Potranno queste ossa rivivere? – Lettera di Pasqua di fr Alberto Degan

Il capitolo 37 del libro di Ezechiele ci presenta una scena da film dell’orrore: una pianura piena di osse umane che luccicano al sole. Ma non si tratta di morti nel senso biologico del termine: “Queste ossa sono tutta la gente di Israele” (37,11). Si tratta di persone biologicamente vive ma che adesso, nell’esilio babilonese, sono state ridotte ad “ossa inaridite” in cui “non c’è spirito”.

E a questo punto Dio rivolge al profeta una domanda inquietante: “Figlio dell’uomo, potranno queste ossa rivivere?” (37,3). E’ la domanda che ognuno di noi oggi custodisce nel profondo del cuore. E’ Dio che ci sussurra queste parole, è lo Spirito che vuole tenere vivi in noi certi interrogativi. A volte noi non ci facciamo più domande, e ci rassegnamo a vivere in questa valle inaridita come se fosse la dimora inevitabile per l’uomo del ventunesimo secolo: ci abituiamo a vivere in un clima di paura, di xenofobia, in cui ogni giorno si sbeffeggia e si criminalizza la bontà.

E’ una terra in cui addirittura ti impediscono di dare un panino ai poveri, e in certe città è vietato per legge chiedere elemosina, chiedere aiuto. Ma neanche nel peggior film del terrore succede questo!!! A volte la realtà supera davvero la fantasia.

Dio ama lo straniero e gli dà pane e vestito. Amate dunque lo straniero” (Dt 10,18). Dio dà il pane allo straniero, ma in Italia oggigiorno dare un panino a un povero, a uno zingaro, diventa quasi un atto di eroismo, perché devi affrontare le grida e le minacce dei violenti.

Recentemente mi ha scritto dall’Italia un amico, sconsolato, perché molti credenti di sua conoscenza appoggiano queste manifestazioni razziste ed esaltano Trump e Salvini come esempi di politici cristiani. Davvero, come dice Jon Sobrino, solo Gesù può salvare il cristianesimo dal pericolo di trasformarsi in una religione pagana, nazionalista e sovranista. Di fatto, quello cui oggi spesso assistiamo è un cristianesimo senza Gesù. Un cristianesimo con Gesù è quello in cui i poveri, gli ultimi, stanno al centro: “Beati i poveri perchè di loro è il Regno di Dio”, dice il Nazzareno. Il Regno di cui parla Gesù è un regno in cui i poveri occupano il primo posto. E dire che i poveri occupano il primo posto significa dire che siamo disposti a difendere e a lottare per i loro diritti. Come dice il salmo 140, “Dio difende il diritto dei poveri”. E ancora: “Il Signore protegge gli stranieri” (salmo 146).

Quanto alla Colombia, la guerra civile di questi anni ha ‘prodotto’ 100.000 desaparecidos e 7 milioni e mezzo di desplazados: la Colombia è uno dei primi paesi al mondo per numero di sfollati interni. Dopo 20 o 30 anni, i familiari dei desaparecidos lottano ancora per ritrovare il corpo dei loro cari, in mezzo all’indifferenza generalizzata.

Di fronte a tutto ciò, risuona più urgente che mai la domanda di Dio: Potranno queste ossa rivivere? Sapranno gli esseri umani ritrovare la sorgente della loro bellezza e della loro dignità?

Ed è qui che avviene una cosa straordinaria. “La nostra speranza è svanita, noi siamo perduti” (37,11), dice il popolo ridotto a brandelli. Ma proprio in questa terra, in cui tanti disperano di poter ricreare un futuro umano, Dio si fa presente con un messaggio di speranza. Viviamo esiliati in Babilonia, la capitale della violenza e della disumanità; ma anche dentro questa città si agita una nostalgia di umanità, una sete di fraternità, ed è a partire da questa sete che Dio fa nascere qualcosa di nuovo: “Io faccio una cosa nuova, proprio ora germoglia, non ve ne accorgete? Aprirò una strada nel deserto, immetterò fiumi nella steppa” (Is 43,19). La resurrezione avviene qui, su questa terra arida da film horror.

E qui risulta fondamentale il ruolo del profeta: mentre tutti disperano, il profeta sogna sogni incredibili: Dio riavvicinerà questa ossa, le coprirà con nervi e pelle, porrà in loro il suo spirito di vita e le farà rialzare in piedi (Ez 37,7-10). E non basta: Dio farà crescerecedri nel deserto(Is41,19). A Babilonia erano stati deportati molti popoli, ma Israele fu l’unico che dentro il deserto dell’esilio seppe piantare cedri. Piantare cedri nel deserto significa continuare a sognare umanità pur vivendo in un società disumana, continuare a coltivare la bellezza e la bontà anche quando sembra che tutt’attorno predomini il demone della malvagità: “La vostra vita in mezzo ai pagani sia bella, affinché… osservando le vostre azioni belle, glorifichino Dio nel giorno della sua visita” (1Pt 2,12).

Dobbiamo mettere in atto azioni belle ispirate da Dio. Ma per sognare e praticare la bellezza devi prima di tutto sentire un forte disagio davanti alla disumanità che regna sovrana. Ricordo che qualche anno fa, in Italia, un amico mi disse. “Ti vedo inquieto, e mi spiace vederti inquieto”. E io gli risposi: “Ma come faccio a non inquietarmi di fronte a questo spettacolo da film horror: la perdita della nostra umanità vissuta come cosa normale e inevitabile? Il problema è che non ci inquietiamo più di fronte a niente. Dovrai invece inquietarti il giorno in cui vedrai che non sentirò più nessuna inquietudine davanti a questi brandelli inariditi!”.

Ed ecco ritorna la domanda che continua a battere alla porta del nostro cuore: Come possono rivivere queste ossa? Come può risorgere in tutta la sua bellezza la nostra umanità?

Con un sogno! Per aiutare il suo popolo inaridito a risorgere il profeta gli presenta una grande visione. L’Impero fa tutto il possibile per spegnere in noi questa capacità di immaginare un mondo completamente diverso. Ma se Israele è riuscito a sopravvivere all’Impero babilonese l’ha fatto grazie alla grandezza dei sogni e delle visioni dei suoi profeti.  Chi immagina umanità, chi sogna fraternità è agente di resurrezione!!!!

”Io profetizzai come Dio mi aveva comandato, e lo spirito entrò in essi e ritornarono in vita e si alzarono in piedi; erano un esercito grande, sterminato” (Ez 37,10). Ezechiele pretende il massimo, sogna il massimo: vuole che tutto il suo popolo ritorni alla vita sognata da Dio, non si accontenta di compensazioni intermedie, non rimpicciolisce i suoi sogni. Ecco dunque l’insegnamento che ci dà: in tempo di crisi, di violenza e di disumanizzazione, non diminuite ma ingrandite i vostri sogni! Dio può agire solo se c’è qualcuno che sogna in grande! Se tutti abbiamo il cuore rimpicciolito e soffocato dalla rassegnazione e dalla paura, Dio non può intervenire e il popolo non può risorgere!

Dobbiamo far risorgere la nostra capacità visionaria. Il profeta è colui che è capace di sognare e preparare un futuro umano anche vivendo in un contesto disumano.  

E se è vero che il sogno è nato in terra di Babilonia, per realizzarlo è però necessario uscire: dobbiamo emigrare dalla terra in cui dare un panino al povero è reato di buonismo, uscire da quella città colombiana, Caucasia, in cui 20.000 persone (un quinto degli abitanti) vivono in un ‘barrio’ di invasione in condizioni disastrose, mentre lì vicino un grande proprietario terriero ha un’azienda di 40.000 ettari in cui vivono serafiche 40.000 mucche, come denuncia il sindaco della città. “Tu, figlio dell’uomo, abiti in mezzo a una genia di ribelli… Tu emigrerai dal luogo dove stai verso un altro luogo (Ez 12,1-3). Dio invita tutti i ‘figli dell’uomo’, cioè tutti coloro che vogliono vivere appieno la loro umanità, ad emigrare dalla terra in cui la solidarietà è criminalizzata, per andare in un altro luogo, in cui la bellezza non sarà perseguitata e compiere azioni belle non sarà considerato un delitto.

Come dicevamo prima, oggi in Colombia ci sono 7 milioni e mezzo di desplazados, cui si aggiungono un milione e mezzo di emigranti venezuelani. Siamo dunque un paese in “cammino”, in cui quasi una persona su quattro è alla ricerca di un “altro luogo” in cui poter vivere una vita piena, serena, umana. Prego Dio perchè trasformi questa situazione di precarietà in una grande opportunità per cercare e creare insieme un mondo più giusto e fraterno.

Che Dio aumenti la nostra fede nei Suoi sogni e nella Sua Parola, nella quale leggiamo che lo Spirito è capace di far risorgere a nuova vita l’umanità oppressa e ridotta a brandelli! Come dice Francesco, “la risurrezione di Gesú non è una cosa del pas­sato; contiene una forza di vita che ha penetrato il mondo. Dove sembra che tutto sia morto, da ogni parte tornano ad apparire i germogli della ri­surrezione. Ogni gior­no nel mondo rinasce la bellezza, che risuscita trasformata attraverso i drammi della storia…”.

La fede nella possibilitá di incidere sugli esseri umani e di elevarli é la roccia sulla quale é costruito l’ebraismo”, diceva Abraham Heschel. E io credo che questo valga anche per il cristianesimo. “Negare questa fede equivarrebbe a rendere innocuo tutto della Torá”. Dunque dobbiamo scegliere: o essere seguaci addormentati di un Vangelo ‘innocuo’, o credere che il Vangelo puó incidere davvero nella nostra vita e nella vita del mondo, perché il “Dio che ama lo straniero e gli dà il pane” (Dt 10,18 ) è capace di “chiamare all’esistenza ció che ancora non esiste” (Rm 4,17).

CHE DIO CI AIUTI A INCONTRARCI DAVVERO CON GESÚ RISORTO!

Fratel Alberto Degan