, si chiama “compassione”.
La mentalità dello specchio è, in fin dei conti la “nostra mentalità”! Non per niente Gesù rimprovera Pietro di essere “Satana” perché non pensa come Dio, ma come gli uomini: è chiaro, Pietro è un uomo e pensa come tutti noi!
Come tirar via quella sottile patina di argento o oro che si attacca a ciascuno di noi e non ci permette di vedere con gli occhi e il cuore di Dio? Non è facile, ma Gesù nel testo di oggi ci mostra il cammino.
Prima di tutto è importante lasciare che lo Spirito entri in noi e indirizzi la nostra vita. Questo non è banale: se lasciamo che lo Spirito Santo ci guidi rischiamo di andare per strade che non vorremmo percorrere. Per fare questo c’è bisogno di molta umiltà e coraggio.
Poi è fondamentale riuscire a intagliare nella nostra vita momenti per fare silenzio, deserto. Ritrovare la capacità di meravigliarci, cioè la capacità di non abituarci alle cose che ci succedono, ma di vederle come se fosse la prima volta. Solo così potremo percepire l’altra strada, l’altra mentalità.
Infine familiarizzarci con la Parola di Dio, perché possa mostraci il cammino migliore e darci la forza per percorrerlo. Non dimentichiamoci che la Parola di Dio non è parola umana, è una parola con la quale Dio ha creato il mondo e ha la forza, se lo vogliamo, di creare in noi un cuore nuovo, cioè di immettere in noi la mentalità di Dio e di aiutarci a seguirla fedelmente. Solo così, come Gesù e tanti altri dopo di lui, anche noi potremo vedere e affrontare le tentazioni della vita e, soprattutto vincere.