La versione pdf della lettera è in allegato e scaricabile qui
Ipê Amarelo, Belo Horizonte, Minas Gerais. 22/01/2024
“Le istituzioni sono solo la materializzazione di una struttura sociale o di una modalità di socializzazione che ha il razzismo come una delle sue componenti organiche.” da Racismo Estrutural – O que é racismo estrutural di Silvio Almeida.
In ambito missionario il Brasile è noto per i corsi che la chiesa cattolica, spesso in collaborazione con altre chiese, propone per animare e formare le persone appartenenti alle varie comunità. Uno dei corsi più ambiti e partecipati è il Curso di Verão (Corso d’Estate) organizzato dal CESEEP Centro Ecumênico de Serviços à Evangelização e Educação Popular (Centro Ecumenico di Servizio per l’Evangelizzazione e l’Educazione Popolare) a São Paulo.
Abbiamo deciso che non potevamo perdere questa occasione e che, quindi, almeno uno di noi due doveva partecipare a questo corso mitologico. Per vari motivi tecnici non molto interessanti, la scelta è ricaduta su Matteo, quindi da adesso in poi saranno le sue parole a guidarci.
Ogni anno il Curso di Verão ha un tema specifico che viene analizzato da palestras – conferenze – e discusso in tendas – laboratori – ciascuno con un suo sguardo specifico. Il tema del 2024 era TRABALHO COMO DIREITO: POR VIDA DIGNA E JUSTIÇA SOCIAL (Lavoro come diritto: per una vita dignitosa e giustizia sociale). Invece la tenda che ho scelto di seguire aveva come titolo: Retalhos da Historia do Povo Negro (Ritagli della Storia del Popolo Nero). Il tema del lavoro è particolarmente importante (incredibile, eh!) qui in Brasile dove la popolazione sta invecchiando velocemente, in particolare il tema di un lavoro degno è molto sentito anche perchè “l’ascensore sociale si è rotto” e i giovani, anche qualificati che cercano di entrare nel mondo del lavoro, fanno sempre più fatica.
Ho trovato molto interessante la lettura di un ricercatore dottorando alla Universidade Federal do ABC piuttosto giovane, Bruno Reikdal Lima, che avevo già avuto modo di conoscere a Belo Horizonte. Bruno oltre che ricercatore è un evangelico iscritto al PCB – Pardido Comunista Brasileiro – cosa che trovo piuttosto interessante perchè mette in discussione in mezza riga la mia precomprensione e il mio preconcetto sugli evangelici che dovrebbero essere tutti concentrati sull’etichettare ciò che è peccato e ciò che non lo è, tutti di destra e possibilmente filobolsonaristi con la bava alla bocca per la rabbia. Dall’alto dei suoi non-35 anni ci ha spiegato come esista una pressione sui giovani al fine di educarli e istruirli perché possano sostituire nel mondo del lavoro le persone dell’età dei loro genitori, in modo che l’attuale sistema economico si mantenga inalterato e chi ha posizioni di rendita continui a mantenerle, mentre gli altri che sono più o meno sfruttati continuino a essere sfruttati. Ho semplificato con l’accetta una conferenza di circa 45 minuti che conteneva molti più spunti e sfumature di quelle che vi sto comunicando (solo per i più coraggiosi vi lascio il link al video del suo intervento su YouTube, da lì potete risalire anche agli altri, rigorosamente in lingua brasileira). Continuando a usare l’accetta, uno dei motivi per cui mi ha colpito è che trovo che sia una lettura applicabile, almeno parzialmente, anche in Italia e come anche in Italia mi sembra ci sia poca consapevolezza di questa dinamica.
Ammetto, però, che le cose più interessanti le ho… vorrei dire “capite”, ma mi tocca di usare solo il verbo “sentite”. Dicevo, le cose più interessanti le ho sentite nei laboratori pomeridiani, in cui nel non tanto piccolo gruppo che avevo scelto, abbiamo discusso dei temi proposti al mattino. Dato il titolo del laboratorio, mi aspettavo che avremmo affrontato la questione razziale in Brasile, ma in realtà non ero minimamente consapevole della portata dell’argomento. Mi sono sentito raccontare di un Brasile strutturalmente basato sul razzismo che emana direttamente dallo schiavismo e che per la comunità nera, nei fatti, difficilmente si può dire che sia veramente finito. Una canzone dei Quilombos (prima o poi ci avventureremo a cercare di raccontare cos’è un Quilombo, per ora accontentiamoci di dirci che è una comunità di persone solitamente nere che si riuniscono per discutere e pregare insieme) recita:
O negro mora em palafita
não é culpa dele não, senhor.
A culpa é da abolição
que veio e não libertou.
Il nero abita in una palafitta
non è colpa sua, signore.
La colpa è dell’abolizione
che arrivò ma non liberò.
Un’altra canzone dal titolo A carne – La carne – ha il ritornello che recita: A carne mais barata do mercado è a carne negra – la carne più economica del mercato è quella nera. La versione live di Elza Soares di questa canzone è un assoluto must.
La potete ascoltare e vedere qui
E qui arriviamo al punto della questione: il razzismo in Brasile è strutturale. Le istituzioni sono intrinsecamente razziste. I programmi tv e i giornali sono intrinsecamente razzisti. Il mondo dell’educazione, le università, il mondo del lavoro sono intrinsecamente razzisti. A volte “intrinsecamente” si potrebbe sostituire con “inconsciamente”, ma questo non lo rende meno grave. Gli esempi sono innumerevoli. Nel 2022 il 60% delle persone nere con un lavoro avevano un lavoro informale e solo il 6,3% un incarico dirigenziale (fonte Brasil de Fato). Inoltre le donne nere hanno un salario pari a meno della metà (46,3%) e gli uomini neri poco più della metà (58,8%) rispetto al salario degli uomini non neri (fonte Agencia Brasil). Sempre nel 2022 la polizia ha ucciso 3171 persone in Brasile: di queste 2770 erano nere ovvero l’87,35% e il 74,21% avevano un’età compresa tra i 18 e i 29 anni (fonte CNN Brasil). Passando dalle statistiche all’aneddotica è facile sentire persone nere che raccontare di come in autobus o sul metrô persone bianche gli abbiano intimato in modo aggressivo di alzarsi per lasciargli il posto, o di come, sedendosi di fianco a qualcuno, questi abbia spostato lo zaino pensando che non fosse sufficientemente al sicuro di fianco a una persona nera.
Ci sarebbe, poi, tutto un discorso storico da fare sull’abolizione della schiavitù in Brasile (ultimo paese del continente americano a fare questo passo nel 1850) e di come sia stata gestita in modo da mantenere la posizione di rendita e di potere dei bianchi. E ci sarebbe da affrontare anche la questione di quanto il neoliberalismo contemporaneo sia figlio di un precedente sistema economico basato sullo schiavismo e, quindi, di quanto sia adesso interconnesso al razzismo. Non è questa la sede e non sono certo io ad avere le competenze per poter scrivere di quei temi, ma credo che a questo punto almeno l’espressione razzismo strutturale non abbia bisogno di particolari spiegazioni. Parafrasando ancora le parole di Silvio Almeida, il razzismo è strutturale quando le istituzioni e la società sono permissive e non repressive nei confronti del razzismo.
Di fronte a tutto questo non riesco a non fare un parallelo con l’Italia. Penso alla nostra esperienza insieme a Camara alla situazione della non-gestione della questione migratoria, che ci portiamo avanti da almeno 30 anni, e mi chiedo quanto la nostra Italia, la nostra Europa – culla della democrazia – sia diversa da questo Brasile. Quanto questo pregiudizio, questa paura motivata solo dal colore della pelle sia pervasivo. Forse noi ci siamo liberati dello schiavismo ben prima del Brasile (anche se andatevi a leggere la storia di Santa Bakita e poi ne riparliamo), ma in fin dei conti siamo anche noi figli di quella cultura europea e cattolica (quanto fa male questa consapevolezza!) che ha invaso, conquistato e sfruttato un continente, l’America, grazie al lavoro schiavo di persone africane la cui “carne” è stata e continua ad essere “la più economica sul mercato”.
Non voglio dire che in Italia il razzismo è strutturale, non ho i mezzi e le competenze per poterlo affermare o confutare. Inoltre io non credo di poter capire fino in fondo cos’è il razzismo non avendolo mai vissuto sulla mia pelle. Sono bianco, europeo, benestante e cisgender e nessuno nella mia vita mi ha offeso per il colore della mia pelle, si è spostato dal posto vicino al mio perchè non sopportava la mia presenza o peggio. L’unica cosa che penso di aver capito è che non possiamo non farci prossimi nella lotta che questi fratelli – cittadini brasiliani o richiedenti asilo in Italia poco importa – stanno facendo per veder rispettati i loro diritti di essere umani.
“[è necessario] capire che il razzismo strutturale è concepito come il prodotto di una struttura storico-sociale di produzione e riproduzione della ricchezza. Pertanto, è nella base materiale delle società che bisogna cercare le basi del razzismo strutturale.” Racismo estrutural – uma perspectiva histórico-crítica, Dennis de Oliveira.