Racconto del viaggio estivo a Scampia

Racconto del campo a Scampia (Napoli)

.“Fuori dai poveri non c’è salvezza, senza poveri non possiamo vivere” è la frase che ci ha detto Simone Strozzi (il missionario che ci faceva da guida), durante la condivisione finale della nostra esperienza a Scampia.

Scampia è il quartiere più povero e più ricco di Napoli. È ricco perché qui vivono e si nascondono i boss della camorra, qui si trova quella che negli anni 2000 era la più grande piazza di spaccio d’Europa e qui giocano i bambini del Lotto P (una delle zone più coinvolte nel traffico di droga), sempre eleganti e tutti (o quasi) con il padre o il fratello in carcere per spaccio. Con loro noi abbiamo fatto animazione e sono bambini come tutti gli altri, sì, ma allo stesso tempo no, perché in realtà non hanno la possibilità di essere bambini, devono crescere in fretta per stare in quella quotidianità così pericolosa, dove per andare a scuola devi passare dalla piazza, ogni giorno, andata e ritorno. Quindi anche una partita a calcio può trasformarsi in una dimostrazione di forza, poiché è solo quella che conta.

Allo stesso tempo siamo nella zona più povera di Napoli, dove troviamo nell’arco di qualche chilometro numerosi campi rom, con diversi livelli di miseria. Il più grande, chiamato campo di “Via Carrafiello Nord senza numero civico”, è tristemente conosciuto (non solo in Italia) per le condizioni disumane in cui le persone sono costrette a vivere. Condizioni che io ho trovato simili alle periferie del Madagascar, dove sono stata per un’altra esperienza, e che mi hanno sconvolto proprio perché qui, invece, siamo in Italia. “Case” che sono roulotte o lamiere appoggiate tra loro, l’acqua potabile che non c’è se non da un condotto unico per oltre cinquecento persone, i bagni inesistenti, la spazzatura dappertutto, i corpi dei bambini pieni di vesciche e ferite perché quei rifiuti sono i loro giochi e traumi psicologici di chi ogni anno subisce uno sgombero. E allora portare quei bambini una giornata al mare, dove possono lavarsi, vedere un posto diverso e giocare con dei giochi veri è il modo più giusto di fare missione con loro.

Noi siamo stati a Scampia sette giorni, pieni di incontri e testimonianze intense, pieni di tematiche diverse che in qualche modo però tornano sempre a connettersi e soprattutto pieni di sorrisi, sguardi e insulti (che sono il linguaggio dell’amore dei bambini rom).

La missione di Simone in ogni caso continua sempre, ogni giorno, con l’obiettivo di portare tutti questi bimbi a scuola, dato che è l’unico modo per dare loro un futuro diverso, fatto di scelte libere, consapevoli e soprattutto proprie, poiché ognuno di loro è unico e irripetibile e perché, come ci ha detto uno dei testimoni incontrati, “Dio sa contare solo fino a uno”.

 Cecilia Ruini

 

Ecco alcune foto del viaggio :