Schema di preghiera di lunedì 6 aprile 2020

a questo link tutta la registrazione del 6 aprile

Canto: Jesucristo (guarda il video)
RIT.
Jesucristo, Jesucristo, Jesucristo: yo estoy aquí. (x 2 volte)

Miro hacia el cielo y veo una nube blanca que va pasando,
miro a la tierra y veo una multitud que va caminando.
Como esa nube blanca, la gente no sabe a dónde va,
y quién puede decirle que el camino cierto eres tú, Señor

Toda esa multitud en su pecho lleva amor y paz,
por eso, para ellos, sus esperanzas no morirán.
Viendo la flor que nace en el alma de aquel que tiene amor,
miro hacia el cielo y veo que ya se aferran a ti, Señor.

En cada esquina veo la mirada triste de algunos más,
buscan por este mundo la dirección del camino a Dios.
Es mi deseo ver aumentando siempre esa procesión,
para que todos canten al mismo ritmo de esta canción.

TRADUZIONE
RIT:
Gesù Cristo, Gesù Cristo, Gesù Cristo: io sono qui.
Guardo verso il cielo e vedo una nuvola bianca che passa,
guardo la terra e vedo tante persone che camminano.
Come quella nuvola bianca, la gente non sa dove va,
e chi può dirglielo che il vero cammino sei tu, Signore.
Tutte queste persone portano sul loro petto amore e pace,
per questo le loro speranze non moriranno.
Nel vedere il fiore che nasce nell’anima di chi ha l’amore,
guardo verso il cielo e vedo che si stanno già aggrappando a te, Signore.
In ogni angolo vedo lo sguardo triste di alcuni altri,
che cercano in questo mondo la direzione del cammino verso Dio.
Il mio desiderio è vedere aumentare sempre questa processione,
affinché tutti cantino allo stesso ritmo di questa canzone.

 

Nel nome del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo


Introduzione
Abbiamo pensato a questa serata per restare fedeli al nostro appuntamento del primo lunedì del mese con la missione e soprattutto con i missionari e i popoli con cui vivono.
Siamo all’inizio della settimana santa che culminerà nel giorno di Pasqua, giorno della Resurrezione di Gesù e segno di speranza per tutti noi.
Una speranza che forse abbiamo rischiato di perdere in questo tempo di Quaresima che abbiamo vissuto in modo così particolare. Come ci ha detto papa Francesco il 27 marzo, è stata una Quaresima che ha coinciso con una tempesta che ci ha fatti ritrovare tutti sulla stessa barca ma ci ha fatto anche riscoprire che siamo tutti fratelli e sorelle.
E allora, anche se chiusi nelle nostre case, ci sembra importante allargare lo sguardo e provare a metterci nei panni di quelle sorelle e quei fratelli che si trovano in altre parti del mondo e stanno vivendo questo momento con difficoltà molto diverse dalle nostre. Sono molto spesso donne e uomini che certe difficoltà le vivono da sempre: penso per esempio al non poter celebrare la messa o al ritrovarsi costantemente nella paura e nella precarietà.
Proprio per questo ci sembra importante ascoltarli.
Lo faremo con l’aiuto di alcuni missionari che ci hanno inviato alcuni video. Li potremo vedere alternati alla lettura del testo della meditazione che papa Francesco ha fatto in piazza San Pietro il 27 marzo. Ci è sembrato davvero un momento molto forte e per questo vorremmo riprenderlo con voi in questa serata che speriamo possa essere vissuto come ascolto di testimonianze ma anche come momento di preghiera.
Iniziamo ascoltando la lettura della parte finale del capitolo 4 del Vangelo di Marco proprio come è stato fatto in piazza san Pietro il 27 marzo.

 

Dal vangelo secondo Marco (4,35-41)
In quel medesimo giorno, venuta la sera, Gesù disse loro: “Passiamo all’altra riva”. E, congedata la folla, lo presero con sé, così com’era, nella barca. C’erano anche altre barche con lui. Ci fu una grande tempesta di vento e le onde si rovesciavano nella barca, tanto che ormai era piena. Egli se ne stava a poppa, sul cuscino, e dormiva. Allora lo svegliarono e gli dissero: “Maestro, non t’importa che siamo perduti?”. Si destò, minacciò il vento e disse al mare: “Taci, calmati!”. Il vento cessò e ci fu grande bonaccia. Poi disse loro: “Perché avete paura? Non avete ancora fede?”. E furono presi da grande timore e si dicevano l’un l’altro: “Chi è dunque costui, che anche il vento e il mare gli obbediscono?”.

Dalla meditazione fatta da papa Francesco in Piazza San Pietro il 27 marzo
«Venuta la sera» (Mc 4,35). Così inizia il Vangelo che abbiamo ascoltato. Da settimane sembra che sia scesa la sera. Fitte tenebre si sono addensate sulle nostre piazze, strade e città; si sono impadronite delle nostre vite riempiendo tutto di un silenzio assordante e di un vuoto desolante, che paralizza ogni cosa al suo passaggio: si sente nell’aria, si avverte nei gesti, lo dicono gli sguardi. Ci siamo trovati impauriti e smarriti. Come i discepoli del Vangelo siamo stati presi alla sprovvista da una tempesta inaspettata e furiosa. Ci siamo resi conto di trovarci sulla stessa barca, tutti fragili e disorientati, ma nello stesso tempo importanti e necessari, tutti chiamati a remare insieme, tutti bisognosi di confortarci a vicenda. Su questa barca… ci siamo tutti. Come quei discepoli, che parlano a una sola voce e nell’angoscia dicono: «Siamo perduti» (v. 38), così anche noi ci siamo accorti che non possiamo andare avanti ciascuno per conto suo, ma solo insieme.

Qui il video con la riflessione di fratel Alberto Degan, missionario comboniano in Colombia

È facile ritrovarci in questo racconto. Quello che risulta difficile è capire l’atteggiamento di Gesù. Mentre i discepoli sono naturalmente allarmati e disperati, Egli sta a poppa, proprio nella parte della barca che per prima va a fondo. E che cosa fa? Nonostante il trambusto, dorme sereno, fiducioso nel Padre – è l’unica volta in cui nel Vangelo vediamo Gesù che dorme –. Quando poi viene svegliato, dopo aver calmato il vento e le acque, si rivolge ai discepoli in tono di rimprovero: «Perché avete paura? Non avete ancora fede?» (v. 40).

Cerchiamo di comprendere. In che cosa consiste la mancanza di fede dei discepoli, che si contrappone alla fiducia di Gesù? Essi non avevano smesso di credere in Lui, infatti lo invocano. Ma vediamo come lo invocano: «Maestro, non t’importa che siamo perduti?» (v. 38). Non t’importa: pensano che Gesù si disinteressi di loro, che non si curi di loro. Tra di noi, nelle nostre famiglie, una delle cose che fa più male è quando ci sentiamo dire: “Non t’importa di me?”. È una frase che ferisce e scatena tempeste nel cuore. Avrà scosso anche Gesù. Perché a nessuno più che a Lui importa di noi. Infatti, una volta invocato, salva i suoi discepoli sfiduciati.

Qui il video con la riflessione di Massimo Migani, missionario laico, direttore del Luisa Guidotti Hospital di Mutoko, Zimbabwe

La tempesta smaschera la nostra vulnerabilità e lascia scoperte quelle false e superflue sicurezze con cui abbiamo costruito le nostre agende, i nostri progetti, le nostre abitudini e priorità. Ci dimostra come abbiamo lasciato addormentato e abbandonato ciò che alimenta, sostiene e dà forza alla nostra vita e alla nostra comunità. La tempesta pone allo scoperto tutti i propositi di “imballare” e dimenticare ciò che ha nutrito l’anima dei nostri popoli; tutti quei tentativi di anestetizzare con abitudini apparentemente “salvatrici”, incapaci di fare appello alle nostre radici e di evocare la memoria dei nostri anziani, privandoci così dell’immunità necessaria per far fronte all’avversità.

Con la tempesta, è caduto il trucco di quegli stereotipi con cui mascheravamo i nostri “ego” sempre preoccupati della propria immagine; ed è rimasta scoperta, ancora una volta, quella (benedetta) appartenenza comune alla quale non possiamo sottrarci: l’appartenenza come fratelli.

Qui il video con la riflessione di mons. Celmo Lazzari vescovo del Vicariato apostolico di Sucumbios, Ecuador

«Perché avete paura? Non avete ancora fede?». Signore, la tua Parola stasera ci colpisce e ci riguarda, tutti. In questo nostro mondo, che Tu ami più di noi, siamo andati avanti a tutta velocità, sentendoci forti e capaci in tutto. Avidi di guadagno, ci siamo lasciati assorbire dalle cose e frastornare dalla fretta. Non ci siamo fermati davanti ai tuoi richiami, non ci siamo ridestati di fronte a guerre e ingiustizie planetarie, non abbiamo ascoltato il grido dei poveri, e del nostro pianeta gravemente malato. Abbiamo proseguito imperterriti, pensando di rimanere sempre sani in un mondo malato. Ora, mentre stiamo in mare agitato, ti imploriamo: “Svegliati Signore!”.

Qui il video con la riflessione di dom Edson Taschetto Damian, vescovo di Sao Gabriel da Cachoeira, Brasile e don Maurizio Setti, missionario modenese a Sao Gabriel

«Perché avete paura? Non avete ancora fede?». Signore, ci rivolgi un appello, un appello alla fede. Che non è tanto credere che Tu esista, ma venire a Te e fidarsi di Te. In questa Quaresima risuona il tuo appello urgente: “Convertitevi”, «ritornate a me con tutto il cuore» (Gl 2,12). Ci chiami a cogliere questo tempo di prova come un tempo di scelta. Non è il tempo del tuo giudizio, ma del nostro giudizio: il tempo di scegliere che cosa conta e che cosa passa, di separare ciò che è necessario da ciò che non lo è. È il tempo di reimpostare la rotta della vita verso di Te, Signore, e verso gli altri. E possiamo guardare a tanti compagni di viaggio esemplari, che, nella paura, hanno reagito donando la propria vita. È la forza operante dello Spirito riversata e plasmata in coraggiose e generose dedizioni. È la vita dello Spirito capace di riscattare, di valorizzare e di mostrare come le nostre vite sono tessute e sostenute da persone comuni – solitamente dimenticate – che non compaiono nei titoli dei giornali e delle riviste né nelle grandi passerelle dell’ultimo show ma, senza dubbio, stanno scrivendo oggi gli avvenimenti decisivi della nostra storia: medici, infermiere e infermieri, addetti dei supermercati, addetti alle pulizie, badanti, trasportatori, forze dell’ordine, volontari, sacerdoti, religiose e tanti ma tanti altri che hanno compreso che nessuno si salva da solo. Davanti alla sofferenza, dove si misura il vero sviluppo dei nostri popoli, scopriamo e sperimentiamo la preghiera sacerdotale di Gesù: «che tutti siano una cosa sola» (Gv 17,21). Quanta gente esercita ogni giorno pazienza e infonde speranza, avendo cura di non seminare panico ma corresponsabilità. Quanti padri, madri, nonni e nonne, insegnanti mostrano ai nostri bambini, con gesti piccoli e quotidiani, come affrontare e attraversare una crisi riadattando abitudini, alzando gli sguardi e stimolando la preghiera. Quante persone pregano, offrono e intercedono per il bene di tutti. La preghiera e il servizio silenzioso: sono le nostre armi vincenti.

Qui il video con la riflessione di Luciano Lanzoni, missionario laico a Manakara, Madagascar

«Perché avete paura? Non avete ancora fede?». L’inizio della fede è saperci bisognosi di salvezza. Non siamo autosufficienti, da soli; da soli affondiamo: abbiamo bisogno del Signore come gli antichi naviganti delle stelle. Invitiamo Gesù nelle barche delle nostre vite. Consegniamogli le nostre paure, perché Lui le vinca. Come i discepoli sperimenteremo che, con Lui a bordo, non si fa naufragio. Perché questa è la forza di Dio: volgere al bene tutto quello che ci capita, anche le cose brutte. Egli porta il sereno nelle nostre tempeste, perché con Dio la vita non muore mai.

Il Signore ci interpella e, in mezzo alla nostra tempesta, ci invita a risvegliare e attivare la solidarietà e la speranza capaci di dare solidità, sostegno e significato a queste ore in cui tutto sembra naufragare. Il Signore si risveglia per risvegliare e ravvivare la nostra fede pasquale. Abbiamo un’ancora: nella sua croce siamo stati salvati. Abbiamo un timone: nella sua croce siamo stati riscattati. Abbiamo una speranza: nella sua croce siamo stati risanati e abbracciati affinché niente e nessuno ci separi dal suo amore redentore. In mezzo all’isolamento nel quale stiamo patendo la mancanza degli affetti e degli incontri, sperimentando la mancanza di tante cose, ascoltiamo ancora una volta l’annuncio che ci salva: è risorto e vive accanto a noi. Il Signore ci interpella dalla sua croce a ritrovare la vita che ci attende, a guardare verso coloro che ci reclamano, a rafforzare, riconoscere e incentivare la grazia che ci abita. Non spegniamo la fiammella smorta (cfr Is 42,3), che mai si ammala, e lasciamo che riaccenda la speranza.

Qui il video con la riflessione di padre Justin Ndhlovu, missionario comboniano a Sarah, Ciad

Abbracciare la sua croce significa trovare il coraggio di abbracciare tutte le contrarietà del tempo presente, abbandonando per un momento il nostro affanno di onnipotenza e di possesso per dare spazio alla creatività che solo lo Spirito è capace di suscitare. Significa trovare il coraggio di aprire spazi dove tutti possano sentirsi chiamati e permettere nuove forme di ospitalità, di fraternità, di solidarietà. Nella sua croce siamo stati salvati per accogliere la speranza e lasciare che sia essa a rafforzare e sostenere tutte le misure e le strade possibili che ci possono aiutare a custodirci e custodire. Abbracciare il Signore per abbracciare la speranza: ecco la forza della fede, che libera dalla paura e dà speranza.

«Perché avete paura? Non avete ancora fede?». Cari fratelli e sorelle, da questo luogo, che racconta la fede rocciosa di Pietro, stasera vorrei affidarvi tutti al Signore, per l’intercessione della Madonna, salute del suo popolo, stella del mare in tempesta. Da questo colonnato che abbraccia Roma e il mondo scenda su di voi, come un abbraccio consolante, la benedizione di Dio. Signore, benedici il mondo, dona salute ai corpi e conforto ai cuori. Ci chiedi di non avere paura. Ma la nostra fede è debole e siamo timorosi. Però Tu, Signore, non lasciarci in balia della tempesta. Ripeti ancora: «Voi non abbiate paura» (Mt 28,5). E noi, insieme a Pietro, “gettiamo in Te ogni preoccupazione, perché Tu hai cura di noi” (cfr 1 Pt 5,7).

Sono disponibili altri contributi scritti e video sul nostro sito:
Lettera di don Piero Gavioli dal Congo
Alcune lettere di padre Giuliano Pini dalla Nigeria (qui l’ultima)
Lettera dei missionari reggiani in Amazzonia
Video di Alain Ameni, giovane ciadiano in Rep. Dem del Congo
Video di p. Daniele Zarantonello dalla Colombia
Video di suor Maria Pia dalla Guinea Bissau

Padre Nostro…

Preghiera
Signore, è difficile avere fede. Siamo nel mezzo della tempesta. Pensavamo di essere al sicuro, sulla barca dei nostri programmi, delle nostre agende piene di cose da fare, ma forse vuote di relazioni. Pensavamo di essere sicuri, ma la tempesta ci ha sorpreso, le onde sono alte.
Padre, apri i nostri occhi. Aprili perché sappiamo ritrovare ciò che è essenziale nella nostra vita, che troppe volte si perde tra le incombenze e gli impegni.
Spalancali, perché troppe volte li abbiamo chiusi davanti alle tempeste che tante persone, nel mondo, vivono quotidianamente: sono le onde e il vento della guerra, della fame, dei disastri ambientali. E quanti sono quelli che cadono in mare!
Ma soprattutto apri i nostri occhi con il dono della fede. Sì, Signore, donaci la fede, affinché in questi giorni difficili abbiamo il coraggio di continuare a scommettere sull’amore. Non sempre è facile per noi vedere i segni della tua presenza. Ecco perché abbiamo paura. Ma ti preghiamo, facci dono della fede, perché impariamo piano piano a credere che tu disegni sempre vie d’amore.

 

Canto: Unidos (guarda il video)
Vieni amico e canta insieme a noi
per la pace e per la libertà.
Mai più violenza né guerre per le vie,
il Regno è vicino ormai.

Quel sogno di giustizia cambierà
la paura di questa città
e l’oppressione è finita perché
c’è un Dio che lotta con noi.

Rit.
Unidos unidos podemos caminar.
Unidos unidos podemos triunfar.
Unidos unidos podemos avanzar.
Unidos unidos podemos amar.
La la la la la …

Senza cuore e senza dignità,
senza il pane che sfamerà.
Dio della gente che danzi per le vie
dacci coraggio perché…